Beh, un’altra analisi per lo stesso personaggio, ma guarda un po’!
Phoenix Wright non è l’angelo di porcellana che molti si ostinano a dipingere. È un bugiardo selettivo, un ironico silenzioso che ti offre un sorriso educato mentre dentro di sé esprime giudizi su tutto e tutti. Eppure, proprio questa dicotomia è ciò che lo rende uno dei protagonisti più riusciti e longevi nel panorama videoludico e narrativo.
Quindi, se anche tu vuoi creare un personaggio riservato che funzioni — non uno di quei figuranti piatti che “parla poco perché è misterioso” (à la Sasuke) ma di fatto non ha nulla da dire — allora mettiti comodo. Analizziamo insieme la lezione di scrittura dietro il buon Phoenix e vediamo come non farti sgamare dal lettore mentre tessi trame di segreti e allusioni.
La regola d’oro: la riservatezza deve avere un motivo (credibile)
Partiamo dalla base: un protagonista riservato è uno che, per carattere o circostanze, non dice tutto ciò che pensa. Ma perché? La riservatezza narrativa senza radici psicologiche è una scorciatoia pigra: se Phoenix Wright non fosse stato segnato da tradimenti (come dal caro Kristoph), colpi di scena devastanti (un saluto a Dahlia, regina delle serpi) e una carriera sempre in bilico tra successo e discredito, non avrebbe senso che nascondesse metà di ciò che sa.
Un segreto regge solo se il lettore accetta che quel personaggio, e non un altro, farebbe proprio così. Nessuno sopporta un silenzioso cronico senza motivi solidi: o è trauma, o è orgoglio, o è una strategia narrativa — e tutti questi devono emergere, anche se tra le righe.
POV: quando l’interno smentisce l’esterno
Phoenix può essere definito unreliable narrator. Da fuori è cortese, a volte buffo, spesso sprovveduto. Ma dentro? Dentro è un continuo roasting di testimoni, avversari e a volte pure dei suoi assistenti.
Questo contrasto è oro narrativo: mostra due Phoenix contemporaneamente. Uno è l’avvocato ideale che crede per lavoro alla buona fede di tutti; l’altro è un cinico calcolatore che scandaglia ogni parola per smascherare bugie. La lezione: usa il POV interno non come una cronaca ridondante di ciò che già vediamo, ma come una fucina di giudizi, paure, dubbi e sarcasmo.
Se la mente del personaggio non aggiunge nulla di nuovo, tanto vale chiuderla a chiave e lavorare solo sui dialoghi.
Non confondere riservatezza con piattezza
Errore comune: confondere il protagonista riservato con un protagonista vuoto. Un personaggio che non dice nulla perché non ha nulla da dire non è enigmatico: è noioso. Phoenix Wright ha una voce interna pungente e spesso contraddittoria: per questo i giocatori non si stancano mai di seguirlo.
Lo stesso vale in narrativa: la riservatezza non è silenzio di pensiero, ma silenzio di parola. Nei tuoi capitoli, il lettore dovrebbe ridere, indignarsi o compatire leggendo ciò che il protagonista pensa ma non osa dire. Se questo strato manca, stai creando un manichino muto, non un investigatore di anime.
Mostrare il divario tra ciò che il personaggio sa e ciò che gli altri ignorano
In Justice for All, Phoenix sa bene che Edgeworth è scomparso, ma non si confida con nessuno. In Apollo Justice, sa esattamente chi è Vera Misham e perché è importante, ma costruisce un teatrino di mezze verità (ed è il motivo per cui personalmente ritengo il Phoenix di Apollo e quello successivo abbastanza simili, seppur di difficile interpretazione). Questo tiene in piedi la tensione: lo spettatore/lettore sa che Phoenix sta bluffando, ma non sa quanto. E non lo sanno mai nemmeno i suoi avversari: né in tribunale, né quando giocano a poker.
Mantenere segreti credibili è un’arte di sottrazione: rilascia indizi a goccia, usa sguardi sfuggenti e battute a metà, ma evita la trappola di spiegare tutto nei monologhi interiori. Un protagonista riservato funziona perché il lettore si diverte a indovinare i pezzi mancanti. Se li sveli tutti subito, addio mistero.
Il sarcasmo come arma di caratterizzazione
Una delle frecce più sottovalutate di Phoenix è il sarcasmo: spesso è involontario, altre volte è spietato. Eppure raramente lo dice ad alta voce. Il sarcasmo interno è un ottimo strumento per umanizzare un personaggio riservato: mostra che sta giudicando, che ha opinioni e che non è semplicemente un burattino sospeso tra due pose pensierose.
E non è solo un tratto comico: aiuta a tenere il lettore dalla sua parte, perché chi non ama leggere un protagonista che mentalmente manda tutti a quel paese mentre sorride?
A cosa fare attenzione: la coerenza
Attenzione, però: la riservatezza non deve diventare un alibi per incoerenze di trama. Se Phoenix sapesse una verità che risolverebbe un caso immediatamente ma decide di tacerla senza alcun motivo, il giocatore si sente preso in giro. Un buon segreto deve complicare la situazione, non congelarla artificialmente.
I vantaggi di un protagonista riservato
- Tensione costante: se non sai cosa sa, non sai cosa aspettarti.
- Dualità di interpretazione: puoi leggere un gesto o una frase in due modi diversi, a seconda di ciò che conosci del suo POV.
- Empatia calibrata: segui un personaggio pieno di difetti, ma lo capisci perché sei l’unico a sentire i suoi veri pensieri.
Phoenix Wright dimostra che un protagonista riservato non è solo “un tipo silenzioso”, ma un intero universo nascosto dietro un sorriso. È un narratore che filtra la verità, un attore che recita per gli altri personaggi e un confidente solo per il lettore.
Vuoi replicare la magia? Costruisci un passato che giustifichi il silenzio, un POV che dica più di quanto mostra, e un sarcasmo pungente come la lama di un cross-examination.
Fallo bene e nessuno ti accuserà mai di avere scritto l’ennesimo misterioso senza spina dorsale.


