Casi extra di Wolf Lonnie Ace Attorney: Conflitto furibondo e Il vero epilogo

Conflitto furibondo

Quando penso a Conflitto Furibondo, il secondo dei tre casi extra di questa lunga saga, la parola che mi viene in mente non è “giustizia”, ma “inevitabilità”.

Questa storia, ambientata nel passato rispetto alle vicende principali di Wolf, mette in scena Diego Armando e Mia Fey, un duo affiatato, ma ancora acerbo.
Apro parentesi: scelsi Diego in quanto avevo già inserito il cameo di Godot, e a livello di timeline e tizio interessante cadeva perfettamente, ma non avevo ancora giocato Trials and Tribulations (non era uscita la traduzione ita), quindi mi basai, sia per Godot che Diego, su quanto avevo letto sul sito Court Records (e pare mi vennero entrambi bene).

Diego è già il solito caffè fumante e sarcasmo pungente, Mia è l’astro nascente che si sta formando, ma che non ha ancora dovuto affrontare il peso del “nome Fey” fino in fondo. A condurre l’accusa, il ruvido Neil Marshall, un uomo che ha ben chiaro il confine tra legge e caos — anche se non sempre riesce a stare dalla parte del primo.

Nel mezzo? Un massacro in un ritrovo criminale, un’arma rubata, un cast di criminali disfunzionali e un ragazzino di nome Wolf Lonnie che, a otto anni, già mette a disagio in tribunale più degli imputati stessi, insieme ad Ayane che ha sei anni.

Ma non è per Diego o Mia che questo caso rimane impresso. Lo è per due nomi: Knight Darketh… e suo figlio, Reginald.

Knight è il villain perfetto. Carisma, cultura, ricchezza, armature medievali e un ego abbastanza grosso da coprire l’intero sistema giudiziario. È calcolatore, manipolatore, gelido. È l’uomo che può uccidere per “riprendersi una spada di famiglia” senza fare una piega (quella che userà Reginald nel caso 5!!!). Ma non è solo questo.

Knight è anche il padre che ha deciso che suo figlio doveva soffrire.

La rivelazione arriva alla fine, come una lama affilata. La moglie di Knight — Bernadette — è morta dando alla luce Reginald. Per Knight, questo è un crimine non perdonabile. E allora decide: non farà altro che condurre il figlio su una strada di vendetta, solitudine, odio. Non lo fa con disprezzo evidente, non gli urla contro, non lo abbandona. Peggio: lo istruisce, lo forma, lo arma, lo plasma. Con l’unico scopo di farlo diventare l’Emissario dell’Oscurità.

La scena che chiude Conflitto Furibondo è devastante: Diego e Mia riescono ad incastrare Knight che viene arrestato, condannato, e urla in aula che “il Signore delle Tenebre vi ucciderà tutti”. Quel Signore è Reginald.

E allora ci si chiede: è davvero malvagio, Reginald? O è solo l’effetto di un trauma, di un odio ricevuto ancora prima di avere voce per gridare?

Lo vediamo da ragazzo, a scuola, isolato, già persuaso della sua natura diversa. Lo vediamo fallire gli insegnamenti del nonno Black — e poi, ucciderlo. Lo vediamo incastrare il cugino Blade, e iniziare così una discesa consapevole nella tenebra. Con freddo calcolo, sì. Ma anche con un senso lancinante di vuoto, con quel tarlo in testa che ripete: “Non puoi più tornare indietro.”

E lo vediamo ancora, più avanti, nel quinto caso opporsi con veemenza in aula a Wolf Lonnie, negare l’evidenza, gridare di essere un dio, mentre dentro… dentro crolla. Perché capisce che ha sbagliato tutto. Che la via dell’oscurità non lo ha reso libero, né potente, né felice.

Ma ormai è troppo tardi.

E, come Diego stesso dice alla fine… “Questa storia non è ancora finita.”

E infatti non lo è.

Nella sezione successiva, con Il Vero Epilogo, vedremo Gabrielle, la figlia di Wolf, affrontare le conseguenze di tutto ciò che è accaduto prima — e il destino di Reginald stesso.

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Il vero epilogo

Okay. Respiro profondo. È complicato condensare la carica emotiva, morale e narrativa de Il vero epilogo in un semplice paragrafo. Anche perché, fin dall’inizio, sai che qualcosa di grosso, grosso davvero, sta per succedere.

La protagonista di questo caso è Gabrielle, la figlia di Mila e Wolf tutto pepe, avvocato quindicenne (Franziska è diventata pm a 13 quindi non voletemene).
Il caso è ambientato in un futuro parecchio distante (17 anni dopo Wolf Lonnie: Ace Attorney), il che mi mise sia in crisi (niente Gumshoe o altri volti familiari), sia mi fece immaginare la possibilità di creare un filone completamente nuovo grazie alla mia quasi omonima… ma così non fu (ci arriveremo).

Il caso è il seguente: Thomas Lonnie è stato ucciso da un colpo di pistola all’interno della sua cella e il sospettato è il suo compagno di cella. Anticipo che avevo già ampliamente pensato a tutto il caso prima ancora di scriverlo, e infatti sono contento dell’esecuzione.

Il processo comincia tranquillo, ma ben presto la situazione si fa tesa e pesante perché un indizio porta al fuggitivo Reginald Darketh, che è già stato fermato dalla polizia.

Durante l’interrogatorio, i sospetti si proiettano rapidamente su di lui. Lui chiede clemenza. Ma viene respinto. Umiliato. E, nel momento di disperazione, punta una pistola contro Gabrielle, non per ucciderla, ma per salvarsi. Perché anche lui ha un figlio, adottivo, che si chiama Axel… nome che Gabrielle sembra conoscere. E Wolf, senza esitazioni, lo fredda, rivelando di avere, a sua volta, un’arma.

Lui muore in piedi. E morendo, un successivo indizio porta proprio a lui, a Wolf Lonnie, che era entrato nella cella di Thomas sfruttando un passaggio segreto che lo stesso Thomas gli aveva rivelato anni prima.

È Gabrielle che, piena di dolore, si trova a controinterrogare suo padre. Sì. Gabrielle accusa Wolf Lonnie in tribunale.
Non un processo qualsiasi: un’aula devastata da traumi generazionali, verità esplosive e un’eredità avvelenata.

Gabrielle vs Wolf – Space Monkey, Ape Escape

Scrivere il mio protagonista come colpevole mi divertì esageratamente.

Gabrielle, con il cuore a pezzi, inchioda suo padre. E lui non si difende.

Perché non vuole.

Perché è colpevole.
Perché l’ha fatto per lei.

La sua è una confessione… e un suicidio rituale. Dopo aver ucciso Reginald Darketh davanti alla propria figlia (colpo alla fronte, a sangue freddo, senza tentennamenti), Wolf confessa: è stato lui anche a uccidere Thomas Lonnie, suo padre. L’ha attirato in una trappola, insieme a Reginald, con un’unica intenzione:

“Ucciderli entrambi. Mettere fine a tutto.”

Perché sapeva che Thomas stava puntando Gabrielle, esattamente come aveva fatto con lui tanti anni prima. Una lettera misteriosa bastava a provarlo: “Gabrielle – Hershelsville”.
Una minaccia. Un’eredità infernale. E allora Wolf ha deciso di strappare la radice, pagandone ogni prezzo.

Non solo l’essere processato. Ma essere odiato dalla propria figlia. Essere considerato un assassino, anche se per amore.

E proprio Reginald, qui, raggiunge la sua forma più completa… e tragica.
Non più solo villain, non più solo Lord del Male. Ora lo vediamo spezzato, confuso, disilluso.

Reginald non ha mai avuto una scelta.

È nato dalla morte della madre. È stato odiato dal padre, Knight, che l’ha “perdonato” solo nel peggiore dei modi: pretendendo che diventasse l’Emissario dell’Oscurità, per vendicare la donna che il figlio, involontariamente, ha “ucciso”.
Un’educazione fatta di rancore, di istigazione, di isolamento.

E il Reginald adulto? Non riesce più a sostenere il peso del ruolo. Lo dice. Vuole smettere. Ammette l’omicidio, sì, ma chiede di essere ascoltato. Chiede un’alternativa. E non la ottiene.

Il padre di Wolf — già responsabile della morte di Ayane — era tornato in azione. Da anni in carcere, sì, ma con contatti, potere, armi.
Aveva in mente di usare Gabrielle per replicare la manipolazione fatta su Wolf. Un ultimo gioco perverso.
E allora Wolf ha detto basta. Senza mezzi termini. Ha attirato il padre e Reginald nella stessa trappola, e ha sparato per salvare la figlia.

Ma allora… chi è davvero Wolf Lonnie?

La domanda che brucia di più. Perché Il vero epilogo non dà risposte. Le pone.

Wolf è un assassino. Ma anche un padre che fa tutto per amore. È un uomo spezzato dalla vita, ma ancora determinato a proteggere ciò che resta. È colpevole. Ma è anche, paradossalmente, l’unico a non mentire più.

Ma cosa l’ha spezzato? “Solo” Ayane e Thomas?

Non è finita infatti. Perché fa tanti nomi che ancora non conosciamo. Che ancora dobbiamo conoscere. Che Gabrielle non conosce (o in parte). Parla di persone che l’hanno tradito, donne misteriose, di “Bravesoul”, di “una certa donna dallo sguardo falsissimo”. E soprattutto, lascia intendere che questa non è la fine della storia. Solo l’inizio di un’altra.

Il vero epilogo distrugge la struttura classica di Ace Attorney. Non c’è più un “colpevole” da incastrare e basta. Ci sono colpe che si ereditano, scelte che si travestono da doveri, padri che sacrificano tutto per amore… e finiscono per perderlo.

Gabrielle è sola. Con una carriera appena cominciata e una cicatrice impossibile da nascondere.
Wolf è un morto vivente.
Reginald… un’eco tragica.

E alla fine, viene da chiederselo:

“Se nessuno avesse detto a Reginald che doveva essere l’Emissario dell’Oscurità… sarebbe diventato qualcosa di diverso?”

Ma, soprattutto, e questa sarà una domanda che verrà, proseguendo in un futuro che inizia sciagurato…

E se Wolf avesse sbagliato a uccidere Thomas?

E questa domanda, aggiungo, è al momento la ragione reale del titolo del caso. Wolf, scegliendo di uccidere Thomas nel futuro, ha messo fine a tutto.

Link per la lettura: Click

La storia “prosegue” nel presente, subito dopo il caso che ha visto Wolf contro Reginald.

La storia che seguirà si chiama Wolf Lonnie: Fighting for Truth ed è probabilmente il mio lavoro migliore in assoluto.

Link al precedente caso extra (TuMour): Click
Link al precedente caso in ordine di lettura (caso 5 – L’ascesa dell’oscurità) – Click
Link all’inizio di Fighting for Truth, caso 1: Click

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Autore: Gabriele Glinni

Esperto di informatica, amante della scrittura creativa. Autore di Ascend-ent e Descend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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