La città incantata – Recensione

La città incantata (Sen to Chihiro no kamikakushi) è un pluripremiato film diretto da Hayao Miyazaki, uscito per la prima volta nel 2001. E’ un’opera che si presta a vari livelli di lettura ed è carica di simbolismi, molti dei quali connotati culturalmente e dunque non sempre rilevabili da un pubblico occidentale. Per via della sua atipicità, lascia una forte impressione nello spettatore anche nei giorni successivi alla visione, proprio come fanno alcuni sogni. La scenografia è straordinariamente varia e ricca di dettagli, negli interni curati come nei paesaggi suggestivi; bellissime le scene contemplative. L’autore è allusivo e lascia campo libero alla fantasia del pubblico: non spiega tutto né dell’universo che ha creato né dei personaggi.

La storia è quella della piccola Chihiro che, in procinto di traslocare, si trova catapultata in uno stabilimento termale per spiriti, i genitori trasformati in maiali dalla strega Yubaba. Al di là dell’elemento magico, l’unicità sta nel fatto che degli spiriti frequentino dei bagni, paghino per questo e ci siano moltissimi dipendenti pronti a soddisfarli. Sono spiriti che arrivano in barca, mangiano e passeggiano in un miscuglio di soprannaturale e quotidiano, una rielaborazione onirica della realtà dove l’attaccamento al denaro gioca un ruolo importante. La pioggia che genera un mare meraviglioso, la vecchia Yubaba madre di un neonato ipocondriaco, un treno che non torna mai indietro, sono del tutto plausibili per un sognatore: c’è un fortissimo stacco tra l’iperrealismo dell’incipit, quando Chihiro e i suoi genitori, famiglia del 2000, partono per la loro nuova casa, e tutto ciò che viene mostrato dopo.

Chihiro è una protagonista atipica, poiché non ha nulla di eroico: lagnosa, paurosa, senza particolari qualità, imbranata. Questa sfilza di debolezze la rende molto credibile: sono umane le reazioni che ha di fronte alla situazione paradossale in cui si trova ed è normale la frustrazione che prova per un trasloco non voluto e dei genitori che, in forma umana o suina, non la ascoltano.

L’evoluzione che la porta a crescere nel corso della storia non la snatura. Chihiro potrebbe essere chiunque, una bambina qualunque che contando sulla propria forza d’animo supera le più grandi difficoltà. Come tutti, ha bisogno di aiuto, un aiuto che, se necessario, va preteso da chi è in grado di darlo. La più grande sfida che deve affrontare è la sfida di tutti noi, quella di non lasciarsi rubare l’identità dalla società, in questo caso controllata da Yubaba, che rispetta fedelmente le dure regole che impone. Lin, Kamaji e gli altri dipendenti di Yubaba sono schiavi della strega perché non sanno più chi sono; Senza Volto un’identità non la possiede affatto e forse anche per questo è percepito come una minaccia; il misterioso Haku, personaggio chiave, regalerà il più inaspettato e potente colpo di scena.

L’acqua è un elemento che ricorre ossessivamente. E’ un simbolo importante, carico di significati e legato all’inconscio. Il  messaggio ambientalista finale è proprio legato all’acqua e, nel gettare nuova luce sulla storia, sembra aprire uno spiraglio nell’inconscio non solo dei personaggi ma anche dello spettatore.

Autore: Camilla Vecchione

Mi chiamo Camilla Vecchione, la mia passione è leggere e amo scrivere. Dopo il Liceo Classico mi sono laureata in Lingue e Culture straniere. Per Pillole di Folklore e Scrittura mi occupo di recensioni.

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