Hunger Games la ballata dell’usignolo e del serpente – Recensione

Hunger Games -La ballata dell’usignolo e del serpente (2023), diretto da Francis Lawrence, con Tom Blyth e Rachel Zegler, è il prequel di Hunger Games (2012) che narra l’ascesa al potere di Coriolanus Snow. Il giovane protagonista è piuttosto diverso dal presidente di Panem che il pubblico ha imparato a conoscere negli altri film della serie: è un ragazzo premuroso e gentile che conosce la fame e con il suo ingegno ambisce a riportare in auge ciò che rimane della sua famiglia caduta da tempo in disgrazia.

La chiave perché ciò accada è vincere l’ambita borsa di studio offerta dalla sua scuola, una vittoria che gli sembra logica e giusta ma che il Decano non è disposto a concedergli. Sorge spontaneo chiedersi se, ottenuto il premio Plinth, l’evoluzione del protagonista sarebbe stata diversa, ma il fatto è che questo episodio affronta con realismo la questione di un’inesistente meritocrazia. In un climax che va dalla perdita dei genitori alla povertà, dagli ostacoli alla rivalsa fino al momento in cui viene materialmente gettato nell’arena, la lotta per la vita prevale sull’educazione in maniera del tutto inaspettata e uno studente dotato di intelletto e cortesia si scopre assetato di potere e capace di uccidere, dimostrando un’aggressività gratuita e un accanimento fino a quel momento celati che vanno al di là della mera autodifesa. La storia non vuole giustificare il protagonista dipingendolo come una povera vittima del fato che a causa delle avversità “diventa cattivo”, piuttosto, dimostra che anche una persona apparentemente buona può cedere alla brama di potere e alla malvagità se non sorretta da ideali e una morale.

Le disgrazie subite non c’entrano, pur di non prendersi la responsabilità di discernere il bene dal male Corio cerca sempre cause esterne ai comportamenti nei quali fatica a riconoscersi: nelle ultime scene rinfaccia a Lucy Gray di aver lasciato tutto per seguirla e la accusa di stare cercando di ucciderlo, proiettando su di lei i suoi stessi intenti omicidi; quando segna il destino dell’amico Sejanus Plinth, si giustifica, più che altro con se stesso, dicendosi stanco di pagare le conseguenze delle sue azioni e verbalizza l’insofferenza di non avere il privilegio di due genitori che lo coprano. Sejanus diversamente da Corio non è nativo di Capitol City e la sua famiglia è ricca. Vive con malessere la dicotomia tra la sua attuale situazione di vantaggio e la consapevolezza delle condizioni misere dei suoi vecchi compagni del Distretto 2. E’ idealista e ingenuo. Sorge il dubbio che Coriolanus possa esserglisi legato per interesse finché, messo sempre più in pericolo dal suo sconsiderato desiderio di giustizia, decide di eliminarlo.

Se il protagonista è disposto ad accettare la società e ad adattarvisi (era Lucy a voler fuggire nei boschi, Snow l’avrebbe voluta con lui a Capitol City), Sejanus non scende a compromessi. Arriva a eseguire un rito funebre proibito senza badare alle conseguenze; lo fa solo perché è giusto, onorando una legge non scritta, come Antigone nella tragedia di Sofocle: la giovane, nonostante la sorella tenti di persuaderla a rassegnarsi alla volontà del più forte, si oppone alla decisione del re Creonte e seppellisce il fratello Polinice. Questo segna il destino della ragazza, che spiega di aver disobbedito a Creonte per obbedire alle leggi divine da lui sovvertite. La dipartita di Antigone genererà una spirale di morte in una città ormai invisa agli dei.

Snow uccide chiunque lo intralci: la vita è l’arena. La sequenza della scomparsa di Lucy è l’ultimo atto, in differita, dei decimi Hunger Games, una sfida all’ultimo sangue tra gli ultimi sopravvissuti di cui il tributo Corio, ucciso anche Sejanus, si dichiara vincitore. In questo senso, potremmo dire che ben prima di Katniss e Peeta ci fu un tentativo (fallito) di uscirne in due. Ma che fine ha fatto Lucy Gray? E’ viva o morta? E’ stata portata via dalle ghiandaie? Catturata da Capitol City? Lo sviluppo del protagonista è poco chiaro e manda fuori strada anche lo spettatore, ma Lucy comprende prontamente il rischio che rappresenta per lei e anziché sottovalutarlo cerca di mettersi in salvo. Oggettivamente è una vittima: della figlia del sindaco, del sindaco stesso, del vecchio fidanzato, di Capitol City e infine del protagonista, ma non si comporta come tale e d’altro canto neppure aspira alla vendetta. E’ saggia e vuole vivere, è un’orfana e una nomade, sa volgere le situazioni a suo vantaggio, canta come un usignolo, è diretta ma misteriosa, maneggia serpenti e incanta un serpentino Snow che finge continuamente di essere ricco e ben calato nella sua realtà.

Lucy è luce; è Gray, ossia né bianco né nero; è Baird, cantante e poeta. Snow, per estensione, dovrebbe essere candido ma l’apparenza inganna e, come canta la stessa Lucy, è difficile mantenersi puri nel tempo; porta il nome del generale Coriolano, che venne esiliato. Crassus, il padre del protagonista, come Crasso muore nel reprimere una rivolta, ma i punti di contatto più interessanti li troviamo nella Lucy Gray di Wordsworth. Questa poesia narra la storia di una giovane che cerca di sfuggire a una tempesta di neve ma non viene mai ritrovata. Le sue impronte scompaiono, diventa parte integrante della natura e canta.

E’ bello immaginare che un personaggio affascinante e libero come Lucy ce l’abbia fatta dove altri hanno fallito. In questo contesto postbellico, rispetto a quello di Katniss, ci sono meno controllo tecnologico e meno rassegnazione. Il pubblico non è interessato ai giochi e anche a Capitol City c’è malcontento, ma è difficile trovare chi si opponga veramente con convinzione. A vincere, anche qui, sono l’indifferenza e il disprezzo per la vita. Per screditare qualunque atto di ribellione, è sufficiente etichettarlo come una pazzia. E così è pazza Lucy Gray per la sua reazione alla mietitura; è pazza il tributo che uccide il suo mentore dalle sbarre di uno zoo. La narrazione è tutto in una città che vuole fingersi opulenta quando non lo è, in una scuola in cui se qualcuno muore a causa di un veleno dagli effetti ignoti si può sempre dire che è stata l’influenza. Neanche i ricchi rampolli di Capitol City possono dormire sonni tranquilli, nessuno, in generale, è al sicuro, ma un’idea falsa di sicurezza regna sovrana durante gli Hunger Games, nella placida calma con cui viene raccontata la morte in diretta dei partecipanti, nella voce artificiale che augura buon divertimento, nella naturalezza con cui il conduttore ritardatario avvisa il ristorante presso il quale ha prenotato per due persone e un seggiolone.

Camilla

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Autore: Camilla Vecchione

Mi chiamo Camilla Vecchione, la mia passione è leggere e amo scrivere. Dopo il Liceo Classico mi sono laureata in Lingue e Culture straniere. Per Pillole di Folklore e Scrittura mi occupo di recensioni.

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