Radici, amore e diversità: viaggio nel cuore dell’Arbëria – La città degli Sconfitti ft. Ilina Sancineti

Benvenuti su Pillole di Folklore e Scrittura, lo spazio in cui le storie incontrano le tradizioni, e la parola scritta diventa ponte tra culture, tempi e vissuti.
Oggi abbiamo il piacere di ospitare Ilina Sancineti, autrice del romanzo La città degli Sconfitti – Memorie riflesse d’Arbëria, un’opera toccante che fonde il calore del Sud, le sfide dell’inclusione e la riscoperta delle radici. Un viaggio intenso, commovente e profondamente umano tra le montagne cosentine e l’identità di una giovane donna.

La sinossi:

“Filomena Guidi (per tutti Mimì) è una giovane e ancora ingenua aspirante insegnante friulana che al primo incarico di docenza viene catapultata dalla vivacissima e scintillante provincia di Udine a quella tranquilla e verace dell’entroterra cosentino.
Per una strana combinazione del destino, Mimì si ritroverà a svolgere la sua attività didattica in un Istituto (che i sammartinesi definiscono “La città degli sconfitti”) situato a San Martino di Finita, luogo di nascita dell’adoratissima nonna materna (Agnese) che a sedici anni ha dovuto abbandonare a malincuore per cercare fortuna al nord Italia.
Nel piccolo borgo italo-albanese, Mimì dovrà fronteggiare le comprensibili difficoltà di adattamento legate non solo alla diversità culturale e linguistica (San Martino è una piccola comunità arbëreshe nella quale si parla l’antico idioma di provenienza balcanica), ma anche alle problematiche di disabilità che affliggono i ragazzi dell’Istituto guidato dall’integerrimo direttore Cosimo Gramsci.
Grazie alla sua caparbietà ed alla sua dolcezza, presto Mimì stringerà rapporti di solida amicizia con il personale docente ed anche con i suoi allievi e finirà per innamorarsi di Demetrio Schirò, schivo e misterioso professore di arte con l’inusuale vezzo degli occhiali da sole.
Con il trascorrere dei mesi, Mimì verrà rapita dai profumi, dalle tradizioni, dalla passione di quel mondo così distante da quello di provenienza, ritroverà una vecchia amica della cara nonna e si scoprirà finalmente una donna completa ed appagata.
Le nubi di un tristissimo destino, tuttavia, si addenseranno presto sull’Istituto e la professoressa Guidi dovrà lottare con il dolore della perdita e l’amarezza della morte le quali, tuttavia, costituiranno il necessario passaggio per rendere sereno (seppure malinconico) il suo avvenire.
Il testo è redatto in prima persona e ambientato nell’Italia dei primi anni Novanta.”

Ilina, ci racconti com’è nata l’idea de La città degli Sconfitti? C’è un evento o una persona reale che ha ispirato la storia di Mimì?

L’idea de La città degli Sconfitti nasce a seguito di una personale intuizione legata al contatto diretto con la comunità arbëreshe della quale faccio ormai parte da quasi un decennio, essendomi trasferita proprio in un borgo di origini italo-albanese (Spezzano Albanese, Cosenza). La mia intenzione, con questo romanzo, è quella di dare lustro a comunità che, purtroppo, a causa di un progressivo e inesorabile spopolamento, rischiano di scomparire assieme alle loro preziosissime e antichissime tradizioni. La città degli Sconfitti – Memorie riflesse d’Arbëria è un libro della memoria, se così si vuole definire, redatto con la viva speranza di continuare a tramandare le peculiarità e le specificità di comunità semplici ma operosissime alle successive generazioni.

San Martino di Finita e la cultura arbëreshe sono protagonisti silenziosi ma fondamentali del romanzo. Qual è il tuo legame personale con questa comunità e quanto è stato importante per te raccontarla?

Ad essere sincera, non conoscevo San Martino di Finita prima di scrivere il romanzo. Per la sua ambientazione, tuttavia, necessitavo di calarmi in una piccola realtà che rispondesse ad alcuni criteri che ritenevo di primaria importanza: scorci pittoreschi, popolazione accogliente, luogo pressoché sconosciuto ai più. E San Martino di Finita rispecchiava in toto ciò che stavo ardentemente ricercando. Dal momento in cui ho visitato il borgo, mi sono innamorata di ogni suo piccolo angolo, del calore che le persone che lo abitano mi hanno dimostrato e con le quali ho anche creato buoni rapporti di amicizia che permangono a tutt’oggi.

Nel romanzo affronti in modo molto delicato e autentico il tema delle disabilità, sia tra gli studenti che tra i docenti. Cosa ti ha spinto a inserire questo aspetto nella trama?

Ho sempre avuto un’attenzione particolare per le persone più fragili (forse perché fragile mi sento anch’io), per coloro che presentano delle specificità che li rendono unici rispetto a tutti gli altri. Con il volume ho inteso dare loro una voce diversa e ancora più squillante nella piena convinzione che la disabilità (qualsiasi natura essa abbia) non costituisce mai un limite invalidante quanto, piuttosto, un connotato migliorativo della persona, capace di esercitare la propria benevola influenza anche su coloro che vi vengono a contatto.

Il personaggio di Demetrio Schirò, con i suoi occhiali da sole e il mistero che lo avvolge, è molto affascinante. Come lo descriveresti in tre parole e che ruolo gioca nella trasformazione di Mimì?

Demetrio è il personaggio chiave della vicenda: è carismatico, pieno di mistero ma, allo stesso tempo, profondamente fragile e tormentato dai tristissimi ricordi di un passato che lo ha reso insicuro. L’incontro con Mimì è arricchente per entrambi: l’amore che sboccia tra loro risana le cicatrici di Demetrio e instilla sicurezza e spavalderia in Mimì che, da dolce e ingenua ragazzina di città, si trasforma gradatamente in una donna appassionata e piena di coraggio.

La narrazione in prima persona dà voce diretta all’anima di Mimì. Quanto c’è di te in lei e quanto è stato difficile o liberatorio scriverla così intimamente?

Ho costruito il personaggio di Mimì facendo leva su alcune particolarità del mio carattere: caparbietà, dolcezza, resilienza. Da questo punto di vista, appariamo piuttosto simili. Alcuni passi del romanzo che hanno del drammatico (ma che qui non svelerò!) mi hanno così impegnato dal punto di vista emotivo che “staccarmi” dalla narrazione è stato come dire addio ad un caro amico. Ma l’intento, sebbene doloroso, era proprio questo. Difatti, La città degli Sconfitti – Memorie riflesse d’Arbëria è dedicato ad una carissima amica scomparsa tragicamente in un incidente stradale nel 2023.

Il romanzo è ambientato nei primi anni Novanta. Quali elementi di quell’epoca hai voluto portare in evidenza e cosa pensi che il lettore di oggi possa imparare da quel periodo storico?

Ho pensato di ambientare il testo negli anni Novanta perché rappresentano il periodo più aderente al fine narrativo che mi ero posta: abbattere pregiudizi e stereotipi. Gli anni Novanta, infatti, non sono solo quelli delle grandi compagnie (per citare gli 883) o dei must della moda e dell’industria (più volte descrivo l’auto posseduta da Demetrio, una Renault 5). È anche il decennio dei primi sconvolgimenti politici connessi all’emergente piaga della mafia di Cosa Nostra, degli attentati alla democrazia e ai poteri dello Stato, dei primi fenomeni migratori. Questioni che causano un collettivo senso di smarrimento, di tensione e di intolleranza verso ciò che è “diverso da noi”. Per questo, con La città degli Sconfitti – Memorie riflesse d’Arbëria, spero di lasciare ai lettori l’insegnamento fondamentale che ogni individuo dovrebbe trarre dalla propria vita e che più volte ha richiamato anche Papa Francesco durante il suo pontificato: l’isolamento non aiuta, da soli non si è in grado di percorrere alcuna strada. Per crescere è indispensabile il sostegno reciproco e il supporto verso il prossimo, soprattutto se versa in situazioni difficili. Perché solo il confronto con i propri simili è in grado di arricchire veramente l’umanità.

La città degli Sconfitti è un romanzo che vibra di emozioni autentiche, di inclusione e di appartenenza. Una storia che parla al cuore e che ci ricorda quanto sia importante accogliere le diversità e riconciliarsi con le proprie radici.
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Autore: Gabriele Glinni

Esperto di informatica, amante della scrittura creativa. Autore di Ascend-ent e Descend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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