La clematis e il centigrani (Scleranthus annuus) tra leggende e linguaggio dei fiori – Pillole di Folklore #73

Pur essendo una pianta velenosa, la clematis ha dei significati positivi. Rappresenta, infatti, la gioia e la fortuna ed è usata per augurare a qualcuno di ottenere dei buoni risultati nelle sue imprese. Simboleggia anche l’intelligenza limpida e onesta. Inoltre, i francesi la considerano un simbolo di bellezza interiore. Nell’antichità il fiore, un po’ come la rosa, era associato ai segreti e alle calamità causate dalla rivelazione di verità nascose. Gli inglesi chiamano la Clematis “traveller’s joy”, gioia del viandante.

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L’erica tra leggende e linguaggio dei fiori – Pillole di Folklore #71

Fiore tipico della brughiera, l’erica ha parecchi significati, che variano in base al suo colore. Quella viola è usata per esprimere solitudine e chiedere un po’ di affetto e compagnia da parte della persona cui si consegna, ma può anche esprimere ammirazione. Nella sua variante bianca, invece, il fiore simboleggia l’ammirazione che si prova nei confronti di qualcuno, la speranza che sogni e desideri si realizzino e la protezione dai pericoli e dalla negatività. Non a caso in Scozia si usa per augurare un matrimonio felice agli sposi.

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La camelia tra leggende e linguaggio dei fiori – Pillole di Folklore #70

Nel linguaggio dei fiori, la camelia bianca rappresenta la gratitudine, la stima, l’ammirazione e l’amore filiale.

Quando il fiore è rosa, invece, simboleggia la nostalgia, il desiderio di ricongiungersi al più presto con chi si ama.

La camelia rossa rappresenta l’amore e la speranza, mentre quella variegata è un simbolo di fiducia.

C’è però un altro significato attribuito spesso alla camelia: il sacrificio, inteso come impegno ad affrontare fatiche e sofferenze in nome dell’amore.

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I Magatama, uno dei simboli del buddhismo – Pillole di Folklore #69

I Magatama sono dei pendenti a forma di virgola apparsi per la prima volta in Giappone nella parte finale del perido Jōmon (che va dal 10.000 a.C. al 300 a.C.). Erano generalmente composti di giadeite, talco, agata e disapro, ma ne sono stati rinvenuti anche alcuni di ambra, terracotta, pasta vitrea, cristallo di rocca e oro. Inizialmente svolgevano una funzione meramente decorativa, ma nel periodo Kofun (compreso tra il 250 d.C e il VI secolo) iniziarono a essere indossati durante i riti funebri.

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Il girasole tra leggende e linguaggio dei fiori – Pillole di Folklore #68

Nel linguaggio dei fiori, il girasole rappresenta la luce e la vita, pertanto è un regalo perfetto per le persone positive e allegre. È anche un simbolo di buona fortuna, gratitudine e ammirazione.

In campo amoroso assume i significati di devozione e costanza. Regalare a una persona un mazzo di girasoli implica il desiderio di trascorrere il resto della vita assieme a lei.

Secondo alcune fonti, può però rappresentare anche un amore ossessivo e dal quale non ci si riesce a liberare, come quello che legava la ninfa Clizia ad Apollo. Questa interpretazione del mito, abbastanza diffusa, non mi sembra però corretta.

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Gaueko, il signore della magia nera – Pillole di Folklore #66

Nella mitologia basca, il Guaeko è uno spirito della notte. Punisce gli esseri umani che ostentano coraggio al calar delle tenebre e che fingono di non temere l’oscurità. In alcune versioni del mito viene considerato un demone, in altre un jentil, ovvero una creatura dall’indole gentile che aiuta le popolazioni locali fin dai tempi antichi.

Talvolta si manifesta come una raffica di vento e pronuncia queste parole: “la notte appartiene a Gaueko, il giorno agli umani”.
Viene comunemente rappresentato come un grosso cane da caccia nero, ma in alcuni casi si manifesta sotto forma di mucca o assume le sembianze di una creatura mostruosa. È dunque un abile mutaforma.

Uno dei suoi nomi è “signore della magia nera”. Nelle fredde notti d’inverno è possibile udire il suo ululato sinistro.

Per approfondire:
https://brickthology.com/2015/01/26/gaueko/

Credit dell’immagine: https://www.deviantart.com/nutty-acorn/art/Shadow-Wolves-337949024

Halloween, tre falsi miti da sfatare

Nel corso degli anni ho sentito varie inesattezze sulla festa di Halloween, che si celebra ogni anno il 31 ottobre, pertanto ho deciso di scrivere quest’articolo per sfatare alcuni dei falsi miti più diffusi e fare un po’ di chiarezza.

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Eolo, il dio dei venti – Pillole di Folklore #64

Figlio del dio del mare Poseidone e di Arne, Eolo veniva venerato dai greci come la divinità che controllava i venti e, talvolta, ne scatenava la potenza distruttiva. Viveva nelle isole Eolie, un arcipelago situato nella zona settentrionale della Sicilia.
Secondo la leggenda, all’epoca i venti venivano custoditi dentro alcune caverne e in un otre presente a Lipari, la stessa isola in cui si trovava la reggia di Eolo. Inizialmente non venivano tenuti sotto controllo in alcun modo, ma dopo che causarono vari disastri, il padre degli dei decise che la situazione doveva cambiare. Fu così che affidò l’importante incarico a Eolo.

Come molti altri fenomeni naturali, anche i venti nella mitologia greca venivano rappresentati come degli esseri umani. Ai quattro venti principali, per esempio, erano associati altrettanti fratelli.
Borea, il vento del Nord, era forte e violento. Quando si innamorò delle puledre di Dardano, figlio di Zeus ed Elettra, si tramutò in un cavallo e generò con loro una dozzina di figli rapidissimi.
Zefiro, il vento dell’Ovest, era calmo e gentile. Il suo arrivo annunciava la bella stagione.
Euro, il vento dell’Est, portava con sé delle belle giornate o, nel peggiore dei casi, un periodo di siccità
Austro, il vento del Sud, era molto caldo e precedeva la pioggia.

Nell’Odissea, Eolo donò a Ulisse l’otre di pelle in cui erano racchiusi i venti contrari alla navigazione. I compagni di viaggio dell’eroe, certi che l’otre contenesse inestimabili ricchezze, la aprirono, scatenando così la furia dei venti, che si manifestò sotto forma di una violenta tempesta.

Baba Jaga – Pillole di Folklore #63

Nel folklore slavo, Baba Jaga è una delle streghe più famose. È presente in molti racconti popolari per bambini, risalenti alla tradizione orale russa. Le sue origini sono incerte, ma sembrerebbero risalire al periodo pre-Cristiano, dove i culti pagani godevano di grande importanza e il popolo era più propenso a credere alla magia.

Viene spesso descritta come una donna anziana e deformata, dotata di un lungo naso storto, occhi penetranti e denti di ferro. Il suo comportamento imprevedibile le permette di suscitare paura e rispetto in chi la incontra.
Nella versione russa del mito, la strega vive in una capanna nel cuore della foresta dotata di due gigantesche zampe da gallina che le permettono di spostarsi a piacimento, rendendo difficile localizzarla. Le finestre controllano la zona come due occhi molto vigili e il cancello che circonda la casa è composto da ossa umane e sormontato da teschi. Il messaggio è chiarissimo: i visitatori non sono graditi.

In alcune versioni della storia, esistono tre differenti Baba Jaga, tutte con lo stesso nome. In altre, la strega è una sola.
Si mormora che viaggi per la foresta a bordo di un mortaio gigante. Oltre che come mezzo di trasporto, lo usa anche, assieme a un pestello, per triturare le ossa degli esseri umani che divora.
Se necessario, può staccare le sue mani dal resto del corpo e inviarle a svolgere vari compiti.
Non è del tutto malvagia e può aiutare con la propria saggezza chi cerca il suo aiuto, a patto che porti a termine degli incarichi per lei. Chi cerca di ingannarla, tuttavia, finisce per essere ucciso, cucinato e mangiato.

Kon, il dio della pioggia e del vento – Pillole di Folklore # 61

Gli Inca veneravano Kon, il cui nome originale era Kon Tiqui, come la divinità della pioggia e del vento proveniente dal sud. I suoi genitori erano Inti, il dio del sole, e Mama Quilla, la dea della luna che forniva protezione alle donne sposate. Aveva un fratello, Pachamacac, il quale era il dio Inca della creazione.

I due un giorno si scontrarono, forse per determinare chi fosse il più potente, e la vittoria andò a Pachamacac. Kon venne quindi esiliato dall’impero Inca e rimandato a nord, da dove proveniva. Andandosene, portò con sé la pioggia ed è per questo motivo che la fascia costiera del Perù è arida.

Per approfondire:

https://www.lifepersona.com/what-is-the-myth-of-kon