Quando un personaggio imposto da altri viene divorato dalla storia

Ci sono personaggi che nascono per necessità narrative.
E poi ci sono personaggi che nascono per compiacere qualcuno.

Elise Méthot apparteneva alla seconda categoria.

Non è una colpa morale. È una colpa strutturale.

Elise è stata inserita in una storia di indagini, action, processi e identità spezzate come se fosse un fermacarte emotivo: un personaggio “normale”, contemplativo, artistico, che osserva. Il problema non è ciò che era, ma dove è stata messa. Non è un personaggio mio, è un personaggio che mi venne imposto (lunga storia), e oltretutto imposto su un personaggio mio a cui tenevo tantissimo

Infatti, il pairing con Sean O’Quinn non nasce.
Viene imposto.

Non cresce la trama.
Non apre conflitti interessanti.
Non mette in crisi il protagonista.
Non lo rispecchia.

Avanza di zero.

E quando un personaggio non muove la storia, è la storia che deve muoversi contro di lui.

E io ho dovuto forzare delle scene romantiche per compiacere la persona che ha creato Elise.

Sean O’Quinn non è un personaggio compatibile con la mediocrità.

Sean non è “un avvocato”.
Sean è un agente che recita la parte dell’avvocato, un uomo che ha svuotato la propria identità fino a restare solo funzione, tecnica, vuoto.

In Deeper than Void, la sua storia d’origine, è chiarissimo: Sean non cerca amore, cerca riconoscimento nel nulla.
È un personaggio che vive nel paradosso: ipercompetente, iperfunzionale, eppure emotivamente disallineato dal mondo perché abituato a svolgere missioni, uccidere dove richiesto e a impersonare ruoli.

Legarlo a Elise significava costringerlo a giustificare una normalità che non gli appartiene.
E infatti succede l’unica cosa possibile: il rapporto ristagna, si ripete, si giustifica a parole ma non vibra mai.

Non era una relazione.
Era un compromesso narrativo.

Poi nasce Melody.

Melody venne creata come antagonista minore.
Non come interesse romantico.
La colpevole di un caso in cui aveva rubato l’identità a qualcuno (Alina Earlene), e uccide la vittima durante una gara culinaria per coprire un complice. Niente più.

Melody fa parte dei Ghost: persone che rubano identità, vite, traiettorie (un arco narrativo ricco, già completo).
Melody non vuole potere.
Vuole vivere un’altra vita per sempre.
È quello che ho iniziato a sviluppare per lei quest’anno. Ho ampliato il personaggio sempre di più e ho voluto di più per lei.

E qui accade qualcosa di fondamentale:
per la prima volta, un personaggio vuole abitare la storia, non subirla.

Melody guarda Elise e vede ciò che il lettore sente da tempo:
una vita piena di occasioni non sfruttate, relazioni ricevute per inerzia, un posto occupato senza essere davvero meritato.
Solo perché qualcuno ha deciso che doveva essere un personaggio principale senza fare nulla per ricevere tale “carica”.

E allora la narrativa fa ciò che sa fare meglio quando è onesta:
trasforma il disagio in azione.

La storia si riprende ciò che le appartiene

L’omicidio di Elise non è gratuito.
È chirurgico.

Non è “shock value”.
È coerenza.

Elise viene eliminata nel momento in cui è più sgradevole al lettore, più distante, più moralmente presuntuosa. Non come punizione morale, ma come chiusura di un arco che non aveva più direzione.

E Melody prende il suo posto.

Non “facendo finta”.
Facendolo un 5% meglio.

Grazie al capo dei Ghost, studia Elise.
La imita.
La corregge.

Smussa l’arroganza.
Elimina la passività.
Mantiene ciò che funziona.
Ha veramente affetto.
Zero la aiuta perché vuole che lei ottenga un’identità.

E accade la cosa più interessante:
il pairing con Sean esplode.

Perché ora non è più forzato.
È speculare.

Sean riconosce Melody perché è come lui.

La rivelazione finale non è tragedia.
È commedia nera.

Sean non va in crisi perché Elise non è Elise.
Va in crisi perché finalmente tutto torna.

Melody confessa.
Dice di essere stata Alina.
Dice che Elise è “morta” molto prima del corpo.
Dice che Rohan è suo figlio. Che Lalie no.

Sean dovrebbe distruggersi.

Invece ride.

Ride perché lo sapeva.
Perché il vuoto che sentiva era condiviso.
Perché quella frattura sottile non era amore mancato, ma persona sbagliata.

E quando dice:
“Meglio così, onestamente”,
non sta assolvendo un crimine.

Sta riconoscendo una verità narrativa.

Elise ora è Melody.

Un personaggio imposto è stato assorbito, riscritto, superato.
Una forzatura è diventata una scelta.
Un errore strutturale è diventato un arco memorabile.

Non ho cancellato Elise.
L’ho corretta.

E Melody non è un’intrusa.
È l’unico personaggio che aveva il diritto di esserci.

Perché sa amare ciò che ruba.
E perché, a differenza di Elise,
lei ha sempre voluto vivere davvero.

Questa non è una vendetta personale.
È una vendetta narrativa.

E funziona.

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Autore: Gabriele Glinni

Esperto di informatica, amante della scrittura creativa. Autore di Ascend-ent e Descend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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