Benvenuti! Un’appassionata di equitazione, Cristina Cenciarelli, ha accettato di partecipare a una conversazione su questo antico ed elegante sport: cosa si prova a praticarlo, come lo si vive e il rapporto con il proprio cavallo.
Per cui, ti ringrazio anzitutto per la partecipazione, Cristina! Raccontaci com’è nata la tua passione per questo sport, e come si è evoluta.
Grazie a te per questa opportunità! Ho amato i cavalli fin da piccola, non c’è stato un vero fattore scatenante: mio nonno materno, che non ho mai conosciuto, lavorava nei carabinieri a cavallo e mia madre ha cavalcato per diverso tempo, quindi si può dire che in qualche modo lo avessi “nel sangue”. La prima volta che sono salita su un cavallo è stata proprio nel maneggio dove mia madre lavorava e prendeva lezioni, a Pisa. Avevo tre anni e mi fecero salire su un cavallo da volteggio altissimo (sarebbe altissimo per me anche adesso, quindi lo era sul serio): ne rimasi estasiata e da quel momento ogni occasione divenne buona per salire a cavallo.
In un parco vicino casa mia, molti anni fa, c’era un signore con diversi pony che trainavano una piccola carrozza e permetteva ai bambini di sedersi o all’interno o sui pony stessi. Inutile dire che io ero sempre in sella ogni volta che lo incontravo, per buona pace dei soldi dei miei genitori. Da lì la vera svolta è avvenuta nell’estate del mio ultimo anno alle elementari: iniziai a frequentare un maneggio in Toscana, dove abbiamo una casa, e due anni dopo riuscii a convincere i miei genitori a portarmi a cavallo anche a Roma, dove ho intrapreso quasi subito la carriera agonistica. Per tutto questo devo ringraziare mio padre, che anche se terrorizzato dai cavalli ha imparato a cavalcare pur di accompagnarmi nelle mie prime passeggiate in campagna e soprattutto ha finanziato questa mia ossessione fin dall’inizio. Scusa papà, senza di me probabilmente oggi avresti una Ferrari.
Nel corso del tempo, quali strategie hai imparato per praticare al meglio questa disciplina? A quali preparativi presti attenzione? E quali tecniche hai appreso?
L’equitazione è uno sport molto particolare: per quanto sia individuale, in realtà si è sempre in due, non sempre si è d’accordo o ci si comprende e per questo le cose più importanti da padroneggiare per avere successo sono la pazienza e la sensibilità. La prima perché si lavora con un compagno che ragiona di testa propria e che comunica in modo diverso da noi, la seconda proprio per ovviare a queste differenze e stabilire una comunicazione costante ed efficace con il proprio cavallo: in questo sport bisogna accettare il fatto che a volte le cose andranno più male che bene e che, anche se facciamo del nostro meglio, non sempre tutto funzionerà come deve. Per questo ho imparato (anzi, ci sto ancora lavorando) a non avere aspettative e semplicemente “godermi il viaggio”, tanto più perché lavoro con un cavallo recuperato da una situazione difficile, e prima di montare a cavallo oltre che fare attenzione al suo benessere per me la cosa più importante è diventata gestire la mia mente e liberarmi dall’ansia e dalla tensione. I cavalli sono animali molto sensibili, assorbono le nostre emozioni come spugne e le moltiplicano in sé stessi: per questo, per quanto sembri banale, per avere un cavallo sereno la cosa più importante è avere un cavaliere sereno e consapevole. E non si finisce mai di imparare.
Che sensazioni provi andando a cavallo?
È difficile spiegare cosa si prova andando a cavallo. Le sensazioni possono essere moltissime, dalla soddisfazione per essere riusciti in qualcosa alla paura quando si teme di aver perso il controllo della situazione ma mi azzarderei a dire che quella più totalizzante è la libertà. Probabilmente nessuno di voi ha mai galoppato su un cavallo, alla massima velocità, su una spiaggia deserta: è qualcosa che si può avvicinare alla sensazione di guidare una macchina con i finestrini abbassati in un giorno caldo di primavera, il sole sul parabrezza e il vento tra i capelli, nel momento in cui ti guardi intorno e pensi “è arrivata l’estate”. È un senso di libertà, serenità e pace con il mondo, che a cavallo è amplificata dal contatto con la natura e con un animale tanto nobile.
Parlaci dei tuoi cavalli preferiti. Perché ti trovi bene con loro, e come vivi il vostro rapporto?
Nella mia vita ho montato decine di cavalli, ma ce ne sono solo due nel mio cuore. Il primo, Fortunato, era uno dei tanti “cavalli della scuola” qui a Roma. L’ho conosciuto quando ero in seconda media nel 2010 ed è stato con me, pur non essendo mio, fino al 2018, quando è stato ritirato dalle lezioni. Ora è felice in pensione, a brucare in un campo d’erba enorme, vicino Massa Carrara e progetto di andarlo a trovare il prima possibile. Il mio secondo cavallo del cuore è il mio attuale cavallo: l’ho conosciuto ancora prima di Fortunato, in Toscana, perso nel 2012 perché venduto e ritrovato (e comprato!) nel 2015, tre anni dopo, senza averlo visto per tutto quel tempo. L’ho cercato, trovato e pagato senza nemmeno sapere se fosse in salute: la storia è molto lunga, ma è la mia preferita. Comunque nessuno dei due è mai stato un cavallo di altissimo livello o di facile gestione, entrambi avevano e hanno un carattere molto difficile, ma si sa che quando scatta la scintilla tutto il resto è secondario. Entrambi hanno in me una fiducia che non hanno in nessun altro e allo stesso modo io mi fido di loro come nessuno ha mai fatto. Il rapporto con loro era ed è tutt’ora totale, identitario: loro sono un pezzo di me, forse io di loro e saranno sempre legati a me a filo doppio, anche se ha fatto e farà male non vorrei mai che fosse diverso da così.
Hai mai partecipato a delle gare? Se sì, raccontacele un po’.
Certo! Ho partecipato a diverse gare, non molte per questioni economiche, ma sono sempre state bellissime esperienze. Nella mia prima gara non ho brillato: o meglio, ho brillato finché non ho dimenticato dove si trovasse l’ultimo salto del percorso. Che tristezza. Per fortuna quest’esperienza mi ha lasciato un trauma tale che il percorso non l’ho dimenticato più e le cose sono andate sempre meglio! Le mie soddisfazioni più grandi sono state l’aver portato alle sue prime gare una cavalla del mio maneggio molto giovane, che tutt’ora adoro, ma soprattutto due gare in particolare con il cavallo di cui vi ho parlato prima, Fortunato. Lui era solito far cadere chiunque prima ancora di iniziare a saltare causandone l’eliminazione, quindi nessuno aveva grandi aspettative, ma noi abbiamo portato a casa tre bei percorsi senza che il simpatico erbivoro cercasse di assassinarmi. È questo che intendo quando parlo di legame e fiducia. Adesso sono più di due anni che non gareggio, per via dei soldi e perché il mio cavallo non è pronto, ma spero di poterlo fare presto e di poter portare proprio lui. Le cose più difficili da gestire saranno la sua ansia e soprattutto la mia, ma come ho già detto prima non si finisce mai di imparare, quindi troveremo un modo. Ci stiamo lavorando!
Bene, di nuovo ti ringrazio di nuovo tantissimo, Cristina! Ringrazio per l’aiuto con la stesura dell’articolo anche la mia ragazza, Emanuela 😊
Grazie a voi, ciao!