Uno degli attori più influenti del cinema action anni '80 è sicuramente Sylvester Stallone, che con i suoi due personaggi iconici Rocky Balboa e John James Rambo (più diversi altri protagonisti in altrettante rispettabili pellicole), è entrato nei nostri cuori di cinefili, sportivi e semplici esseri umani.
È sempre gradevole guardare i suoi film, anche a distanza di anni, poiché il suo trasmettere la "riscossa dell'uomo schiacciato dalle difficoltà della vita", è un tema che coinvolge ognuno di noi. Forse, con una visione un po' distratta le sue pellicole possono sembrare delle "americanate" del periodo Reganiano, quando gli States dovevano primeggiare contro l'ex Unione Sovietica (nel quarto episodio di Rocky del 1985, contro il russo Ivan Drago, abbiamo il "climax" di questo concetto), ma c'è molto di più sotto quei chili di muscoli e quell'espressione con il labbro storto; c'è un uomo di periferia, c'è il reduce di una guerra impostagli dal Sistema, c'è il poliziotto dal pugno duro contro la criminalità ancor più spietata, c'è il vicino della porta accanto, c'è ognuno di noi.
Nell'epoca in cui viviamo, dove le antiche virtù sembrano cedere il passo a vizi e malizie sempre più crescenti, il messaggio che Sly (il suo soprannome) ci lascia tramite i guantoni da boxe, la fascia rossa sui capelli lunghi e il "distintivo da sbirro", credo sia il giusto reintegro di sentimento positivo alla carenza di ardore e determinazione che purtroppo contraddistingue la nostra epoca del "tutto e subito".
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