Tra le piante velenose, lo stramonio si distingue perché non ci prova nemmeno a sembrare innocente. Di giorno i suoi fiori appaiono avvizziti, mentre di notte si aprono ed emanano un odore disgustoso, sgradito persino agli animali meno schizzinosi. Le foglie dentate ai margini e i frutti coperti da fitti aculei completano il quadro poco rassicurante.
Se assunto in dosi eccessive, lo stramonio causa una grave intossicazione. La morte è preceduta da sete inestinguibile, dilatazione delle pupille e continui conati di vomito. Nei rituali religiosi era usato in quantità modiche, che comunque portavano con sé dei sintomi da non sottovalutare. Mezz’ora dopo l’ingestione si verificavano vistosi arrossamenti cutanei, tachicardia, febbre e ritenzione urinaria, oltre a distorsioni visive e allucinazioni. Questi ultimi effetti erano apprezzati dalle streghe e dai negromanti. Faceva parte delle pozioni che le fattucchiere preparavano in vista dei sabba, assieme alla mandragora e al giusquiamo, ed era anche usato per compiere dei sortilegi.
Le caratteristiche negative della pianta hanno favorito la sua associazione con gli esseri infernali, che si ciberebbero di stramonio per inebriarsi dei suoi effluvi disgustosi.