Call Me By Your Name di André Aciman è un’opera che mi ha travolto. Prima di immergermi nelle pagine del libro, ho visto il film diretto da Luca Guadagnino, e sono rimasto attonito e turbato dalla moltitudine di sentimenti che ha suscitato in me. Una storia d’amore, ambientata in un’estate italiana, ha lasciato un’impronta indelebile nel mio animo, spingendomi a comprare il libro in francese poiché vivevo in Belgio.
La trama è apparentemente semplice ma intensamente profonda: è l’estate del 1983, Elio, un adolescente di 17 anni, trascorre le vacanze nella villa di famiglia in Italia. La tranquillità del suo mondo viene scossa dall’arrivo di Oliver, un affascinante studente americano che sta lavorando con il padre di Elio. Tra i due nasce un’intensa relazione fatta di scoperta, infatuazione e amore, che culmina in un inevitabile addio. Questa storia ci cattura, ci prende per mano e ci porta in un viaggio emotivo che ci fa rivivere il passato, ci fa immedesimare o, semplicemente, ci fa desiderare di vivere ciò che Elio e Oliver condividono.
Una delle peculiarità che rende “Call Me By Your Name” un capolavoro è la sua capacità di raccontare una storia universale fatta di sentimenti senza etichette. È un racconto sospeso nel tempo, in cui l’ambientazione estiva degli anni ’80 diventa lo sfondo perfetto per un’esplorazione profonda dell’animo umano. Interesse, attrazione, infatuazione, amore e separazione si snodano in un susseguirsi di emozioni che risuonano con ognuno di noi.
Nel libro, Elio appare a volte incoerente nei suoi pensieri, un aspetto che può appesantire la narrazione. Tuttavia, questa caratteristica riflette fedelmente la complessità dei suoi sentimenti e della sua crescita interiore. Al contrario, il film diretto da Luca Guadagnino riesce a mantenere una coerenza maggiore, creando una storia più equilibrata. La sceneggiatura del film è meno appesantita dai pensieri frammentati di Elio, rendendo la narrazione più fluida e accessibile, pur mantenendo intatta l’essenza della storia.

Sia nel libro che nel film, si respira un’atmosfera onirica di un’estate italiana fatta di semplici piaceri: il caldo soffocante, il profumo delle albicocche, delle pesche, il sapore dolce e aspro del melograno. Le canzoni nel film aiutano a rendere questa estate ancor più marcata nel tempo, come “Radio Varsavia” di Battiato o “J’adore Venice” della Berté, verso canzoni più ritmate e internazionali come “Paris Latino”, “Words” di F.R. David, “Lady, Lady, Lady” di Giorgio Moroder e Joe Esposito. Questo contesto sensoriale ci immerge completamente, facendoci sentire gli odori, i suoni e i sapori di quella stagione, quasi come se fossimo lì, accanto a Elio e Oliver.
Un altro elemento significativo è la dimensione artistica, rappresentata dalle statue e dalle opere d’arte che costellano la villa e il paesaggio circostante. Queste opere d’arte diventano simboli della passione e della connessione tra Elio e Oliver, riflettendo la bellezza e la fragilità del loro amore. La scena in cui il padre di Elio e Oliver osservano le statue trasmette una sensualità sottile e profonda, legando arte e desiderio in un’unica visione.
La musica gioca un ruolo fondamentale nel film, creando un gioco tra la musica classica, Elio e Oliver. Le composizioni di Bach, suonate da Elio al pianoforte, rappresentano momenti di introspezione e connessione tra i personaggi. La musica diventa un linguaggio universale che esprime ciò che le parole non possono dire, intensificando le emozioni e creando un legame ancora più profondo tra Elio e Oliver.
Il viaggio che fanno Oliver ed Elio alla fine del film è interamente avvolto dalla canzone di Sufjan Stevens, e non a caso si chiama “Mystery of Love”. La scena inizia con Elio e Oliver che salgono su un autobus, pronti a lasciare la tranquillità della villa per immergersi in un’avventura lontana da casa, l’ultima. Mentre l’autobus si allontana, la telecamera cattura i paesaggi italiani che scorrono fuori dal finestrino, creando un’atmosfera di transizione e cambiamento. “Mystery of Love” accompagna anche la visita dei due a vari luoghi di Bergamo, catturando la gioia e la spensieratezza del loro tempo insieme. Tuttavia, c’è sempre un sottofondo di malinconia, poiché entrambi sanno che il loro tempo è ormai agli sgoccioli.

Uno dei momenti più alti e toccanti del film è il dialogo tra Elio e suo padre dopo la partenza di Oliver. Il discorso del padre di Elio è un monologo emozionante e profondamente commovente che tocca il tema del dolore e della perdita, offrendo un insegnamento prezioso:
“Quando meno te lo aspetti, la natura ha astuti metodi per trovare il tuo punto più debole. Tu ricordati che sono qui. Adesso magari non vuoi provare niente, magari non vorrai mai provare niente e, sai, magari non è con me che vorrai parlare di queste cose. Però prova qualcosa, perché l’hai già provata. Senti, avete avuto una splendida amicizia, forse più di un’amicizia, e io ti invidio. Al mio posto, un padre spererebbe che tutto questo svanisse, pregherebbe che il figlio cadesse in piedi, ma non sono quel tipo di padre. Strappiamo via così tanto di noi per guarire in fretta dalle ferite che finiamo in bancarotta già a trent’anni. E abbiamo meno da offrire ogni volta che troviamo una persona nuova, ma forzarsi a non provare niente per non provare qualcosa… che spreco. Ho parlato a sproposito? Allora, dico un’ultima cosa. Per chiarire meglio. Forse ci sono andato vicino, ma non ho mai avuto una cosa così. Qualcosa mi ha sempre frenato prima, si è messa di mezzo. Come vivrai saranno affari tuoi, però ricordati: il cuore e il corpo ci vengono dati soltanto una volta e, in men che non si dica, il tuo cuore è consumato e, quanto al tuo corpo, a un certo punto nessuno più lo guarda e ancor meno ci si avvicina. Tu adesso senti tristezza, dolore. Non ucciderli, al pari della gioia che hai provato.”
Queste parole esprimono una saggezza profonda e universale, invitando a non fuggire dal dolore ma a viverlo pienamente, riconoscendo che è parte integrante della nostra capacità di amare e di essere felici. È un discorso che fa piangere e riflettere, un momento catartico che molti vorrebbero sentire nella loro vita.
L’ultima scena del film è emblematica e intensamente emotiva. Accompagnata dalla struggente “Visions of Gideon” di Sufjan Stevens, le parole della canzone “I have loved you for the last time, Visions of Gideon” risuonano profondamente. Il volto di Elio, rigato dalle lacrime, riflette il dolore e la confusione mentre guarda il fuoco che arde nel camino, simbolo dei suoi sentimenti incandescenti. È inverno, e la notizia del matrimonio di Oliver lo sconvolge completamente, riempiendo l’atmosfera di un’inevitabile tristezza.
Questa scena finale del film cattura l’essenza del tumulto emotivo di Elio, lasciando lo spettatore immerso nel divampare dei suoi sentimenti. Con il fuoco che brucia e la musica che amplifica l’intensità del momento, il film si conclude su una nota di struggente bellezza e profonda riflessione.
La storia tra Elio e Oliver non è solo una storia d’amore. È un viaggio di scoperta e di crescita, una riflessione sulla fugacità del tempo e la profondità dei sentimenti umani. “Call Me By Your Name” ci invita a vivere pienamente, ad abbracciare le nostre emozioni e a lasciarci trasportare dalla bellezza dell’istante presente.
Scrivendo queste parole, sento ancora la nostalgia di quella prima visione del film e della lettura del libro durante il mio soggiorno in Belgio. È un’opera che continua a risuonare dentro di me, ricordandomi l’importanza di vivere e amare con intensità, senza paura di ciò che verrà dopo.