Natura vs cultura nei villain – il caso di Dahlia Hawthorne

Nella narrativa, i villain più memorabili non nascono mai per caso. Sono il risultato di un equilibrio instabile tra predisposizione naturale e influenze culturali. Analizzare questo binomio è fondamentale per comprendere come creare antagonisti credibili e sfaccettati. Uno degli esempi più riusciti è Dahlia Hawthorne nella saga di Ace Attorney, un personaggio che incarna perfettamente la fusione tra un’indole malvagia e un ambiente familiare tossico.

Cultura: il background di Dahlia, un peso economico per la sua famiglia

Fin dalla nascita, Dahlia viene considerata un peso economico. Figlia di un gioielliere ossessionato dal denaro e dal potere, la sua esistenza è vista solo come una spesa non necessaria. Il padre, per sua convenienza, tenta di sfruttare i legami con la cultura delle medium del villaggio di Kurain, incarnata in Morgan Fey, per trarre beneficio dalle sue figlie. Tuttavia, Dahlia e sua sorella gemella Iris nascono prive di poteri spirituali, rendendole inutili agli occhi di quella cultura mistico-utilitarista. La separazione è brutale: Iris viene inviata in un tempio, mentre Dahlia resta sotto l’ala del padre e di una famiglia adottiva fredda e calcolatrice.

Natura: il comportamento manipolatorio e crudele di Dahlia

Questo primo trauma plasma profondamente la visione del mondo di Dahlia. Cresciuta in un ambiente dove il valore di una persona si misura unicamente in termini di utilità economica, Dahlia interiorizza la convinzione che l’amore sia un concetto fittizio, una mera arma da usare per ottenere vantaggi. Non esiste per lei il concetto di affetto disinteressato: amare significa manipolare, controllare, trarre profitto. Dahlia non è semplicemente una vittima della sua educazione; è anche qualcuno che, fin da giovane, abbraccia con freddezza e convinzione questa filosofia spietata.

L’escalation di crimini di Dahlia Hawthorne e la nascita di un villain

Il primo vero atto di ribellione – o meglio, di affermazione di sé – è il furto del gioiello dal padre. Questo gesto non è solo una vendetta contro chi l’ha sempre trattata come un oggetto superfluo, ma anche l’inizio della sua discesa nella criminalità più subdola. Il furto rappresenta il primo passo di una serie di atti spregevoli che Dahlia commette con apparente disinvoltura. Non si limita a rubare: tradisce, inganna, uccide. Per Dahlia, gli altri sono semplicemente pedine stupide, strumenti sacrificabili per proteggere i suoi segreti e per continuare a ottenere ciò che desidera.

Il caso di Terry Fawles è emblematico. Dahlia, fingendo un amore devoto, lo manipola fino a coinvolgerlo in un piano che porterà alla morte di una giovane studentessa. Il tutto orchestrato con una freddezza che lascia trasparire non solo un totale disprezzo per la vita umana, ma anche una capacità di calcolo impressionante.

Eppure, il processo che ne segue segna una svolta: nonostante i suoi piani elaborati, Dahlia fallisce. Terry viene ingiustamente condannato, è vero, ma Dahlia non riesce a eliminare del tutto i sospetti su di lei. Una prima crepa si forma nella sua maschera di perfezione.

Da questo momento, Dahlia si trova invischiata in un ciclo di crimini e sconfitte. Ogni nuova mossa è un tentativo disperato di coprire il fallimento precedente. Ciò che rende affascinante il suo percorso è proprio questa continua serie di cadute: Dahlia non è un villain invincibile o onnipotente. Al contrario, i suoi piani spesso falliscono, viene smascherata, e ogni volta la sua frustrazione e la sua malvagità si fanno più acute, più disperate. Questa vulnerabilità è un elemento che la rende incredibilmente umana, pur nella sua mostruosità.

La natura perversa di Dahlia emerge in ogni relazione che intrattiene. Non prova mai empatia, nemmeno per chi la ama sinceramente. Utilizza la sua bellezza come strumento di seduzione, ma dietro ogni sorriso affascinante si cela un odio viscerale per chiunque osi fidarsi di lei. Dahlia disprezza la debolezza che percepisce negli altri, quella stessa debolezza che ha imparato a mascherare dietro una facciata impeccabile per sopravvivere a un’infanzia di abbandono e sfruttamento.

Nel corso della serie, è chiaro che Dahlia non cerca redenzione, né tenta di giustificare le sue azioni attraverso il suo passato doloroso. Questo è un aspetto cruciale: pur essendo indiscutibilmente una vittima delle circostanze familiari e culturali, Dahlia è anche una carnefice per libera scelta. Non si limita a reagire; agisce, con lucidità e ferocia. La cultura l’ha resa cinica e calcolatrice, ma è la sua natura che la spinge ad abbracciare il male con tale dedizione.

La morte fisica di Dahlia non rappresenta una vera fine per il suo odio. Il suo spirito, incapace di lasciar andare il rancore, cerca vendetta persino dall’aldilà, incarnandosi attraverso altri corpi pur di continuare la sua opera di distruzione. Questa ossessione finale chiude il cerchio: Dahlia è stata forgiata dalla crudeltà del mondo, ma è stata lei stessa a scegliere di diventare la mostruosità che è diventata.

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Autore: Gabriele Glinni

Esperto di informatica, amante della scrittura creativa. Autore di Ascend-ent e Descend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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