Benvenuti su Pillole di Folklore e Scrittura, lo spazio dove le storie prendono vita e dove le parole si intrecciano con l’immaginazione. Oggi vi invitiamo a immergervi in un’intervista con un autore emergente che ha scelto di esplorare i fondali oscuri dell’animo umano e delle profondità oceaniche. Parliamo di Massimo “Max Rain” Colombo, scrittore e creatore del romanzo Sub Aqua, un eco-thriller che cattura l’essenza della tensione e della lotta per la sopravvivenza, mescolando la potenza della natura con la fragilità dell’essere umano. Preparatevi a un viaggio avvincente, ricco di suspense e riflessioni profonde.
Max, Sub Aqua è il tuo primo romanzo. Com’è nata l’idea di scrivere un thriller ambientato nell’oceano e con un protagonista così particolare, il grande squalo bianco?
Per natura, sono sempre stato affascinato dalle creature misteriose: il grande squalo bianco rappresenta per me ancora oggi il simbolo eccelso della potenza, della freddezza, della sovranità assoluta dell’elemento mare. È un animale tecnicamente perfetto, oscuro, e nel libro ho desiderato che il lettore comprendesse tutto ciò in modo esplicito. Delle quasi cinquecento specie di squali esistenti, quella del “grande bianco” costituisce per me la più affascinante e capace di inquietare nel profondo. Inoltre, il film e il romanzo “Lo Squalo” hanno svolto sicuramente un ruolo fondamentale nella mia fantasia, tanto da spingermi a scrivere la mia versione completamente trasversale di quella storia. L’ambientazione, i personaggi e la trama di “Sub Aqua” riflettono una cupezza e un grado di coinvolgimento emotivo che richiama le atmosfere di quei due capolavori, senza tuttavia esserne speculare. L’interprete di “Sub Aqua” è un enorme squalo bianco nato con una malformazione genetica, ma la trama si estende anche a migrazioni di massa, cataclismi climatici e drammatiche vicende umane, intrecciando avventura, thrilling, orrore e scienza. Fin dall’inizio della storia, ho scritto con l’obiettivo di far entrare mentalmente e fisicamente il lettore in ogni protagonista della trama, animale o umano che fosse. Sembra che ci sia riuscito. L’oceano è lo scenario perfetto per generare incubi indelebili.
Il tuo romanzo esplora temi molto attuali come la crisi climatica e l’impatto umano sull’ambiente. Quanto di questo aspetto riflette le tue preoccupazioni personali?
Direi che l’aspetto ambientale è molto presente in “Sub Aqua”, ma, a dire il vero, me ne sono accorto soltanto quando qualcuno l’ha fatto notare. Ho scritto il libro basandomi essenzialmente sul desiderio di generare alta tensione: non l’effimera e superficiale inquietudine che si scioglie come neve al sole, bensì paura, perpetua, intensa, viscerale, un sentimento vibrante che si fissa nell’inconscio. Il mio scopo è stato quello di non far mai più guardare il mare con gli stessi occhi. Di certo, l’influenza umana sul clima e sugli sconvolgimenti climatici è evidente e molto preoccupante, al giorno d’oggi: se il mio romanzo costituisce anche motivo di riflessione su questo tema, non posso che esserne lieto.
Nel libro, l’oceano non è solo uno sfondo, ma un vero e proprio protagonista. Qual è il significato simbolico dell’oceano nella tua storia?
L’oceano, come lo Spazio, simboleggia un aspetto della Natura fuori dal controllo umano, e proprio per questo motivo, attrae, terrorizza, fa emergere paure ataviche, minacciose. Diciamoci la verità: qual è la prima sensazione che proveremmo se ci trovassimo a nuotare soli nelle acque alte del mare? Non sarebbe soltanto quella annegare, ma di essere attaccati e divorati da qualcosa di orribile che si nasconde sotto la superficie. E, al cento per cento, quella creatura sarebbe uno squalo. Ecco la centralità di “Sub Aqua”. Tutto questo è insito nel nostro DNA: impossibile ignorarlo, per quanto ci si senta forti e coraggiosi.
Hai scelto di dare una voce anche al predatore, lo squalo. Cosa ti ha spinto a usare questa prospettiva inedita e quale effetto speravi di ottenere nel lettore?
È una domanda alla quale rispondo sempre molto volentieri. Fin’ora nessuno aveva mai scritto un romanzo su un super predatore puntando in modo specifico sulla sua sfera psicologica, ma nemmeno su quella delle vittime durante l’attacco. Ciascun protagonista del racconto, animale e umano, si proietta in prima persona nell’immaginazione del lettore, tanto da fargli vivere le scene raccontate come se fosse egli stesso il protagonista diretto degli eventi. Le descrizioni dei paesaggi, delle ambientazioni e delle atmosfere, sono curate nei minimi dettagli, proprio per renderle estremamente evocative, intriganti, immersive. Sono particolari che ho curato in modo maniacale. I lettori confermano che questa prospettiva è il grande punto di forza del romanzo, e ciò costituisce per me motivo di soddisfazione. Un romanzo, di qualsiasi genere, non può essere definito tale se non “entra” nella mente e nell’anima di chi lo legge e ci rimane per sempre.
Sub Aqua non è solo un thriller, ma un racconto che sfida la nostra visione della natura. Quali messaggi speri che il lettore porti con sé dopo aver letto il libro?
L’imprevedibilità della natura ci rende vulnerabili e inermi davanti alla suo potenziale distruttivo. Ce ne rendiamo conto soltanto quando, travolti dagli eventi, ci troviamo a fronteggiarne l’ira. Nella nostra immaginazione, piogge e venti devastanti restano soltanto fotogrammi astratti visti alla tv, come l’idea di essere divorati da terrificanti mascelle rimane un concetto remoto da scacciare il prima possibile dalla mente, esorcizzandolo con l’impossibilità che ciò possa accadere davvero. Sub Aqua sovverte questi schemi, premendo forte sul realismo delle scene. L’impatto emotivo è assicurato, totalizzante.
La scrittura di Sub Aqua è molto dettagliata e viscerale. Come hai sviluppato il tuo stile e quale autore o esperienza ti ha ispirato maggiormente?
Devo molto ai capolavori “Lo Squalo” di Peter Benchley e “Lo Squalo 2” di Hank Searls, due romanzi che hanno influenzato la mia fantasia e il desiderio di creare un racconto che terrorizzasse ancora di più, distaccandosi dai classici canoni “predatore-preda”. Non solo. Il mio stile narrativo trae ispirazione anche da un romanzo che, personalmente, reputo il migliore nel panorama horror di tutti i tempi: “Le Notti di Salem” di King. Mai un romanzo mi ha suggestionato più di questo.
Guardando al futuro, c’è un nuovo progetto in arrivo? Cosa possiamo aspettarci dal tuo prossimo lavoro?
Sto lavorando sul prossimo romanzo intitolato “Nictophobia”. Una storia di vampiri terrificante e potente, incentrata sui concetti “fede-ateismo-resilienza”. Non una delle consuete trame, blande, romantiche e annacquate, ma una storia ad altissimo impatto emotivo. In questo frangente, il mio fine ultimo è quello di far sobbalzare il lettore a ogni scricchiolio e fargli guardare le finestre di casa con timore. Le prime cento pagine realizzate promettono bene…
Siamo giunti alla fine di questa affascinante chiacchierata con Max Rain, un autore che non ha paura di affrontare le profondità più oscure del nostro mondo e della nostra psiche. Se Sub Aqua vi ha incuriosito e volete vivere un’avventura che va oltre la superficie, non vi resta che tuffarvi nel romanzo. Un’opera che stimola la riflessione, l’emozione e, soprattutto, il desiderio di cambiare.
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