(Il caso in cui ho fatto saltare per aria il tribunale, prima che succedesse nella serie originale)
Lo confesso: quando ho iniziato a scrivere Wolf Lonnie: Ace Attorney, pensavo che l’apice del dramma sarebbe stato uno di quei processi con il testimone strambo e il colpo di scena finale. Inizialmente la trama in testa a me era legata a questioni di eredità di soldi di famiglia Lonnie e non so che altro.
Poi è arrivato il quinto caso e ho voluto raddoppiare sul tema sci-fi introdotto dal terzo caso. E non solo, in generale su tutta la lore di spiriti, percezioni, Magatama e mondo fantastico già piazzato da Ace Attorney. Ecco, diciamo che qui ho smesso di scrivere un “gioco investigativo” e ho iniziato a evocare direttamente i boss finali dei videogiochi GDR.
Benvenuti in L’ascesa dell’oscurità: il caso in cui il procuratore nemico è il signore delle tenebre, una spada cambia le sorti del mondo, e ogni OBIEZIONE è più un’esplosione che un gesto legale.
Il caso: un razzo, un cadavere, e una mostra che non dimenticherete
Tutto comincia con Wolf che, dopo la morte della sua amica d’infanzia, è chiuso nel suo studio, solo con i videogiochi. Da mesi non lavora.
Improvvisamente lo raggiunge la Maya Fey che lo implora di difendere il Phoenix Wright. Wright è, a quanto sembra, finito nei guai durante una mostra d’arte. Un evento pubblico, gente elegante, atmosfera sofisticata… e un razzo che centra in pieno la mostra, lanciato nella sala con la stessa disinvoltura con cui si tira il riso ai matrimoni.
Nel caos che segue, viene ucciso Kile Delast, il proprietario della mostra. Stava custodendo una misteriosa spada, e probabilmente anche un grosso bersaglio sulla schiena.
Wright è sospettato in quanto dei testimoni hanno visto un tizio con un capellino strano aggredire la vittima poco dopo l’esplosione. Nel processo, Wolf se la vede con un nuovo procuratore, Reginald Darketh, un altro cavaliere come Blade, ma con i capelli scuri lunghi, gli occhi rossi e l’armatura nera.
Il suo testimone in questione, Mila Lightbliss, una ragazza con i capelli rossi, apparentemente mite, viene facilmente incastrata da Wolf, e, alla fine, rivela addirittura di essere il “signore oscuro” di cui Thomas Lonnie, nel precedente caso, aveva già ragguagliato Wolf. Mila viene arrestata e Wright viene scagionato. Ma, si sa, i colpevoli “troppo convinti” puzzano sempre.
Il villain: Reginald Darketh – l’incubo in armatura e occhi rossi
Ecco dove le cose diventano veramente Ace Attorney + Evangelion.
Reginald Darketh non è solo il procuratore del caso. È il villain. Un piano lungo anni, una voce inquietante, poteri paranormali, e l’ambizione di trasformarsi in dio delle tenebre. Con tutto il pacchetto completo: risate malefiche, aura nera, spada maledetta, deliri da dominazione globale.
Reginald non si limita a essere un cattivo. È il catalizzatore di tutto ciò che è andato storto nella vita di Wolf Lonnie:
- Avendo Thomas già tentato di fermarlo senza successo, ha contribuito indirettamente alla morte di Ayane (motivo per cui Wolf è un pugno di angoscia ambulante).
- Avendo conosciuto Dahlia, ha contributo all’avvelenamento di Diego Armando (aka Godot, che qui torna in scena con tanto di tazzina e malinconia).
- Avendo manipolato Kristoph Gavin, distrutto la carriera di Phoenix Wright, per puro sadismo.
- Ha manipolato Mila Lightbliss, convincendola che la colpa fosse sua. In questo caso, la manipolazione è avvenuta tramite il potere della spada leggendaria.
- Ha controllato il processo da ogni lato: procuratore, testimone, burattinaio.
E tutto questo, con lo scopo finale di sintonizzarsi con una spada leggendaria, accumularne il potere, e riscrivere la realtà.
Sì. Letteralmente. Una spada magica. Per cambiare il mondo. Durante un processo penale.
La luce contro l’oscurità
Il cuore del caso non è solo l’omicidio di Kile Delast, ma lo scontro tra due forze contrapposte: Emissario della Luce (Mila) contro Emissario dell’Oscurità (Reginald).
Un dualismo mistico, etico e narrativo, con Wolf che, suo malgrado, si ritrova a vestire i panni dell’eroe messianico.
Da una parte:
- Reginald, assetato di potere, manipolatore, oscuro, convinto che il mondo vada distrutto e ricreato nel male.
Dall’altra: - Wolf, tormentato dalla perdita, ma determinato, pronto a farsi carico delle sue responsabilità, pur di fermarlo.
Il contrasto è netto, potente. E nel mezzo, la povera Mila, che Wolf dovrà salvare.
La stessa Mila contribuirà a sbloccare il potere unico di Wolf: la percezione e la visione dell’aura. Wolf diviene in grado di vedere le aure delle persone e, a seconda del colore, dell’intensità e altri dettagli, sarà in grado di determinarne le tendenze caratteriali, lo stato d’animo e altra ancora.
I volti noti e gli alleati
Per rendere le cose ancora più epiche, ho pensato: “Perché non chiamare anche gli amici di vecchia data?”
Ecco quindi il parterre di cameo e ritorni:
- Godot, l’uomo che trasuda stile e caffeina. Arriva, lancia sentenze metafisiche, inchioda Dahlia Hawthorne (sì, è tornata pure lei!), e si prende la sua vendetta con classe.
- Maya Fey, che finisce di nuovo a evocare Dahlia.
- Phoenix Wright, addormentato durante la mostra con una bombola di sonnifero (gentilmente offerta da Reginald).
- Blade Swordmaster, cugino di Reginald e amico di Wolf, arriva nel finale con la spada in pugno per fermare la minaccia una volta per tutte.
Il piano criminale di Reginald
Il delitto è solo la punta dell’iceberg. Ecco, riassunto alla buona, il piano di Reginald:
- Aspetta che Mask☆Demasque (il ladro) rubi la spada di Delast. Ha commissionato lui il furto.
- Lancia un razzo per creare il caos (con l’aiuto dei fratelli criminali Edit).
- Usa il sonnifero per addormentare i testimoni.
- Uccide Kile Delast per recuperare la spada e zittirlo per sempre.
- Manovra Mila facendole credere di essere la colpevole.
- Si presenta come procuratore, evitando detective, prove, testimoni veri.
- Cerca di farsi assolvere da solo, mentre assorbe il potere della spada.
Un piano perfetto. O quasi. Perché poi arriva la trappola dialettica finale, e Wolf lo frega. Un piccolo dettaglio sfuggito, una contraddizione, delle cose che Reginald non può sapere ma che dimostrano che era presente alla mostra, un OBIEZIONE urlato con l’anima… e il re delle tenebre viene inchiodato.
Il duello finale (spoiler: Blade spacca)
Quando tutto sembra finito… non è finito.
Reginald si trasforma (non è una metafora: si trasforma) in una creatura carica di oscurità e minaccia di riscrivere la realtà.
Ma ecco che irrompe Blade Swordmaster, pronto allo scontro finale tra Spada della Luce e Spada delle Tenebre.
Una battaglia vera, fisica, mitica.
Il tribunale diventa il campo di una guerra ancestrale.
Blade riesce a vincere. Ma all’ultimo secondo, Reginald rivela che ci sono degli esplosivi in tribunale e riesce a scappare (ricordo: scrissi questo caso molti anni prima di Dual Destinies, parliamo del 2008 quindi 17 anni fa – per me, oltretutto, era un modo di spiegare la differenza estetica tra tribunale di Phoenix Wright e tribunale di Apollo Justice).
Temi, dolore, e la morte che cambia tutto
In mezzo a tutta questa teatralità, non dimentichiamoci del vero cuore pulsante del caso: il dolore per la morte di Ayane.
È il motore emotivo di Wolf. È la ragione per cui lotta, per cui resiste, per cui non si lascia vincere neanche quando tutto gli rema contro.
Il caso parla anche di manipolazione, colpa, responsabilità. Mila è una vittima tanto quanto gli altri. Le sue dichiarazioni, la sua autoaccusa… tutto era frutto del controllo psicologico operato da Reginald, ma non solo, anche della scarsa fiducia in se stessa.
Mila trova riscatto grazie alla tenacia di un avvocato che ha perso tutto ma decide di non arrendersi.
L’ascesa dell’oscurità è stato il mio caso più ambizioso, nel mio primo anno come autore, narrativamente e tematicamente.
Ho voluto osare, mischiare generi, evocare vecchi personaggi, costruire un climax degno di una saga, e soprattutto… dare a Wolf Lonnie il suo vero, primo nemico finale.
Reginald Darketh non è solo il cattivo. È l’ombra dietro tutto. E per batterlo, non bastano le prove: serve la volontà di affrontare ciò che ci spaventa di più.
Un processo che si è trasformato in battaglia. Una corte che è diventata campo di guerra. E, nel mezzo, un protagonista che ha scelto di non cedere all’oscurità.
Per ora.
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