Mi piacerebbe dire che il quarto caso della saga di Wolf Lonnie: Ace Attorney sia solo “importante”. Ma la verità è che è stato un punto di rottura. Uno spartiacque. Il caso in cui, da adolescente, ho smesso di scrivere a caso. Dove la leggerezza dei casi precedenti è evaporata come il fumo di un’esplosione.
Questo è il caso in cui Ayane muore.
Ed è anche quello in cui Cruel Totarness – o meglio Thomas Lonnie, padre di Wolf – rivela tutta la sua follia e il suo sadismo in un crescendo teatrale, filosofico e profondamente disturbante.
È il caso in cui Wolf perde tutto e inizia la vera storia e il motivo per cui la mia saga venne tanto amata.
Il caso
Si apre con l’esplosione della casa di Leonard Taubey, il padre di Ayane, da tempo separato dalla moglie, e il crollo di un teatro lì vicino, sempre dovuto all’esplosione. Wolf viene coinvolto nel crollo del teatro e messo KO. Viene accusato Kristoph Gavin, e Wolf, ricoverato chiede a Blade di difenderlo.
(se state per chiedere perché Gavin non si difende da solo, semplicemente il me stesso 15enne non pensò a tale possibilità)
C’è un primo processo molto rocambolesco in cui Blade ha Ayane come assistente e se la vede contro Lana Skye (che sta seguendo la pista per cui Gavin ha incastrato Wright con la prova falsa). Unica nota comica: un personaggio di nome Alfredo Pasted che, oltre a essere il domestico con manie di protagonismo di Blade, per motivi chiari solo a lui, fa falsa testimonianza contro Gavin. Per ora tenete a mente Alfredo perché ahimè tornerà in altre storie.
Nel corso del processo salta fuori una prova che rimanda al caso AAT-5 (introdotto nel secondo caso da Cruel Totarness).
I due si riuniscono a Wolf, convalescente, e iniziano a scoprire cosa c’è dietro l’esplosione, e la verità sul caso AAT-5, avvenuto tanti anni prima, di cui Wolf stesso non sapeva i dettagli (se non quelli raccontati da Kristoph, suo avvocato).
Il caso AAT-5, in cui Wolf è stato l’imputato, ha riguardo la distruzione della casa dei Lonnie per mano di Cruel Totarness, come parte di un piano per inscenare la morte della famiglia e far ricadere la colpa su Wolf.
Della famiglia Lonnie, composta da Wolf, Saria (la sorella), Thomas (il padre), Ivy (la madre) e Alfredo (il domestico), è rimasto solo Wolf.
Durante il processo, si scopre che Cruel è dietro le quinte, e nel momento in cui la verità comincia a emergere, fugge dal tribunale, lasciando Wolf e Kristoph a raccogliere i cocci.
Ma cosa più inquietante di tutte, è il numero di vittime… e chi non è stato dichiarato tale. Wolf, Ayane e Blade scoprono, indagando su questo dettaglio, che l’identità di Cruel è nientemeno che Thomas Lonnie, il padre di Wolf.
Wolf si troverà infatti costretto, il giorno dopo, ad affrontare suo padre per rivelare questa verità e quanto avvenuto a Leonard Taubey, ma non sa cosa sta per succedere.
Wolf si oppone con tutte le forze al padre per dimostrare che il caso è stato un suicidio istigato, che Thomas ha costretto Leonard a suicidarsi per proteggere la figlia. Ma fallisce nel farlo. E questo fallimento porta al punto successivo.
La morte di Ayane
Non c’è modo di edulcorare questa parte. Ayane muore.
Non in modo ambiguo o “forse è sparita, vedrai che torna”. Muore davanti agli occhi di Wolf, colpita da un proiettile che, metaforicamente e letteralmente, taglia il legame più importante della sua vita.
Wolf, impotente, assiste alla morte della sua assistente, amica d’infanzia e migliore amica, per mano di suo padre. Per chi era fan di Ace Attorney, vedere l’assistente uccisa così senza tanti fronzoli, fu una rivoluzione, e la prima, vera rivoluzione che attuai a livello di scrittura.
Nei capitoli successivi al processo, ho riversato tutta la mia inesperienza adolescenziale nel dolore di Wolf, che è diventato un tema centrale del personaggio continuando con la serie.
Scrivere la sua crisi, la nausea, l’apatia, il tentativo disperato di dimenticare scrivendo… fu catartico.
Ayane era il simbolo dell’infanzia di Wolf. Del lato tenero, del passato ancora con un pizzico di luce. Con la sua morte, muore anche tutto quello.
E anche se io, da autore, non l’avevo “pianificata” con razionalità, lo shock che produsse nella storia fu talmente forte da costringermi a iniziare davvero a pensare a una trama. Fu lo schiaffo che mi serviva per crescere come autore.
Thomas Lonnie / Cruel Totarness: il padre di tutti i problemi
In questo caso viene fuori lui.
Non più solo come detenuto inquietante, ma come vero villain di lunga data. Thomas Lonnie prende il centro della scena e diventa una figura ambigua, filosofica, a tratti quasi “allenatore perverso” del proprio figlio.
È stato lui a:
- Ordinare la morte di Betty.
- Costringere Leonard Taubey al suicidio.
- Orchestrare tre anni di formazione e manipolazione su Wolf.
- Spingere Kristoph Gavin in un angolo.
- … tutto, in pratica.
Ma quello che rende Thomas davvero disturbante non è solo cosa ha fatto, ma come. È lucido. È mefistofelico.
Non si limita a essere un assassino: si presenta in aula con una pistola, gestisce il processo come fosse una partita a scacchi didattica e chiude il tutto dicendo “Questo era solo un test. Ci sono cose molto peggiori là fuori. Buona fortuna, figlio mio.”
Una figura grottesca e teatrale, che diventerà iconica nella saga. E, onestamente, uno dei villain più interessanti che abbia mai creato.
Blade Swordmaster: l’amico che resterà tale
In questo caso, Blade cambia. Non è più solo il rivale muscoloso con l’anima da Soul Calibur, spaccone e che si crede un nobile negli anni 2000.
È un uomo che si ritrova a proteggere Wolf, ma anche ad affrontare le sue debolezze.
Blade mostra empatia, rabbia, e inizia a diventare un alleato. Un alleato che non smetterà mai di essere vicino a Wolf, neppure quando questi, più in là con gli sviluppi, si allontanerà da tutti. È uno dei primi sviluppi caratteriali “seri” che ho dato a un personaggio secondario, e in retrospettiva è uno dei più azzeccati.
Un caso scritto con consapevolezza crescente
Scrivere Verità congiunte fu faticoso, anche se a tratti quasi inconsapevolmente.
Non avevo ancora tutti i dettagli chiari, ma sapevo che questo doveva essere il momento in cui tutto cambiava.
C’era rabbia. C’era dolore.
E c’era voglia di uscire dal loop “Ace Attorney ma scritto da un quindicenne”.
Con questo caso, iniziai a fare davvero worldbuilding.
La saga di Wolf Lonnie smette di essere solo “una serie di processi” e inizia ad avere un mondo narrativo proprio, cupo e in continua evoluzione.
Il colpo finale: il senso di vuoto
Il capitolo extra sulla nave, dopo il processo, è un pugno nello stomaco.
Wolf è devastato. Ayane non c’è più. E Thomas se n’è andato come se nulla fosse.
Le pagine che scrive da solo, sotto il sole cocente, parlando con se stesso, con i ricordi, con i fantasmi… sono tra le più forti che abbia mai scritto in quegli anni.
E sì, c’è del melodramma. Ma anche una sincerità che non riuscirei a replicare oggi.
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