Bentornati su Pillole di Folklore e Scrittura, il blog dove storie intense e personaggi indimenticabili si incontrano. Oggi abbiamo il piacere di ospitare Valeria Dainese, che ci conduce nel cuore di una saga familiare intrecciata a misteri e memorie spezzate. Nel suo romanzo, Dakos, il mito di un eroe si incrina, rivelando verità tanto sconvolgenti quanto liberatorie. Seguiteci nella storia della famiglia Kissamou, tra passato, sogni e segreti che cambiano tutto.
Valeria, ci racconti com’è nata l’idea di questa storia? È arrivata prima la figura del “dottore” o quella delle gemelle Ester e Antea?
I primi personaggi di “Dakos” a prendere forma sono stati Andros Kissamou, il “dottore”, e Thomas, suo nipote. Sono nati insieme, da un incontro reale, avvenuto sull’isola di Creta. Ero in viaggio in quella terra meravigliosa e soggiornavo nei pressi di Sitia. Il mio appartamento era gestito da un’anziana signora greca che, in quei giorni, ospitava anche suo nipote, un ragazzino sui 12 anni, biondo con gli occhi azzurri. Lei gli parlava in greco stretto, lui le rispondeva veloce in inglese. Non so come, si capivano. Così, con qualche modifica funzionale alla storia, ho delineato i primi personaggi del romanzo.
Le gemelle sono venute dopo e, per alcuni aspetti, sono ispirate a una coppia di sorelle, mie care amiche.
Il mito dell’eroe, così centrale nel romanzo, viene messo profondamente in discussione. Quanto ti affascina il tema della “verità nascosta” nella vita e nella narrativa?
Nel libro i personaggi cercano di nascondere – agli altri ma, tante volte, anche a se stessi – la realtà dei fatti, per convenienza o quieto vivere. E lo fanno, soprattutto, indossando maschere. Ora, la mia storia di autrice nasce in ambito teatrale, il concetto di maschera mi accompagna da sempre, e questo potrebbe aver influito sulla mia produzione successiva. In più, se pensiamo ancora a Creta, la mitologia è piena di episodi in cui travestimenti e sotterfugi manovrano gli eventi. Ne fanno ricorso perfino gli Dei dell’Olimpo, figuriamoci gli uomini!
Una delle caratteristiche più interessanti della maschera è la sua doppiezza: può aiutarci a passare indenni attraverso i tumulti della vita con il rischio, però, di rimanerci incollata addosso. È una questione complessa ma di cui tutti, prima o poi, hanno esperienza diretta. Insomma, penso sia un tema che – oltre me – possa appassionare il lettore.
Creta e l’eco della Battaglia di Creta sono molto presenti nel romanzo: che tipo di ricerca storica hai affrontato per rendere autentica l’ambientazione?
Credo sia molto importante il viaggio sul posto, la visita dei luoghi e dei monumenti per capire meglio quello che si può leggere sui libri o nei documenti storici (materiali che oggi, rispetto al passato, sono più facilmente reperibili tra biblioteche e librerie, sia fisiche che virtuali). In rete sono disponibili anche numerosi documentari e podcast che, prestando un po’ di attenzione all’autorevolezza degli autori, possono essere d’aiuto. Ovviamente, quando si scrive un romanzo storico vero e proprio, è necessario un approfondimento maggiore ma, nel mio caso, si tratta solamente di un’ambientazione. Per cui – fatta salva la correttezza di date e avvenimenti – la mia attenzione si è concentrata su tutto ciò che potesse aiutarmi a ricreare la giusta atmosfera: profumi, suoni, paesaggi e ovviamente sapori!
La cornacchia, con il suo ruolo enigmatico, aggiunge una dimensione quasi onirica alla trama. Come hai deciso di inserire questo elemento simbolico?
Leggendo un libro sulla mitologia greca che mi era stato regalato. Nelle metamorfosi di Ovidio, c’è una storia in cui una cornacchia fa una brutta fine perché scopre e rivela una verità scomoda. Mi è sembrata una figura interessante e, approfondendo la questione, ho scoperto che anche in altre culture la cornacchia è un animale messaggero, talvolta portatore di presagi. Magicamente, tutto riconduceva alla trama che stavo sviluppando.
Le vite di Ester e Antea sono diversissime, eppure unite da un dolore comune. Come hai lavorato alla costruzione psicologica di queste due protagoniste?
Come accennato prima, Ester e Antea rappresentano due opposte forze vitali: il dionisiaco e l’apollineo. Come dire: la ragione e il sentimento, il dissidio che scuote da sempre l’animo degli uomini. “Dakos” è stato scritto nel periodo del Covid, un momento particolare, in cui (credo) molte persone si sono trovate a fare i conti con se stesse, i propri desideri e i limiti imposti dalla situazione. Ester e Antea, gemelle divise dalla vita, sono come due facce della stessa persona.
Senza svelare troppo… credi che scoprire la verità sia sempre un atto liberatorio, oppure può anche essere distruttivo?
Non è tanto il fatto di scoprire la verità in sé, quanto sforzarsi di capire le motivazioni che stanno dietro ai gesti. Credo che questa sia la chiave per capirsi, interpretare al meglio le situazioni e vivere positivamente le relazioni. Non è facile, lo so! Infatti, i personaggi di “Dakos” non sono proprio dei campioni in questo… lo scoprire leggendo.
Grazie a Valeria Dainese per averci aperto le porte di una storia intensa, in cui i confini tra ciò che crediamo e ciò che è davvero si fanno sottilissimi.
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