Il ragazzo e l’airone (2023), in originale “E voi come vivrete?”, dal titolo di un libro esistente che la madre Hisako avrebbe voluto regalare al protagonista Mahito, è l’ultimo film di Hayao Miyazaki, ricco di riferimenti a opere precedenti. Narra il percorso di accettazione dell’inaccettabile: a un anno dalla morte di Hisako, il padre di Mahito e sua zia Natsuko aspettano un bambino.
Il senso del film è da ricercare nella costruzione di un nuovo equilibrio familiare in seguito alla morte tragica di Hisako. Totalmente inopportuna la mano di Mahito forzatamente posta sulla pancia da Natsuko, che comunque per il protagonista non è che “la ragazza che piace a suo padre”, negandole sia lo status di zia che quello di moglie. Solo apparentemente la situazione è gravosa unicamente per il protagonista: zia e nipote vivono in solitudine questo passaggio delicato, mentre il padre rinuncia al ruolo di mediatore e trascorre fuori casa la maggior parte del tempo. E’ una questione di madri e figli in cui il ruolo del padre è marginale, quasi accessorio.
Ferendosi gravemente con un sasso, Mahito sfoga su se stesso l’aggressività repressa; la zia si sente in colpa per l’accaduto poiché non ha saputo proteggere suo nipote, ma in realtà i sentimenti che prova sono ben più complessi, anche acuiti da una naturale insicurezza circa le sue capacità di madre dovute alla gravidanza in stato avanzato: se da un lato la giovane vorrebbe essere all’altezza per amore di sua sorella, dall’altro in cuor suo detesta questo figlio scomodo che ha ereditato. Per questo scompare nella torre: per sfuggire a sentimenti ostili che non può cambiare e, perché no, al confronto con la sorella maggiore che si trova a sostituire, della quale non è che una mera copia, non solo per via della somiglianza fisica, ma anche per il ruolo che si trova a ricoprire. Con la decisione di avere il suo bambino in una dimensione altra, abbandona un marito e un nipote che non può tollerare, sfugge a una pressione insostenibile e all’incapacità, pur volendo, di accettare il primo figlio.
La sequenza in sala parto è chiarificatrice: nel momento in cui Natsuko ammette l’odio nei confronti di Mahito e lui la riconosce come madre, la madre biologica, il cui corpo era disperso, può essere finalmente seppellita. Assistiamo a una processione funebre con tanto di bara di cristallo in una sorta di cattedrale dalle splendide vetrate. La sala parto non è quindi il luogo in cui Natsuko dà alla luce il bambino che porta in grembo, quanto piuttosto il luogo in cui partorisce metaforicamente Mahito. Salvando la zia, inoltre, il protagonista ha modo di rimediare al mancato salvataggio della madre, che ancora lo tormenta.
L’airone non mentiva del tutto affermando che Hisako fosse ancora viva: ella vive nelle sembianze di una ragazzina nell’universo parallelo visitato da Mahito e, data la sua morte tra le fiamme, viene lasciato intendere che potrebbe esistere ancora da qualche altra parte. Il confine tra la vita e la morte è talmente labile che il mondo della torre, con tutte le sue dimensioni, è a metà tra un aldilà e un luogo prenatale, il cui collasso tuttavia non provoca l’apocalisse. L’energica domestica Kiriko è uno dei personaggi più particolari e belli. Forte e capace, naviga un mare poco pescoso e il suo compito è quello di nutrire i warawara. Fuori dalla torre, chi vi è stato non dovrebbe ricordare nulla ma ne esce cambiato, proprio come agiscono alcuni sogni permettendo un progresso inconscio. Piuttosto che regnare in un universo parallelo, il protagonista preferisce affrontare la sua realtà. Re Parrocchetto, invece, metafora del dittatore, con la sua brama di potere distrugge la dimensione governata dal prozio di Mahito.