A Gotham City non c’è più morale

Ho appena finito di vedere per la seconda volta (a distanza di pochi mesi dalla sua uscita) The Penguin, la serie spin-off ambientata nell’universo narrativo di The Batman rivisitato dal regista statunitense Matt Reeves.
La primissima visione non m’aveva catturato: i tratti dannatamente cupi e lo sviluppo troppo frenetico dei primi quattro episodi mi avevano confuso più che appassionato. Così l’avevo lasciata lì. In stand-by.
Ma, cresciuto a pane e Batman, sapevo che ci sarei tornato; e l’ho fatto. Fosse stato anche solo per non restare indietro con gli eventi rispetto all’uscita del secondo capitolo della saga (di nuovo rimandata, stavolta al 2027, per lo più a causa dei mille impegni di un Robert Pattinson che, diretto da quel genio di Nolan in Tenet, è finalmente riuscito a staccarsi dal volto la maschera glitterata di vampiro bello e impossibile).

Ma torniamo al Pinguino. Anche se lui non sembra gradire lo si chiami così. E come dargli torto: d’altronde è bodyshaming!

Oz, all’anagrafe Oswald Cobblepot, è un bugiardo patologico che indossa una maschera da gangster (come se la sua faccia non bastasse, applausi alle make-up artists) e guida una Maserati “color prugna” (come tiene a precisare) per colmare la sua disperata sete di approvazione.
Agli altri chiede di fidarsi, di sapere cosa sta facendo, ma sono diversi i momenti in cui è evidente non creda nemmeno lui alle sue stesse parole.
È un bambinone costantemente alla ricerca dell’approvazione di sua madre, verso cui ha un attaccamento insano e viscerale.
È un amore unilaterale, il suo: la madre cova un odio represso verso di lui, fin da quando, da bambino aveva causato la morte dei suoi due fratelli pur di non dover condividerla con nessuno.
La stessa madre a cui giura che avrebbe staccato la spina semmai si fosse ridotta in stato vegetativo e che, invece, nelle scene finali, ritroviamo attaccata ad una macchina, in una vuota stanza di un attico, col letto rivolto verso una vetrata che affaccia su una Gotham distrutta.
L’ha fatto per amore tossico? O forse per vendetta, per aver scoperto che quello stesso amore non era ricambiato?

Come nella vita personale (che condivide di tanto in tanto con una donna cui paga la compagnia, e che – a sua insaputa – lo tradisce rivelando informazioni preziose a Sofia Falcone), anche in quella criminale Oz è solo e si muove come un sopravvissuto: trama, tradisce, è un cane sciolto a cui non han somministrato l’antirabbica. Non ha padroni e non ha un codice né etico né morale né criminale.
Già in “The Batman” erano stati delineati i contorni di un calcolatore menzognero che racconta e si racconta bugie convinto che, dietro, ci sia uno scopo più grande: il potere.

Ma in questa Gotham City non è il solo personaggio a mentire a sé stesso: lo fa lo stesso Bruce Wayne, che si racconta d’essere “il retaggio della mia famiglia” per poi prodigarsi dichiarandosi come “Vendetta”, mostrando di agire non da eroe ma da giovane – in cerca di risposte – spezzato da un dolore che non ha ancora processato.

Da “The Batman” a “The Penguin” si iniziano a intravedere le prime crepe identitarie che dovremo ritrovare nell’universo narrativo del secondo capitolo della saga: a questo proposito, non sfugge alla disamina quella Selina Kyle consumata dalla vendetta (sì, anche lei) che scrive a una Sofia Falcone psicologicamente instabile (ed è un eufemismo) rinchiusa ad Arkham perché incastrata per la seconda volta da Oz nel giro di scarsi dieci anni.
Selina e Sofia sono due donne segnate da due percorsi diversi ma con una nota in comune: sorellastre senza alcun bagliore di redenzione all’orizzonte.

In questa celebrazione dell’antieroe non c’è nessuno che si salva (se non forse il buon Alfred): ognuno di loro impersona la propria bugia.
Ma, tra questi, il Pinguino è quello che – di una bugia – ne ha fatto una fervente verità.
E proprio per questo fa terribilmente paura.

Considerazioni finali:

  1. Se sei arrivato fino alla fine dell’articolo potrei averti spoilerato più di qualcosa;
  2. La serie spin-off si compone di otto episodi;
  3. Nessun pinguino è stato maltrattato per la realizzazione di questo articolo.
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Autore: gformisano93

Sono Gianmarco e faccio cose. Creative, specifichiamo. Anche se - il fatto che il mio segno zodiacale sia Cancro - già la dice lunga, provo ad aggiungere qualcosina. Ho fatto le scuole dalle suore e, nonostante questo trauma, son riuscito a laurearmi in Economia; sono un appassionato dell’IT; ho tre sorelle ma sono tre cani (Thea, Zuma ed Hera); sono un fan molto poco obiettivo di Di Caprio. Ah, nel 2024 ho co-fondato il brand “The Wolf of Wall Art” per l’home decoring; quindi, sì, se ve lo state chiedendo, sono anche un’illustratore. A 16 anni ho letto “Delitto e Castigo” di Dostoevskij e ci son rimasto sotto. Amo l’arte del tatuaggio e, come avrete notato, sono molto prolisso. Ah, il rosa è il mio colore preferito. Ok, ho detto abbastanza!

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