Quando il comic relief diventa comic grief – Il caso di Wendy Oldbag

Ci sono personaggi nati per far ridere… e poi ci sono quelli che, a forza di farlo, ti fanno desiderare il tasto “mute”. Wendy Oldbag appartiene gloriosamente a entrambe le categorie: icona comica, spalla irresistibile — e, col tempo, sirena d’allarme del “basta così, grazie”.

All’inizio è puro spasso. In Turnabout Samurai, Oldbag è la guardia burbera dei Global Studios: borbotta, straparla, s’interrompe da sola e ogni volta che vede Edgeworth si scioglie in un brodo di “Edgy-poo”. La sua entrata in aula è un piccolo show: chiacchiere infinite prima ancora di testimoniare, e il giudice che cerca di tenere il passo come un nonno al karaoke. Funziona perché spezza la tensione e caratterizza il mondo di gioco con un sapore da “ce la ricordiamo tutti, la signora del portone”.

Poi, però, accade la cosa che è successa a tutte le gag amate: vengono ripetute. In Farewell, My Turnabout (il caso finale di Justice for All), Oldbag torna con il carico da novanta: di nuovo coinvolta, di nuovo testimone-chiacchierificio. Qui la struttura delle sue informazioni si fa volutamente tortuosa (anche con Psyche-Locks di mezzo), e ogni volta che sta per arrivare un indizio succoso, zac, la trama si pianta perché la nonna più rumorosa del tribunale decide che deve finire la sua digressione n. 847. Risultato: la comicità che prima accelerava il ritmo adesso lo frena. È un difetto di pacing, più che del personaggio in sé. Perché siamo più interessati a salvare Maya e capire che succede con Engarde, che risolvere il wall of text della vecchia.

Il passaggio da “che spasso” a “che fatica” esplode con Ace Attorney Investigations. Lì Oldbag non è più una comparsa brillante: diventa onnipresente. La ritrovi mascotte di parco a tema (il Pink Badger), poi addirittura in costume da Pink Princess: mille siparietti, mille pose, mille “ragazzi d’oggi!”. Il problema non è cosa fa — anzi, i travestimenti sono deliziosamente assurdi — ma quanto spesso lo fa. È l’overexposure: anche il cioccolato fondente, a tavolette intere, stanca.

Non è un’eresia dirlo: Oldbag è un personaggio polarizzante. Per alcuni resta una pietra miliare del nonsense (e in Investigations c’è chi la adora), per altri è l’esempio da manuale di comico che, ripetuto senza respiro, scivola nell’irritante. Entrambe le letture sono sintomi dello stesso meccanismo: la diminuzione dei ritorni comici. La prima apparizione ha novità, sorpresa, ritmo. Le successive devono almeno cambiare uno di questi tre elementi, oppure il pubblico anticipa la battuta e alza gli occhi al cielo.

Perché succede? (E come evitarlo senza chiamare la pubblica sicurezza)

  • Il comico è timing. Se metti un blocco comico davanti a ogni snodo drammatico, l’effetto non è respiro: è apnea. (Oldbag in JfA docet.)
  • Il comico è variazione. Ripetere la stessa gag con lo stesso volume porta a saturazione. In Investigations le trovate cambiano costume, ma raramente cambiano funzione narrativa: restano stop-and-go.
  • Il comico è desiderio. Se il pubblico desidera che il personaggio torni, hai vinto. Se desidera che vada a prendere un autobus per molto lontano, hai perso.

L’esempio in casa: Alfredo Pasted (e l’arte del dosaggio)

Prendiamo Alfredo Pasted della mia serie Wolf Lonnie: maggiordomo eccentrico con battute alla Deadpool, tagliente, meta, capace di rubare la scena in tre frasi.

La tentazione naturale sarebbe: “mettiamolo ovunque, è oro!”. E invece, no: micro-dosi chirurgiche. Due apparizioni, poi buio. Ritorno solo quando:

  1. può spostare davvero la trama,
  2. ha una gag nuova (non “ancora la stessa trovata” – ossia, lo uso una volta come testimone, una volta come assistente, una volta come pseudo complice involontario, un’altra volta in scene slice of life, ecc)
  3. il lettore ha avuto il tempo di sentirne la mancanza.
    Questo crea il paradosso virtuoso: non solo non stufa — lo chiedono a gran voce. È la strategia opposta a Oldbag negli episodi più “logorroici”.

Le tre leggi (non scritte) del comic relief

  1. Legge dell’ossigeno: se toglie aria alla scena principale, è troppo.
  2. Legge dell’evoluzione: a ogni ritorno, deve cambiare qualcosa: ruolo, bersaglio della battuta, livello di interferenza.
  3. Legge del conto alla rovescia: meno appare, più vale. La scarsità tiene alto il valore comico (less is more!)

Per paradosso, basterebbe pochissimo per “salvare” l’uso di Oldbag anche nei capitoli più pesanti: ridurre al 50% la durata delle sue scene; farle portare una svolta ogni volta che apre bocca; trasformare parte delle tirate in visivo (una reazione, un gesto) invece che in fiumi di testo. La sua verve c’è, la personalità è fortissima: è la dose a fare il veleno.

Il comic relief è un condimento, non un piatto unico. Wendy Oldbag è la prova vivente che il troppo stroppia: nasce irresistibile e, quando viene spinta in primo piano senza pause, diventa il freno a mano della storia. Dosare, variare, far desiderare: ecco il triello che separa la risata liberatoria dall’“oh no, di nuovo lei”.

Postilla per i cuochi della narrativa: se un personaggio comico “funziona”, resistete alla tentazione di metterlo in ogni scena. Fate come col peperoncino: un pizzico fa cantare il sugo; una manciata ti manda direttamente a bere latte.

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Autore: Gabriele Glinni

Esperto di informatica, amante della scrittura creativa. Autore di Ascend-ent e Descend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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