Fin dall’antichità il giglio è considerato un simbolo della fecondità per via della sua notevole capacità di riproduzione. Questo significato l’ha reso un attributo delle Grandi Madri e gli ha permesso di diventare un fiore sacro nei culti femminili.
Nella mitologia greca, le origini del fiore sono legate a quelle della Via Lattea. Quando Zeus concepì Eracle con Alcmena, quest’ultima abbandonò il bambino in un campo fuori dalle mura di Tebe dopo la nascita, troppo spaventata dalla possibile vendetta di Era, la sposa del re degli dèi olimpi. Su ordine di Zeus, Atena condusse Era a passeggiare proprio in quel campo e quando vide Eracle finse stupore. Chiese poi alla dea del matrimonio di allattare il piccolo per placare la sua fame. Era, ignara di tutto, la assecondò, ma quando Eracle succhiò dal suo seno con più vigore del previsto lo allontanò da sé e uno zampillio di latte volò verso il cielo, trasformandosi nella Via Lattea, e un altro finì a terra, dove diede origine al giglio.
A Roma il giglio era associato alle dee legate alla fecondità, tra cui Lucina, colei che fa vedere al neonato la luce del giorno, Opigena, che aiutava le partorienti, Cinxia, che modellava il cinto della sposa, e Iterduca, colei che portava la sposa nella sua nuova casa. Pudicitia, invece, tutelava la verginità della giovani e la purezza delle spose. Anche Spes, la Speranza, aveva un legame con il fiore: era talvolta rappresentata con in mano un giglio sul punto di sbocciare.
Nel linguaggio ottocentesco dei fiori, il giglio significava innocenza, candore, verginità, purezza e maestà. Chi donava il fiore a una donna esaltava tali qualità. Tuttavia, se la varietà regalata era quella cinese c’era una tacita accusa di volubilità. Con il giglio delle valli si esprimeva un messaggio ancora differente: “Tu sei senza pretese”. Quello giallo, invece, rappresentava la grandezza e l’inquietudine, mentre il rosso la varietà. La variante selvatica simboleggiava l’asprezza e quella di Filadelfia un ritorno amoroso. Infine, il giglio superbo era associato alla vanità.