Ricordi rubati e mondi oltre il confine: “Edenlost – La città senza confini” ft. Alexandra K. Blade

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Oggi vi conduciamo in un universo inquietante e toccante, fatto di memorie rubate, legami indissolubili e ribellioni silenziose. Con noi c’è Alexandra K. Blade, autrice di Edenlost – La città senza confini, un romanzo distopico che mette al centro l’identità, il coraggio e l’amore materno, in una narrazione che attraversa confini reali e interiori.

Preparatevi a scoprire cosa si cela dietro le mura di Edenlost.

Edenlost è una città sospesa tra distopia e realtà: come è nata l’idea di questo mondo? Cosa ti ha ispirata nel costruirlo?

In realtà, Edenlost non è propriamente una città distopica, anche se può darne inizialmente l’impressione. È piuttosto un’oasi sospesa nel tempo e nello spazio, affascinante e inquietante allo stesso tempo. Una città progettata con criteri quasi utopici, alimentata da fonti rinnovabili, immersa nel verde, organizzata in aree tematiche pensate per rispondere ai bisogni umani più autentici: bellezza, benessere, socialità, conoscenza. Ma proprio questa perfezione apparente, questa armonia così accurata, nasconde qualcosa. E quel confine sottile tra idillio e controllo è ciò che la rende viva, misteriosa, ambigua.

L’ispirazione per Edenlost nasce da una domanda molto personale: “Come sarebbe la città ideale in cui vorrei vivere?” L’ho immaginata come un luogo che unisse sostenibilità, estetica e spazi condivisi. Una città dove l’energia è pulita, la tecnologia discreta e funzionale. Ma nel romanzo, naturalmente, tutto questo si intreccia con una tensione sotterranea, con segreti che affiorano e crepe che si aprono.

Edenlost non è la “classica distopia”. È un mondo costruito con amore per i dettagli, con il desiderio di affascinare, ma anche di far riflettere. Per me è stato un lavoro lento e immersivo, come se stessi davvero progettando un luogo reale. E anche se è frutto di fantasia, rappresenta una visione: un sogno possibile, ma anche un monito. Un’idea di futuro che ci riguarda da vicino.

Leyla ed Evelyn rappresentano due prospettive complementari, figlia e madre, vittima e cercatrice: come hai gestito il bilanciamento tra le loro voci e i loro percorsi?

Leyla rispecchia molto mia figlia, sia nell’aspetto fisico sia in alcuni tratti caratteriali: la sua forza, la dolcezza, la determinazione e il senso di giustizia. Evelyn, invece, sono io, con tutto l’amore, la sensibilità e la capacità di lasciare spazio, pur restando una presenza costante e solida. Questo mi ha permesso di scrivere entrambe le voci con una certa naturalezza, perché attingono a due parti molto autentiche di me.

All’inizio pensavo che la storia avrebbe ruotato quasi interamente attorno a Leyla. Evelyn doveva restare una figura più sullo sfondo, a tratti. Ma scrivendo, la sua voce ha iniziato a emergere, e la sua missione ha preso forma con tale spontaneità che seguirla è diventato inevitabile e divertente.

Leyla è la protagonista principale, mentre Evelyn segue una trama parallela che si sviluppa accanto alla sua. Ho cercato un equilibrio che permettesse a entrambe di esprimersi pienamente, ognuna nella propria dimensione, per fare emergere quel legame madre-figlia che è profondo e capace di restare saldo anche quando tutto sembra vacillare.

Il bilanciamento tra le due è nato in modo naturale, come se le loro strade si parlassero da lontano, intrecciandosi nei momenti chiave. Insieme raccontano non solo un legame di sangue, ma il potere di un amore capace di attraversare mondi, ostacoli e silenzi.

La memoria ha un ruolo centrale nel romanzo. Cosa rappresenta per te, nella vita e nella narrativa, il concetto di identità legata al ricordo?

La memoria è il filo che ci tiene uniti a ciò che siamo. Nella vita, credo che l’identità non sia qualcosa di statico, ma un insieme in continua evoluzione, costruito sulle esperienze, sui legami, sulle emozioni che ricordiamo e che ci hanno segnato. Senza memoria, rischiamo di perdere il senso profondo del nostro essere: chi siamo, da dove veniamo, cosa amiamo, cosa temiamo.

Nel romanzo, questo tema si traduce in modo simbolico e concreto: ai personaggi viene sottratto il passato per renderli più controllabili, più “modellabili”. Ma Leyla dimostra che l’identità può resistere anche al vuoto della memoria, perché ciò che ci definisce davvero spesso riaffiora attraverso gesti, intuizioni, emozioni che non si lasciano cancellare.

Per me, nella narrativa, il ricordo è un motore potentissimo. Scrivere significa proprio questo: ricordare, scavare, custodire, anche ciò che non è mai accaduto ma che parla comunque di una verità interiore. In Edenlost, la memoria è sia perdita che riscoperta, sia ferita che possibilità di rinascita.

Il romanzo esplora anche il concetto di resistenza silenziosa attraverso i giovani della fazione segreta. Che messaggio volevi trasmettere alle nuove generazioni?

Il concetto di resistenza silenziosa in Edenlost nasce dal desiderio di raccontare come, anche nei contesti più regolati e apparentemente pacifici, possa nascere un impulso interiore verso il cambiamento. Un impulso che spesso parte dai più giovani.

Alle nuove generazioni, ho voluto dire che anche quando il mondo sembra volerci omologare, spegnere le domande e rendere tutto “accettabile”, c’è sempre una possibilità di risveglio. La resistenza non deve per forza essere rumorosa: a volte inizia con un dubbio, un gesto gentile, una scelta fuori dal coro. È un atto di coraggio quotidiano, spesso silenzioso, ma potentissimo.

La gioventù ha dentro di sé un’ energia trasformativa enorme, e Edenlost vuole anche essere un invito a fidarsi di quella voce interiore che spinge a non accettare tutto così com’è, a difendere la propria unicità, e a lottare, anche con dolcezza, per un mondo più giusto, più autentico, più umano

Stai lavorando alla riedizione e a una trilogia: puoi anticiparci qualcosa sull’evoluzione di Leyla e sul destino di Edenlost?

Sì, sto lavorando alla riedizione del primo volume e allo sviluppo della trilogia. Il secondo libro è già in fase di scrittura e, senza svelare troppo, posso anticipare che sarà ricco di colpi di scena, svolte emotive e nuove rivelazioni che metteranno Leyla di fronte a scelte ancora più complesse. Il suo percorso la porterà a scoprire aspetti

inediti di sé e del mondo che la circonda, spingendola oltre i limiti di ciò che credeva possibile.

Edenlost stessa continuerà a trasformarsi, rivelando nuovi volti, nuove regole, e nuove minacce. È un universo che cresce insieme alla sua protagonista, e con lei cambierà anche il modo in cui lo percepiamo.

Per quanto riguarda il terzo libro… è ancora un territorio in costruzione nella mia mente, ma proprio per questo resta il più misterioso. So che sarà il punto di arrivo di un lungo cammino, e sto lasciando che la storia stessa, passo dopo passo, mi indichi la direzione. D’altronde, a volte sono i personaggi a guidarci dove nemmeno noi immaginavamo di poter arrivare.

La tua scrittura è intensa e cinematografica. Hai mai pensato a una trasposizione visiva, come una serie o un film? E chi vedresti nei ruoli principali?

Mi fa molto piacere che la scrittura venga percepita come intensa e cinematografica, perché quando creo una scena cerco di visualizzarla nella mia mente come fosse un film: atmosfere, sguardi, silenzi, dettagli. Una trasposizione visiva, come una serie o un film, sarebbe certamente affascinante e suggestiva. L’idea di scrivere una sceneggiatura esiste, anche se per ora è solo un pensiero che custodisco, senza forzature, lasciando che sia la storia stessa a mostrarmi se e quando sarà pronta per un altro linguaggio.

Quanto al casting, non ho volti definiti in mente, ma sarebbe interessante vedere come registi e attori potrebbero interpretare Leyla, Evelyn e gli altri personaggi. Forse, se accadesse, li immaginerei con uno sguardo capace di cogliere la profondità emotiva e il mistero che li circonda.

Grazie a Alexandra K. Blade per averci aperto le porte di Edenlost, un luogo tanto spaventoso quanto umano, dove ogni legame può diventare resistenza, e ogni ricordo, un’arma.

Edenlost – La città senza confini non è solo una storia di ribellione, ma anche un inno al potere dell’amore e della memoria. Continuate a seguirci su Pillole di Folklore e Scrittura per esplorare altri mondi narrativi, e ricordate: a volte, per ritrovare sé stessi, bisogna attraversare l’oblio.

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Autore: Gabriele Glinni

Esperto di informatica, amante della scrittura creativa. Autore di Ascend-ent e Descend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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