L’high fantasy tra pesanti eredità e innovazione ft. Patrizio Ferretti

Intervista a Patrizio Ferretti

Scrivere un romanzo high fantasy non è facile: oltre che a sudare sette camice sul worldbuilding e la gestione dei personaggi bisogna pure avere a che fare con le enormi ombre proiettate dai grandi maestri del genere. Tolkien, giusto per citare il più famoso, ha contribuito a definire i contorni del genere e a renderlo popolare, dunque può capitare di sentirsi un po’ in colpa quando si segue una rotta diversa da quella tracciata da lui. Eppure sperimentare e correre dei rischi è importantissimo per dare vita a delle storie uniche nel loro genere ed evitare che ciò che è nato dalla fantasia vada incontro alla stagnazione per colpa di linee guida che nel corso dei decenni si sono trasformate in veri e propri dogmi (almeno per alcuni).

Scrivendo “Dragonia – La leggenda della pietra”, Patrizio Ferretti ha preso ispirazione dal passato dell’high fantasy, ma anche fatto il possibile per dare una sua impronta unica, creando delle razze diverse dal solito e dando ampio spazio e spessore a un elemento che spesso finisce per essere una mera componente estetica: le creature.

Oggi farò una chiacchierata con lui per conoscere meglio il percorso che l’ha portato a pubblicare la sua opera con PAV Edizioni nel 2025.

Ciao Patrizio e benvenuto su Pillole di Folklore & Scrittura! Parto subito con una domanda classica: cosa ti ha spinto a scrivere Dragonia?

La mia passione per il fantasy, che ho coltivato fin da bambino, e per le creature magiche in particolare -draghi, grifoni e così via. Crescendo da accanito lettore di fantasy, mi infastidiva non trovare alcun libro in cui a quelle creature venisse resa giustizia, almeno dal mio punto di vista; così, alla fine ho deciso di mettermi in gioco io e, per dirla in modo semplice, scrivere ciò che volevo leggere.

La copertina di Dragonia


Credo sia un filo comune che lega tutti gli autori emergenti: all’inizio non mi rendevo conto di cosa stessi facendo, era alla stregua di un hobby, un modo come un altro per sfogare un bisogno creativo. Per dire, le prime pagine di ciò che sarebbe diventato “Dragonia” le ho scritte a dodici anni. Solo gradualmente, man mano che il libro prendeva forma, ho iniziato a prendere consapevolezza del fatto che poteva trattarsi più di un semplice passatempo, che c’era un modo per far arrivare ciò che scrivevo oltre la sfera privata. Questo però non ha cambiato il mio approccio alla scrittura: sono sicuro che continuerei a scrivere anche senza un pubblico, perché ormai l’intero procedimento è diventato una sorta di divertimento per me. Un lavoro impegnativo, senz’altro, ma pur sempre divertente.

Nel libro sono presenti delle creature che si allontanano dall’immaginario tipico dell’high fantasy. Puoi raccontarci di come le hai create?

All’inizio, le forze del male che i nostri eroi devono affrontare erano costituite da orchi e non-morti, una fazione che avevo chiamato “L’Orda”. Poi, un mio amico mi ha gentilmente fatto notare che il nome e quella stessa fazione comparivano nei videogiochi di Warcraft (che non conoscevo), così ho dovuto cambiare tutto. Col senno di poi è stato un bene, perché in fondo percepivo il bisogno di allontanarmi dalle “solite” razze fantasy: perché dover pescare acqua sempre dallo stesso pozzo, ricorrere a topos codificati da Tolkien e altri autori precedenti a me, invece di creare qualcosa di nuovo? Da qui sono
nati gli oscuri e, visto che non volevo un’unica razza come nemico principale, a loro ho affiancato gli uomini del Nord.

L’altra razza che ho introdotto nel libro, quella dei ragni, deriva invece dall’amore per i giocattoli Lego. Il loro aspetto è basato su alcuni pupazzi Bionicle con cui mio fratello e io giocavamo spesso (e in minima parte anche sull’alieno di “Predator”); non che avessi idee precise su come usarli, anche loro erano semplicemente un modo per distanziarmi dalle solite razze comunemente usate nel fantasy. Però, man mano che la storia cresceva di dimensioni e ambizioni, sono stati un modo inaspettato per introdurre tematiche che prima erano assenti: senza entrare troppo nel dettaglio,
hanno aperto le porte a un discorso su razzismo e xenofobia che ha reso l’andamento della trama – soprattutto nei seguiti- molto più complesso e interessante.

Ci sono delle opere che ti hanno in qualche modo influenzato durante la creazione del libro?

Quando cresci con autori come Tolkien, C.S. Lewis, Terry Brooks e Christopher Paolini, è quasi inevitabile che le tue opere contengano degli echi, anche solo per osmosi: il mio immaginario fantasy è tutt’ora radicato in un approccio che i più potrebbero definire tradizionalista, figlio del “Signore degli Anelli” letterario e cinematografico e di altri romanzi scritti sulla sua falsariga, ma
allo stesso tempo si ispira anche a film e serie tv che guardo, alla musica che ascolto, ai posti che visito; perciò è anche in divenire, si arricchisce di continuo. Da parte mia, cerco di filtrare queste influenze, mi diverto a giocarci e modificarle per evitare che quanto scrivo sembri una scopiazzatura. Cerco di renderle mie, in un modo che soddisfi i miei gusti prima di tutto: in fondo,
se non sono soddisfatto del risultato, come posso pretendere che lo siano i lettori?

Quali sono state le principali difficoltà che hai dovuto affrontare nel corso della stesura?


La più grande è stata trovare la storia giusta. Quella è stata una fase in cui provavo di tutto per vedere se funzionava. Il più delle volte rinunciavo dopo aver scritto una dozzina di pagine e ricominciavo da capo, ma da undicenne eccitato e incosciente non mi scoraggiavo affatto, anzi, lo prendevo come una sfida. E poi, da ogni tentativo fallito ho ricavato un elemento che mi è stato
utile in seguito: personaggi come lo Spadaccino Darios, Taurim o Gorbax sono tutti nati da una di queste proto-versioni e sono diventati la base su cui ho innalzato le prime idee di trama.
Un altro problema è stata l’organizzazione del lavoro: “Dragonia” era nato come un singolo libro, ma in corso di stesura non facevo che aggiungere idee su idee, finché il materiale accumulato non si è rivelato troppo per un solo volume e ho dovuto riorganizzare tutto in più libri. E implementare una
nuova idea significava tornare indietro e modificare in maniera sostanziale diversi passaggi, mentre allo stesso tempo ero impegnato a scrivere i seguiti; e tutto questo senza prendere neanche uno straccio di nota. Risultato: una gran confusione. Ma almeno mi sono divertito.

Quali sono i personaggi che ti sei divertito di più a sviluppare?


È stato incredibile sviluppare tutti loro, ma se proprio dovessi scegliere, stranamente direi Taurim; dico stranamente perché è stato anche l’unico personaggio a farmi penare.
Lui è il classico giovane ingenuo che deve crescere e diventare adulto, un tipo di figura codificato fin dai tempi del Frodo Baggins tolkieniano e che fra Luke Skywalker, Eragon e altri simili ormai è visto e stravisto. È stata una scelta voluta, ma andando avanti sono diventato dolorosamente consapevole dei suoi limiti; non riuscivo a trovare alcun elemento d’interesse in Taurim e a lungo
andare la cosa iniziò a turbarmi. In fondo, l’intero libro si poggiava sulle sue spalle, se non avesse funzionato lui, sarebbe crollato tutto. Come renderlo intrigante, o almeno simpatico abbastanza da spingere un lettore a volerlo seguire?

Una foto di Patrizio Ferretti

La risposta è stata enfatizzare le sue debolezze, i suoi difetti di carattere: sembra una soluzione banale, ma è molto difficile farlo senza rendere il personaggio antipatico o passivo. Dovevo trovare il giusto equilibrio, dargli quei tratti negativi senza perdere di vista la sua umanità, la decenza di
fondo che lo qualifica; e tutto questo ha reso il rapporto fra lui e gli altri personaggi più ricco e complesso, specie con il ragno Gorbax o con Xertes, il drago.

A chi consiglieresti la lettura del libro?


Penso che chiunque al di sopra di una certa età possa trovare qualcosa in “Dragonia” per cui valga la pena leggerlo, che siano adolescenti, persone di mezz’età o gente più anziana. Quando ho iniziato, non vedevo l’ora di terminare le scene più quiete e passare a quelle più spettacolari e colme d’azione, ma crescendo i miei gusti sono cambiati e ora è l’esatto opposto: ho imparato che a
contare davvero sono i personaggi (grande scoperta, vero?), i loro dilemmi, le loro speranze, il modo in cui si differenziano e completano a vicenda, il modo in cui crescono o regrediscono di fronte agli ostacoli che si trovano ad affrontare. Perché sono lo specchio di quello che prova ciascuno di noi, esprimono idee e valori nei quali tutti ci riconosciamo o avanzare idee stimolanti per alcuni e provocatorie per altri. Alla fine, questo conta molto più di battaglie, scontri fisici o momenti cliffhanger e ho fatto del mio meglio per dare al mio libro un’anima al di sotto della superficie “spettacolare”.

Cosa puoi dirci riguardo al futuro della saga? Sei già al lavoro sul sequel?

Come ho già anticipato più in alto, ho avuto un sacco di tempo a disposizione tra la stesura e l’uscita del libro per occuparmi dei seguiti: sono già tutti scritti e, se tutto va bene, verranno pubblicati anche quelli. Non vi farò anticipazioni, ma la storia raccontata ne “La leggenda della pietra” è soltanto un assaggio delle meraviglie che questo mondo offre. C’è ancora molto da raccontare e ciascuno di questi personaggi ha ancora tanto da offrire; non vedo l’ora che scopriate
voi stessi.

Grazie ancora per il tempo che ci hai dedicato, Patrizio! Potete trovare “Dragonia – La leggenda della pietra” su Amazon (e presto sarà disponibile anche sul sito di PAV Edizioni).

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Autore: Alessandro Bolzani

Mi chiamo Alessandro e, oltre a essere un giornalista, sono l’autore del libro urban fantasy Cronache dei Mondi Connessi – I difensori del parco, edito da PAV Edizioni. Nel 2023 ho vinto il concorso Sogni di Fantasy 2 con il racconto Sylenelle, ladra di sogni. Collaboro anche con la rivista Weirdbreed, per la quale ho realizzato il racconto La carne più buona del mondo, alcuni articoli e delle interviste. Nel mio blog, Pillole di Folklore e Scrittura, parlo di libri, scrittura creativa, mitologia, credenze popolari e, in generale, di tutto ciò che mi appassiona.

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