Visioni di spazio e innovazione ft. Arch. Dario Notarangelo

L’architettura è molto più di una semplice disciplina tecnica: è un linguaggio che racconta storie, valori e visioni del mondo. L’Architetto Dario Notarangelo, fondatore di Archithings Studio, incarna questa filosofia con un approccio progettuale che fonde estetica, funzionalità e sostenibilità.

In questa intervista, esploriamo il suo percorso professionale, le sue ispirazioni e la sua visione per il futuro dell’architettura, scoprendo come ogni progetto possa diventare un ponte tra tradizione e innovazione.

Qual è stato il momento che ha segnato l’inizio della sua passione per l’architettura?

La mia passione per l’architettura nasce dai tempi dell’università. Questa passione si è poi trasformata nel mio lavoro. Devo dire di aver avuto la fortuna di approcciarmi all’arte e poi all’architettura già da molto tempo.

Avevo un grande interesse per il disegno dai tempi di scuola.

Da quando si fanno i primi disegni, per esempio quello della propria casa, di cui ricordo fui l’unico della classe a rappresentare l’intera facciata del palazzo dove abitavo e indicare con una freccetta quale era l’appartamento dove vivevo, a differenza di tutti gli altri bambini che disegnavano la classica casetta col tetto spiovente, il comignolo, il prato in basso e il cielo azzurro in alto con al centro il foglio bianco, a quando vengono insegnate le basi delle proporzioni, delle proiezioni ortogonali, l’assonometria, la prospettiva… e si inizia a studiare artistica e disegno tecnico.

Ricordo che quando fu il momento dei test attitudinali per le scuole superiori, a me uscì l’artistico, nessun’altra scuola… ciò come a voler confermare la mia attitudine per quelle specifiche discipline e l’idea di proseguire in quella direzione… o sicuramente a sottolineare la mia scarsità in tutte le altre materie (risata).  

Alle superiori mi iscrissi all’istituto d’arte, alla sezione di Disegno dell’architettura e arredamento. Da lì iniziai a mostrare ancor più interesse per le materie che venivano insegnate, come il disegno professionale, la geometria descrittiva, falegnameria, scultura, disegno dal vero, storia dell’arte e dell’architettura… ed ebbi la possibilità di affinare ciò a cui mi ero approcciato in precedenza.

Poi entrai all’Università La Sapienza di Roma, alla Facoltà di Architettura. In quegli anni vidi il mio interesse per queste discipline, ed in particolare per l’architettura e le materie ad essa correlate, diventare una passione. Durante quel periodo ebbi la fortuna di studiare l’architettura sotto molti punti di vista.

L’approccio progettuale che veniva insegnato all’università, nella maggior parte dei casi, partiva dallo studio di un contesto già formato, come la parte di una città, di un quartiere, di un isolato. Sia nel caso di nuova costruzione che di ampliamento di un edificio già esistente, si doveva progettare un’architettura contemporanea che fosse in grado di inserirsi in modo semplice, mantenendo canoni stilistici moderni, in un contesto urbano già consolidato, di integrarsi e dialogare percettivamente con esso, senza insistere in modo violento o addirittura pacchiano. Ciò tenendo in considerazione soprattutto le preesistenze, come i palazzi storici, le piazze o gli eventuali reperti archeologici.

Da lì, una volta trovato il concept progettuale, si passava alla composizione formale dell’edificio, alla definizione delle funzioni, alla divisione degli spazi interni, al colore, all’arredamento, attraverso una serie di dinamiche che generavano in me curiosità, creatività ed attenzione ai dettagli e dandomi così l’opportunità di approcciarmi in modo completo all’architettura.

Con passione e sacrificio riuscii a laurearmi e a diventare un architetto.

Quando poi iniziai a lavorare, ebbi la fortuna di occuparmi non solo di ristrutturazioni, ma anche di nuove costruzioni, mettendo in pratica tutto ciò a cui mi ero dedicato durante il percorso di studio. Ma, a differenza di come succede in ambito accademico, in cui spesso capita di tenere prettamente conto della sola bellezza di un progetto e non in modo particolare della normativa, c’è l’esigenza di dover fare più attenzione al rispetto delle prescrizioni in materia urbanistica. In quanto fare architettura significa non solo ricercare la bellezza nelle forme, nella composizione, nei colori, nella percezione degli spazi e della luce ecc. ma progettare e costruire facendo anche molta attenzione a quanto viene concesso dagli strumenti urbanistici vigenti e dalle prescrizioni normative generali, specialmente in caso di preesistenze. Ossia saper mettere insieme i diversi fattori per fare un’opera d’arte con quanto viene effettivamente permesso.

Da lì in poi l’idea di fondare Archithings Studio, per occuparmi, insieme al mio team, dell’architettura a 360 gradi, dalla creazione di un oggetto di design alla progettazione delle componenti di arredo, al restyling di una stanza, alla ristrutturazione di un appartamento… alla costruzione di una nuova casa.

Quali sono i principi fondamentali che guidano il suo approccio progettuale?

Uno dei principi fondamentali secondo me è quello di percepire e far percepire l’architettura.

Perché si possono disegnare, progettare, comporre delle forme, degli oggetti, si possono unire tra di loro, si possono assegnare delle funzioni e dei materiali, unendo il tutto.

Ma poi ci deve essere anche l’emozione.

Per esempio mi può capitare di vedere una casa. Una tipica casa, di quelle che si possono vedere in giro come una villetta col portico davanti, rivestita di mattoncini e col tetto spiovente coperto di tegole e coppi. E’ una casa, che assolve alla sua funzione, ossia quella di proteggere chi ci sta dentro.

Ma quando inizia a passare un po’ di tempo da quando l’ho vista, è probabile che non me la ricordi più.

Se invece vedo una casa che ha forma, funzioni, colori, caratteristiche varie, uno stile moderno che si inserisce bene in un contesto già formato, che diventa parte integrante di un panorama, se anche passa molto tempo da quando l’ho vista l’ultima volta e nonostante ciò me la ricordo, quella casa è entrata dentro di me, è stata percepita da me.

Ha fatto nascere in me un’emozione e mi ha spinto a contemplarla e quindi a ricordarmene. E chi ha progettato quella casa ha fatto anche l’architettura.

La ricerca delle sensazioni tramite la composizione di forme, colori, materiali, luci, consente di progettare spazi e di trasmettere un’emozione a chi li vive. Questo concetto si può estendere alla città, all’isolato, al palazzo, all’appartamento, alla stanza, all’oggetto.

Con il mio stile cerco l’unione tra materiali naturali e tradizionali come il legno e forme pure come cubi e parallelepipedi, anche ripetute più volte e aggregate in diverse composizioni che riconducono sempre alla semplicità, nonché l’uso di colori come il verde chiaro e il giallo, colori basici come il nero, il grigio, il bianco e tinte neutre per creare spazi contemporanei ma dal tocco sempre caldo e accogliente.

Un altro principio per me di grande importanza è il disegno a mano libera.

Amo disegnare a mano libera. Credo che il disegno a mano libera sia il primo approccio, tanto utile quanto bello per conoscere e interpretare un’opera, che consente di riportare immediatamente su carta le sensazioni che si percepiscono e per inventare delle forme, degli spazi… per trasmettere velocemente un’idea, che poi viene sviluppata con gli strumenti di grafica digitale per realizzare moodboard, renders, planimetrie arredate, animazioni. Considerando nel processo progettuale le esigenze del cliente, la sua personalità e le sue aspirazioni.

Il tutto tenendo sempre presente la situazione urbanistica e catastale dell’immobile oggetto di intervento, l’eventuale presenza di difformità, di vincoli storici o ambientali, l’orientamento, ossia tutte quelle dinamiche che consentono di capire se l’intervento richiesto si può realizzare e in che modalità, proponendo al cliente la soluzione migliore.

C’è un progetto che considera particolarmente significativo nella sua carriera? Perché?

Un progetto che considero particolarmente significativo è il Residence Victoria.

Si tratta di un progetto di nuova costruzione di tre ville unifamiliari, in fase di realizzazione, in località Pian del Marmo, zona Boccea – Primavalle a Roma.

Le tre ville, chiamate Beatrice, Francesca e Victoria (su richiesta della committenza, da cui tutto il Residence prende il nome) sono formate da tre livelli organizzati in un piano seminterrato, un piano rialzato ed un primo piano.

E’ stato considerato dapprima lo stato di fatto del terreno, la presenza di eventuali vincoli archeologici o ambientali, la normativa e le modalità di attuazione concesse per gli interventi richiesti.

Lo studio di fattibilità e il progetto di massima hanno premesso l’acquisto del terreno da parte della committenza e gli scavi per verificare l’eventuale presenza di reperti archeologici, per passare alla successiva progettazione definitiva e all’ inizio dei lavori.

Le sfide iniziali, a cui io e i miei colleghi, l’Architetto Giuseppe Imparato e l’Architetto Eleonora Lunghi, che saluto con affetto e ringrazio, abbiamo dovuto far fronte hanno riguardato il rispetto dei distacchi dai confini del lotto, dalla strada e tra le superfici finestrate e chiuse degli stessi corpi di fabbrica e tra le nuove ville e gli edifici vicini, nonché il rispetto della cubatura. Da questo abbiamo localizzato le posizioni delle ville all’interno del lotto.

Siamo poi passati a studiare la forma delle ville, a definirne i volumi e le caratteristiche stilistiche, immaginando un’architettura contemporanea che fosse in grado di inserirsi in un contesto urbano tutt’oggi prettamente rurale e di dialogare con esso, esaltandone le potenzialità di crescita urbana e sviluppo sostenibile.

Abbiamo poi dovuto considerare il comportamento strutturale dei nuovi immobili, progettando anche la composizione di murature e solai, con particolare attenzione alle soluzioni più adatte riguardo l’efficientamento energetico, come l’isolamento termico, gli impianti e i pannelli solari.

Siamo poi passati a studiare la distribuzione interna degli ambienti, come gli open spaces dei living, le sale da pranzo con gli angoli cottura e le serre solari, che garantiscono luminosità e vitalità agli ambienti dei piani rialzati. Le camere da letto, i bagni e gli ampi terrazzi ai primi piani e i grandi spazi seminterrati dotati di accesso indipendente. Da questo alla definizione delle componenti di arredo e di design, come i camini e i corpi scala modulari.

Non sono mancate le sfide per alcune varianti in corso d’opera, per le quali ringrazio anche le straordinarie competenze dei ragazzi della ditta esecutrice.

Questo è per me uno dei progetti più significativi, in quanto ha permesso a me ed ai miei colleghi di considerare la progettazione partendo dallo studio di un lotto vuoto, passando alla definizione volumetrica, alla composizione stilistica, alla distribuzione delle funzioni e degli ambienti interni, al progetto degli impianti e delle componenti di arredo, vivendo l’architettura a 360 gradi.   

Come vede l’evoluzione dell’architettura sostenibile nel contesto attuale?

La sostenibilità ricopre ad oggi un’importanza fondamentale nell’ambito dell’architettura e delle costruzioni, dalla produzione dei materiali alle metodologie di posa in opera degli stessi, fino a tutta la gestione del processo edilizio, dalla costruzione alla eventuale demolizione e smaltimento/riciclo.

E’ importante prestare attenzione alle moderne tecniche costruttive, preferendo l’utilizzo di materiali da costruzione prefabbricati da assemblare direttamente in cantiere, al fine di limitare l’inquinamento e ridurre i tempi di costruzione. Per quanto riguarda la produzione e l’assemblaggio di materiali costruttivi sono da preferire quelli di origine naturale, come ad esempio l’X-lam, che presenta caratteristiche antisismiche, termoisolanti e ignifughe, o il calcestruzzo aerato autoclavato.

L’argomento della sostenibilità rimanda anche all’importantissimo tema dell’efficienza energetica degli edifici. Una volta progettata la struttura, bisogna pensare a come la casa risponderà al contenimento dei consumi energetici e quindi all’inquinamento atmosferico ed al raggiungimento di buoni livelli di comfort termoigrometrico interno. Sarà quindi necessario prevedere la progettazione di un adeguato isolamento termico mediante l’utilizzo di materiali, preferibilmente di origine naturale e riciclabili, come il sughero, la canapa, la lana di roccia, la lolla di riso (utilizzata anche insieme alla terra cruda – vedasi Prototipo Tecla a Massa Lombarda, Studio Cucinella), da integrare ai moderni sistemi di riscaldamento/raffrescamento degli ambienti, come ad esempio l’utilizzo della pompa di calore. Sino ad arrivare ai materiali di rivestimento, come ad esempio i pavimenti in polvere di pietra, molto versatili e riciclabili, ultimamente molto utilizzati nelle ristrutturazioni, nonché la terra cruda in pannelli, utilizzata come isolamento termo acustico in ambienti interni.

Ruolo molto importante da considerare è anche quello legato all’orientamento dell’edificio, per progettare tenendo presente il soleggiamento e quindi favorendo l’illuminazione naturale degli ambienti, tenendo presenti anche opportuni sistemi di ombreggiamento da integrare, in caso di spazi esterni, con alberature caducifoglie ed essenze arboree idonee, che contribuiscono inoltre alla produzione di ossigeno ed all’abbattimento dei livelli di CO2 (vedasi Bosco Verticale, Milano, Boeri Studio), nonché la ventilazione naturale, eventualmente da integrare con quella meccanica controllata.

Naturalmente i sistemi descritti difficilmente si potranno applicare al centro storico, dove vigono importanti vincoli archeologici e stilistici, ma potrebbero essere concretizzati nelle periferie per affrontare il tema, ad oggi molto importante, della rigenerazione urbana.

In ultimo, la sostenibilità riguarda anche il non meno importante tema dei costi/benefici. Un intervento su un edificio esistente o di nuova costruzione è un investimento che può costare tanto o poco. Bisogna sempre considerare il fatto che un intervento può avere un certo costo iniziale, ma poi nel tempo l’investimento può consentire di recuperare le spese sostenute risparmiando in bolletta e facendo guadagnare in termini di maggiore comfort e salute. Naturalmente ciò è da valutare in base al tipo di intervento ed alle esigenze richieste.

Tutte queste sono dinamiche da tenere in considerazione quando si parla del grande ed importante argomento della sostenibilità in architettura.

Qual è l’importanza del dialogo tra tradizione e innovazione nei suoi progetti?

Nei miei progetti considero fondamentale l’uso di materiali tradizionali come il legno, la ceramica, il laterizio, la pietra, con attenzione alle moderne varianti dal carattere innovativo e dalle prestazioni tecniche migliori.

Nei progetti di nuova costruzione, come materiali ho utilizzato i laterizi porizzati, dalle caratteristiche termiche migliori rispetto al classico blocco forato, oltre ad essere più leggeri, nonché i blocchi in calcestruzzo aerato autoclavato, che presentano, oltre alle elevate caratteristiche termoisolanti, anche capacità portanti e sono di facile posa in opera.

Per quanto riguarda i progetti di ristrutturazione, come materiali utilizzo molto il legno, materiale versatile e che dona calore ed eleganza agli ambienti interni. Oltre che per mobili e componenti di arredo varie lo propongo anche come rivestimento in forma di parquet tradizionale, spaziando tra essenze, texture, colori e tipi di posa in opera diversi.

Utilizzo anche la ceramica, dall’intramontabile bellezza, sia in forma classica che in varianti come il gres porcellanato effetto marmo o legno da utilizzare eventualmente al posto del classico parquet, per trovare eventualmente soluzioni più economiche senza rinunciare alla qualità ed all’estetica.

Nonché i pavimenti in polvere di pietra, materiale dalla facile posa in opera che si presta bene per le ristrutturazioni veloci e che consente di avere delle texture effetto legno o cemento e presenta elevata resistenza meccanica, oltre ad essere anche un buon isolante acustico e un materiale resistente all’acqua, con la possibilità quindi di essere utilizzato anche in ambienti umidi.

Il tutto da comporre insieme a componenti di arredo, anche fatte su misura, dalle forme pure in modo da progettare spazi moderni ed accoglienti.

Quali consigli darebbe a un giovane che sogna di intraprendere la carriera di architetto?

Non lo fare!! Scherzo (risata). Bisogna pensare che il lavoro dell’architetto è uno dei più difficili, perché bisogna far fronte sia alla parte progettuale che a quella amministrativa/burocratica. Quindi, quando si fa un progetto, bisogna stare molto attenti a capire cosa si può fare e cosa non si può fare e in quali modalità, considerando la presenza di eventuali vincoli storici o ambientali oppure eventuali difformità, sull’immobile o sulla zona dove si interviene.

Quindi bisogna essere consapevoli che ci saranno molte sfide da affrontare e si dovranno trovare delle soluzioni in grado di combinare la ricerca del bello con quello che viene effettivamente concesso in base al contesto in cui si è chiamati ad intervenire, attraverso la buona progettazione, con particolare riguardo alla sostenibilità ed alla preservazione del nostro patrimonio architettonico, artistico, stilistico e culturale.

Sarà fondamentale essere aggiornati sulle nuove tendenze e sulle nuove tecnologie, anche per quanto riguarda le diverse metodologie di lavoro (ad esempio il Bim, la realtà virtuale, l’intelligenza artificiale) per essere più competitivi e precisi.

Tutto ciò senza mai perdere la tua autenticità, il tuo modo di esprimere un pensiero, di concepire idee e bellezza nei tuoi progetti e di saperli comunicare agli altri, creando un tuo stile progettuale con cui clienti e colleghi possano confrontarsi ed ispirarsi.

Trovare nei tuoi progetti, e non farti mai più mancare, una libertà espressiva unica e rendere questo mestiere, nella sua complessità, un’avventura con quante più possibili soddisfazioni.

Come immagina l’architettura del futuro e quali sfide pensa che il settore dovrà affrontare?

L’architettura del futuro sarà collegata sempre più strettamente alla tecnologia.

Con la pandemia del 2020 abbiamo assistito all’incremento del lavoro in modalità smartworking. In quel caso il lavoro in smartwoking veniva svolto per necessità, ma con il passare del tempo il fenomeno ha saputo far consolidare diverse metodologie di lavoro, per certi versi più veloci e competitive, tanto da continuare ad essere svolto, almeno per alcune categorie di lavoro, anche nei tempi post pandemia.

Da questo fenomeno abbiamo assistito ad una trasformazione dello spazio domestico, non più solo inteso come ambiente di vita privata, ma anche come ambiente di lavoro. Da lì la necessità di riservare degli spazi funzionali dove poter svolgere il lavoro da casa, anche con la possibilità di isolarsi progettando eventuali sistemi di chiusura ad esempio con pareti di pannelli scorrevoli, creando a volte veri e propri spazi polifunzionali, in modo da avere zona giorno-smartworking-zona notte nello stesso ambiente.

Soluzioni studiate ad hoc, soprattutto per monolocali e piccole abitazioni, con la necessità di utilizzare elementi di arredo salva spazio, progettando ambienti in modo da combinare funzionalità e comfort. In questo contesto, anche la tecnologia ha consolidato la sua importanza, talvolta anche prendendo il sopravvento, con la possibilità di migliorare la qualità del lavoro e le connessioni tra persone anche se distanti tra loro.

Immagino un mondo in cui si assisterà alla trasformazione del concetto di abitazione in un ambiente più smart, in grado di ospitare più funzioni, non più solo quelle legate strettamente alla vita privata. La ricerca di maggiore funzionalità porterà ad una migliore ottimizzazione degli spazi.

Con la crescita demografica ci sarà la necessità di espandersi cercando di occupare minor quantità di suolo possibile, perciò gli edifici del futuro saranno maggiormente costituiti da grattacieli, in grado di ospitare più immobili al loro interno, in elevazione. La tecnologia necessaria allo svolgimento di attività vitali e funzioni generali implicherà l’utilizzo di dispositivi sempre più avanzati che avranno bisogno di maggior quantità di energia elettrica, termica, ecc. per funzionare, perciò ci saranno problematiche legate alla maggiore produzione di inquinamento atmosferico ed al surriscaldamento globale, come in buona parte avviene anche ad oggi. Per migliorare la qualità della vita e ridurre l’inquinamento, sarà necessario utilizzare sistemi di produzione energetica da fonti rinnovabili (es. fotovoltaica, geotermica, ecc.) ma questi, per eguagliare o addirittura superare la quantità di energia prodotta dai vecchi sistemi avranno bisogno di più spazio per l’installazione dei relativi dispositivi. Gli stessi edifici dovranno integrare sempre di più detti sistemi nella propria composizione architettonica.

Questi cambiamenti troveranno maggiore applicazione nelle periferie e nelle zone di espansione, in quanto sarà molto difficile applicarle al contesto urbano dei centri storici. I nuovi edifici dovranno essere costruiti con materiali all’avanguardia e i moderni sistemi di efficientamento energetico dovranno essere applicati il più possibile anche agli immobili esistenti.

Con l’avvento dell’automotive cambierà la viabilità e la conformazione delle strade e molti tipi di trasporto e consegne di materiale vario saranno svolte da droni e macchine volanti, attraverso un’evoluzione dei prototipi di oggi.

Con il progredire dell’intelligenza artificiale si dovrà disporre di un’elevata quantità di energia elettrica e con l’evoluzione della robotica sarà sempre di più la quantità di mansioni che delegheremo alle macchine intelligenti, anche se penso che per quanto possano diventare avanzate non potranno sostituire la mente, la creatività e le sensazioni umane in modo completo, anzi andranno ad integrare le nostre vite ed il nostro lavoro. Specialmente nel caso degli architetti, se sono così intelligenti si guarderanno bene dal presentare le pratiche al Comune al loro posto (risata). Bisognerà stare naturalmente attenti a fare opportuni controlli in merito e a non affrontare la questione con superficialità.

I cambiamenti della modernità dovranno essere accompagnati da un approccio sostenibile.

Alla maggiore produzione di CO2 ed altri inquinanti dovrà corrispondere un maggiore utilizzo di sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili e la costruzione di edifici ad alta efficienza energetica. Alla maggior occupazione di suolo dovrà corrispondere l’attenta pianificazione di aree verdi per favorire l’incontro, la socializzazione e lo svolgimento di attività più sane all’aria aperta, prevedendo la piantumazione di specie arboree idonee o più resistenti. Alla progettazione di ambienti interi efficienti e funzionali dovrà corrispondere la ricerca dell’estetica e del comfort.

Ogni nuovo intervento porterà con sé delle potenzialità o delle criticità. Bisognerà fare attenzione a mitigarne il più possibile gli eventuali effetti negativi preservando con sapienza e buonsenso la nostra vita e quella del nostro pianeta.

Ringraziamo l’Architetto Dario Notarangelo per aver condiviso con noi la sua visione e le sue esperienze. Le sue parole ci ricordano quanto l’architettura non sia solo progettazione di spazi, ma un dialogo continuo con la società, l’ambiente e le esigenze del nostro tempo. Un percorso che unisce creatività e responsabilità, con lo sguardo sempre rivolto al futuro.

Raccomando di seguirlo alle seguenti pagine per pubblicazioni e progetti:

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Autore: Gabriele Glinni

Esperto di informatica, amante della scrittura creativa. Autore di Ascend-ent e Descend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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