Il loto tra leggende e linguaggio dei fiori – Pillole di Folklore #77

Un fiore di loto in uno stagno

Nella mitologia indiana il loto che si schiude sulle acque rappresenta la genesi di Brahmā, il creatore demiurgo. Il fiore, sorto dall’ombelico di Vishnu, è rappresentato con mille petali dorati. Si parla, in questo caso, del loto cosmico, simbolo dell’aspetto materno e fecondo dell’Assoluto.

Nel Bhāgavata Purāṇa, testo sacro della tradizione induista, si narra di come Vishnu riposò per migliaia di anni su un uovo vuoto che galleggiava nell’oceano. Un giorno un loto luminoso e così grande da poter accogliere ogni essere vivente sorse dal suo ombelico e generò Brahmā, nato da se stesso. Il demiurgo attinse ai poteri di Vishnu e creò tutte le creature della Terra.

Il loto è associato anche alla divinità induista Lakshmi, grande Dea Madre e moglie di Vishnu. È onnipresente e rappresenta la parola, il pensiero, la gentilezza, la conoscenza, la prudenza, l’intelletto, la devozione, la creazione e la terra. Emerge dal mare su un loto e segue il marito nelle sue apparizioni sulla Terra, cambiando nome il base alle reincarnazioni dello sposo.

Poiché la Grande Madre non si limita a donare la vita, ma la toglie anche, il loto ha un legame anche con Kālī, la dea della morte, della distruzione e del cambiamento, consorte di Shiva. In una delle sue rappresentazioni più classiche, la divinità impugna una spada in grado di recidere l’errore e l’ignoranza, oltre a lacerare il velo della coscienza individuale. Nell’altra mano destra regge le forbici con le quali può tagliare il filo della vita. Nelle mani sinistre, invece, regge la coppa con il cibo che elargisce in abbondanza e il loto, il simbolo della generazione eterna.

Nel buddhismo, il nome di Padmapani, il maggiore dei bodhisattva, significa “colui che ha in mano il loto”. Prajñāpāramitā, la consorte del principe Gautama, siede sul fiore e alla sua sinistra un altro esemplare della pianta sostiene un manoscritto: la manifestazione letteraria della saggezza trascendentale. Il loto non ancora aperto è stato paragonato al cuore degli uomini, che può sbocciare solo quando si sviluppano le virtù del Buddha.

Nel buddhismo, inoltre, ogni varietà cromatica del loto corrisponde a uno stato spirituale. Quello bianco rappresenta la purezza mentale assoluta, propria solo di chi è degno di essere chiamato Buddha. Il loto rosa simboleggia il Buddha Siddhartha Gautama e nelle sette esoteriche è riservato alla più alta espressione della divinità. La variante rossa rappresenta la Grande Compassione del Buddha e dei bodhisattva. Il loto azzurro, infine, è associato all’intelligenza suprema. Poiché quest’ultima non può essere contemplata dai mortali, il fiore è sempre rappresentato chiuso.

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Autore: Alessandro Bolzani

Mi chiamo Alessandro e, oltre a essere un giornalista, sono l’autore del libro urban fantasy Cronache dei Mondi Connessi – I difensori del parco, edito da PAV Edizioni. Nel 2023 ho vinto il concorso Sogni di Fantasy 2 con il racconto Sylenelle, ladra di sogni. Collaboro anche con la rivista Weirdbreed, per la quale ho realizzato il racconto La carne più buona del mondo, alcuni articoli e delle interviste. Nel mio blog, Pillole di Folklore e Scrittura, parlo di libri, scrittura creativa, mitologia, credenze popolari e, in generale, di tutto ciò che mi appassiona.

2 pensieri riguardo “Il loto tra leggende e linguaggio dei fiori – Pillole di Folklore #77”

  1. Adoro scoprire il folklore di altri popoli e adoro vedere come certe immagini hanno una loro profondità. Sapevo del legame tra il loro e Lakshimi, ma non sapevo che fosse legato anche a Kali. È stato davvero interessante.

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