Mi sono scordato di parlarvi di Digimon World!

La schermata iniziale di Digimon World

Rileggendo l’articolo in cui ho fatto il riepilogo dei videogiochi che hanno caratterizzato il mio 2024, mi sono accorto di essermi dimenticato del tutto di parlare di un titolo sul quale ho passato svariate ore nel corso di dicembre: Digimon World!

La voglia di riprendere in mano questo classico uscito in Europa sulla prima PlayStation nel 2001 è nata quando mi sono imbattuto in un video nel quale uno YouTuber si è cimentato nell’impresa di finire il gioco con Numemon, uno dei mostriciattoli digitali più deboli tra quelli ottenibili.

Rivedere l’isola di File, ricca di ambienti in cui la natura si fonde con il digitale, mi ha reso parecchio nostalgico e dopo un paio di giorni di tentennamenti mi sono ritrovato con il gamepad tra le mani, pronto ad affrontare l’avventura che da bambino non ero mai riuscito a portare a termine.

Quando ci si approccia a un gioco come Digimon World bisogna evitare di commettere l’errore di pensare di trovarsi davanti a un gioco di ruolo classico. Certo, ci sono vari elementi distintivi del genere, dai combattimenti agli oggetti utilizzabili per curarsi o potenziarsi, ma il modo in cui è strutturato il gameplay rende impossibile tracciare dei paragoni con Pokémon, Final Fantasy o Dragon Quest. Ciò dipende soprattutto dalla scelta degli sviluppatori di incentrare Digimon World su un elemento in particolare: l’allevamento del proprio mostriciattolo digitale.

Il Digimon con il quale si inizia la partita deve essere accudito in vari modi, per esempio nutrendolo quando è affamato, portandolo in bagno quando deve fare i suoi bisognini o rimproverandolo nel momento in cui si rifiuta di prendere le medicine pur avendo solo 5 HP (giuro che non serbo rancore, CENTARUMON). Ogni azione ha un impatto sulle due barre visibili nella parte bassa dello schermo, che rappresentano i livelli di felicità e disciplina del Digimon. Idealmente bisognerebbe cercare di tenerli entrambi alti per evitare delle conseguenze spiacevoli (ne riparleremo a breve), ma alcune digievoluzioni possono essere ottenute solo facendo l’esatto contrario, quindi non sempre comportarsi bene si rivela premiante. Per quanto prendersi cura di un V-Pet (come i classici Tamagotchi, per esempio) possa essere divertente, farlo all’interno di un gioco nel quale è anche presente una forte componente esplorativa rischia di diventare frustrante, soprattutto quando ci si ritrova senza cibo in una landa desolata piena di nemici e il Digimon inizia a reclamare il quinto pasto della giornata! Pure le corse per raggiungere la toilette più vicina e impedire che il livello di disciplina cali non sono esattamente rilassanti.

Questa però è solo la punta dell’iceberg, perché i parametri da prendere in considerazione quando si alleva il proprio Digimon sono tantissimi. Vicino al villaggio iniziale c’è una palestra nella quale è possibile potenziare il mostriciattolo digitale ed è senza ombra di dubbio il luogo nel quale si trascorre più tempo durante le partite, perché l’allenamento rappresenta l’unico modo rapido per far crescere le statistiche e aumentare le chance di sopravvivenza sull’isola di File.

Aumentare la forza, la difesa o la velocità non è uguale: ogni digievoluzione ottenibile richiede delle statistiche ben precise, che però non sono in alcun modo esplicitate all’interno del gioco. Certo, a volte è bello affidarsi all’istinto e ottenere un’evoluzione a sorpresa (a meno che non si tratti di Numemon o Sukamon), ma in alcune occasioni è necessario avere una determinata tipologia di Digimon per accedere ad alcune aree e l’unico modo per incrementare le chance di arrivare al risultato voluto è affidarsi a degli strumenti come l’Evolution Tool, che aiutano a tenere traccia degli step mancanti.

Oltre alla felicità, alla disciplina e alle statistiche ci sono anche altri parametri “nascosti” che possono influenzare la digievoluzione, come il peso del Digimon, gli errori commessi durante l’allevamento (per esempio non far dormire il Digimon quando ha sonno o non riuscire a portarlo in bagno in tempo) e il numero delle battaglie vinte. Insomma, è tutto un gran casino!

Giustamente qualcuno di voi potrebbe chiedermi “ma non puoi semplicemente esplorare il mondo e potenziare il tuo Digimon vincendo le battaglie?”. Purtroppo no, perché i combattimenti fanno crescere di poco le statistiche e ci sono delle aree nelle quali non è consigliabile entrare senza un Digimon che ha raggiunto almeno il livello Campione.
“Vabbè, ma una volta potenziato al massimo un Digimon è tutto in discesa, giusto?”. Anche stavolta devo rispondere “no”. Ogni Digimon ha tre vite (rappresentate da dei cuoricini… cuoricini, stramaledetti cuoricini che mi tolgono il gusto di sbagliare tutto! …Che stavo dicendo? Ah sì, Digimon!), il che significa che alla terza sconfitta passa a miglior vita e si reincarna in un uovo (proprio come nell’anime).
A differenza del Digimon che viene affidato all’inizio (Agumon o Gabumon), quello che esce dall’uovo non è di livello Intermedio, bensì Neonato, il che significa che il tempo da trascorrere nella palestra all’aperto diventa ancora più lungo. E anche quando si riesce a vincere ogni battaglia non si è comunque al sicuro, perché dopo un certo periodo di tempo tutti i Digimon sono destinati alle morte per vecchiaia. L’unico vantaggio è che in quest’ultimo caso si ottengono dei bonus degni di nota che facilitano l’allevamento del nuovo Digimon.

Arrivati a questo punto, qualcuno di voi potrebbe chiedermi “ma cosa bisogna fare in Digimon World oltre ad allevare i Digimon?”. L’obiettivo principale del gioco è riportare il maggior numero possibile di Digimon a File City e scoprire cosa li ha resi aggressivi in primo luogo. La trama non è delle più originali, ma funziona abbastanza bene e la soddisfazione che si prova quando si riesce a convincere un nuovo Digimon a tornare in città è alta. L’overworld è ben realizzato, anche dal punto di vista stilistico, e il desiderio di vedere delle nuove aree aiuta a tenere duro durante le fasi più tediose del gameplay loop.

All’inizio gli scontri con gli altri Digimon sono poco interessanti, soprattutto perché non si ha un controllo diretto sulle azioni del proprio mostriciattolo digitale, ma la situazione migliora quando si sbloccano nuovi comandi e tecniche. Certo, non si raggiunge mai la profondità del battle system di altri giochi di ruolo, però ci si riesce comunque a divertire.

Per quanto riguarda la grafica, devo ammettere che nonostante il tempo passato è invecchiata abbastanza bene. I modelli poligonali dei Digimon sono ben fatti, così come i fondali pre-renderizzati tipici dell’era PS1. Anche gli effetti visivi mi hanno fatto una buona impressione. Pregevole pure la colonna sonora, della quale riascolto sempre volentieri alcuni brani (per esempio il battle theme e Gear Savanna).

Digimon World è un gioco complesso, soprattutto a causa delle sue meccaniche nascoste, e richiede un’enorme quantità di pazienza. Al tempo stesso è un’esperienza capace di regalare delle belle soddisfazioni a chi ha la giusta perseveranza ed è disposto a chiudere un occhio di fronte ad alcune scelte di game design discutibili (e a una traduzione dal giapponese alquanto zoppicante). Vale la pena provarlo perché a conti fatti si tratta di un esperimento unico nel suo genere, ma non bisogna aspettarsi di mettere le mani su un capolavoro assoluto. Di recente è uscito un sequel (non so se spirituale o effettivo) e non escludo di provarlo in futuro.

“Aspetta, non puoi far finire qui l’articolo! Non ci hai ancora detto se questa volta sei riuscito a portarlo a termine!”
Avete ragione. Sarò onesto: sono andato parecchio avanti nel gioco, ma dopo aver perso l’ennesimo Digimon Campione la mia voglia di ricominciare il loop è scesa sotto le scarpe e ho deciso di lasciar perdere. Credo sia importante dare il giusto valore al proprio tempo e accettare che non c’è alcun disonore nell’abbandonare un gioco, soprattutto se ormai il divertimento è stato rimpiazzato dal tedio.

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Autore: Alessandro Bolzani

Mi chiamo Alessandro e, oltre a essere un giornalista, sono l’autore del libro urban fantasy Cronache dei Mondi Connessi – I difensori del parco, edito da PAV Edizioni. Nel 2023 ho vinto il concorso Sogni di Fantasy 2 con il racconto Sylenelle, ladra di sogni. Collaboro anche con la rivista Weirdbreed, per la quale ho realizzato il racconto La carne più buona del mondo, alcuni articoli e delle interviste. Nel mio blog, Pillole di Folklore e Scrittura, parlo di libri, scrittura creativa, mitologia, credenze popolari e, in generale, di tutto ciò che mi appassiona.

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