Truthseekers’ files – TuMour

Attenzione: contenuti potenzialmente disturbanti.

Dopo aver raccontato L’Ascesa dell’Oscurità, uno potrebbe pensare: “Ok, siamo arrivati alla fine. Boss finale sconfitto, giustizia ripristinata, spade magiche archiviate… è fatta.”
E invece no.

Perché se c’è una cosa che Wolf Lonnie: Ace Attorney mi ha insegnato (o meglio, la smania di continuare ad aggiungere storie e ad approfondire tizio caio e senpronio), è che la verità non finisce mai nei titoli di coda. Ebbene sì, siamo solo agli inizi.
Ci sono ancora troppe domande sospese, troppi volti da esplorare, troppe lacrime non versate. E, soprattutto, c’è Reginald Darketh. Un villain così denso che ha straripato dai confini del suo stesso caso per contaminare passato e futuro. Letteralmente.

È per questo che ho scritto tre casi extra, prima della seconda serie, ognuno con una funzione ben precisa:

  • TuMour: un caso a sé, scritto anni dopo, che ritorna nel passato per mostrarci Ayane viva e luminosa… in larga apparenza (come avrete intuito dalla cover di questo articolo). Una storia che respira malinconia e che introduce un luogo fondamentale: il Sacrocuore.
  • Conflitto furibondo: flashback nel passato, ai tempi d’oro di Diego Armando e Mia Fey contro il procuratore Neil Marshall. Qui getto luce sulle origini di Reginald, scavando nella genesi del male e mostrando come anche i mostri abbiano una radice fragile.
  • Il vero epilogo: salto nel futuro, dove la nuova generazione entra in gioco. La protagonista è Gabrielle, figlia di Wolf. È lei a raccogliere l’eredità, affrontare gli ultimi segreti e concludere la storia là dove tutto è cominciato.

Questi casi non sono “scarti”. Non sono “speciali” nel senso riempitivo del termine.
Sono l’anima espansa della serie.
Sono ciò che succede quando il processo non basta più, e servono memorie, confessioni e nuove voci per arrivare al fondo della verità. Prima di proseguire con la trama nel presente, ossia il successivo Wolf Lonnie: Fighting for Truth.

Piccola nota: sono presenti alcuni personaggi di altri autori non più attivi, questi personaggi sono indicati con un *. Sono loro molto grato perché, senza di loro, l’universo narrativo non sarebbe mai stato lo stesso.

In questo articolo parleremo di TuMour, del Sacrocuore, di Muscleman e della verità su Ayane Taubey. Attenzione: TuMour è catalogato come parte delle storie “Truthseekers’ files“. Capirete più avanti il perché.

TuMour: La verità su Ayane Taubey

È difficile anche solo iniziare a parlare di TuMour. Non perché manchino le parole. Ma perché, dopo averle trovate, bisogna poi sopportarne il peso. Questo, lo rendo subito nopo, è parte del contenuto di una lettera di prefazione di un certo Mihael Chamilion (che scoprirete in seguito chi è) indirizzata a Wolf, che anticipa che scoprire la verità su questo caso lo devasterà.

Questo non è solo un caso investigativo. Non è solo un “extra”. È una ferita aperta. Un’infezione nascosta, un tumore, sotto la pelle lucida delle precedenti indagini di Wolf Lonnie. È la storia che non avremmo mai dovuto leggere – e che invece, ora che l’abbiamo letta, non possiamo ignorare.

Un caso scritto molto tempo dopo gli altri, figlio di un Gabriele più maturo. Perché se i tre primi casi di Wolf Lonnie: Ace Attorney erano tributi scherzosi (e un po’ dissacranti) all’universo di Ace Attorney, TuMour è un viaggio dentro il lato più oscuro del sistema legale e della mente umana, prima del disastro che ha cambiato la vita di Wolf.

Niente più scaramucce da aula di tribunale. Niente più siparietti comici col giudice svanito o l’assistente impacciata. Qui si parla di abusi sistemici, lavaggi del cervello, schiavitù psicologica, e soprattutto si entra per la prima volta nel Sacrocuore, un’istituzione che sembra una fondazione giuridico-mediatica (dove i dipendenti valutano, fanno pubblicità e recensioni del mondo tribunalesco, degli avvocati, dei procuratori, ecc)… ma si rivela ben presto per quello che è: un inferno patinato in cui la dignità umana viene triturata e venduta all’ingrosso.

E no, non è solo lo scenario a cambiare. Cambia il tono, cambia la voce, cambiano le regole. Il protagonista, Wolf Lonnie, si ritrova nel bel mezzo di un processo in orario serale (già questo basta a metterlo fuori asse), circondato da personaggi grotteschi e contorti, e deve difendere un ragazzino, Jak*, mentre lentamente viene risucchiato nel baratro di un’istituzione corrotta, controllata da una figura inquietante chiamata Muscleman.

Nel mezzo del caso, la narrazione si fa letteralmente horror. Le descrizioni della Camera (sì, con la C maiuscola), una stanza di tortura fisica e mentale mascherata da “spazio ricreativo”, non sono solo inquietanti: sono nauseanti, potenti, disturbanti nella misura giusta. Ci si sente intrappolati con Wolf mentre scopre il macabro dietro la facciata.
Non è esagerazione. Ci sono torture, abusi, umiliazioni, e tutto viene presentato con lucidità chirurgica e una narrazione che non fa sconti.

E poi c’è il Sacrocuore. Un luogo che nella lore più avanti diventa essenziale – e qui viene presentato nella sua forma più perversa. Non è solo una fondazione corrotta. È un sistema chiuso, controllato da meccanismi di coercizione sofisticati (come micro-esplosivi impiantati nei dipendenti), guidato da una direttrice complice e popolato da personaggi frantumati – tra cui Lulu e Clemont, ognuno a suo modo vittima e carnefice.

C’è un momento, nel cuore del processo, in cui tutto si ferma. Le prove, le testimonianze, le strategie legali: tutto implode davanti all’orrore inconfessabile che emerge dalla voce atona di Lulu. Non serve più l’arringa. Serve solo resistere al disgusto.

E pensiamo di aver visto. Pensiamo che Ayane è stata coinvolta involontariamente nel crimine di vendetta di Lulu, che l’ha aiutata a uccidere Muscleman. Ma qui si rovescia tutto.

Nel corso del caso, scopriamo che Ayane sapeva già, da anni prima di tutto. Conosceva la realtà marcia del Sacrocuore, l’inferno creato da Muscleman – lo sceicco fuggitivo, diventato procuratore sotto falsa identità, molesto e sadico. Ayane sapeva, perché aveva visto. Aveva vissuto. Era entrata, da adolescente e aveva assistito all’orrore: l’annichilimento delle vittime, della madre, l’inizio del suo incubo personale.

Eppure… non ha parlato.

Lo ha sepolto. Lo ha represso. Fino al punto da accettare di collaborare, in silenzio, alla vendetta. Ma attenzione: non per giustizia. Non per eroismo. Per sopravvivere. Perché a un certo punto, Ayane capisce che non sarà più al sicuro. E allora si trasforma. Indossa la maschera.

Ma questo è quello che pensa Wolf, che, per salvarla, evita completamente di parlare di questo aspetto della vicenda in tribunale.

il file extra rivela con brutalità chirurgica — è che Ayane non è una vittima che ha toccato l’oscurità.

Ayane è la pura oscurità umana.
Ayane non è l’oscurità fisica che Reginald voleva manifestare. Non è il diavolo, non è posseduta, non ha traumi, non è controllata mentalmente, è una ragazza di diciannove anni.

Nel file extra, è lei che parla. Ayane. Nessuna interpretazione, nessuna narrazione filtrata. Solo la sua voce, i suoi pensieri, le sue azioni. E il quadro che ne esce è terrificante.

Ayane non solo era consapevole degli abomini del Sacrocuore.
Ne faceva parte. Li incarnava. Li alimentava. Li praticava in prima persona. Si spingeva anche oltre.

Ayane era attivamente coinvolta.
E non con riluttanza. Con una consapevolezza gelida, inquietante, giocosa. Come se fosse l’unica cosa che le desse emozioni.

Tutto ciò che prima sembrava ambivalente — i sorrisi, le strane battute, gli sguardi laterali, tutto ciò che a un occhio attento sembra semplicemente una ragazza strana, forse poco emotiva, forse svuotata dalla morte della madre — adesso si trasforma in segnali sinistri.

Ma Wolf non lo sa. Per lui lei è la sua amica d’infanzia, la sua migliore e basta, di cui conservava tutto. Disegni, regali, parole di conforto.

Ed effettivamente anche lei conservava gli altri.

Sapeva del Sacrocuore.
Ha scelto di rimanere.
Ha fatto cose inimmaginabili.
E adesso, una domanda si fa strada come un bisturi, che cambia completamente l’ottica della sua morte.

Se Ayane sapeva già questo… cos’altro sapeva che sarebbe avvenuto di lì a poco?

La risposta: Ayane sapeva che sarebbe stata uccisa dal padre di Wolf.
E sapeva cosa ne sarebbe stato di Wolf subito dopo. E soprattutto, che avrebbe potuto vivere tramite il suo dolore.

Tema della vera Ayane Taubey – Mother 3, Battle Against the Masked Man

Condivisibile su richiesta dati i contenuti maturi.
Link al caso 3 (cronologicamente precedente): Click
Link al caso 4 (cronologicamente successivo): Click
Link ai successivi casi extra: Click

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Autore: Gabriele Glinni

Esperto di informatica, amante della scrittura creativa. Autore di Ascend-ent e Descend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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