Empatia e colpa: il thriller morale, il caso di Acro e Ini Miney

Nel mondo del thriller giudiziario, pochi elementi sono così affascinanti e narrativamente complessi come il colpevole simpatetico. Non basta che l’assassino sia “comprensibile”: dev’essere umano. Deve incarnare un conflitto morale che il pubblico può non solo comprendere, ma anche sentire. È questa la chiave che rende la serie Ace Attorney particolarmente memorabile: in molti dei suoi casi, l’enigma giudiziario si fonde con un ritratto tragico dell’animo umano.

Tra i tanti imputati ambigui che popolano la saga, due in particolare si prestano a un confronto illuminante: Ken Dingling, alias Acro, e Ini (Mimi) Miney. Apparentemente, Acro è il più “simpatico” dei due: ha perso tutto, ha subito un trauma devastante e vive con il peso del proprio errore, dopo aver tentato la vendetta. Ini, invece, appare fredda, manipolatrice, e arriva persino a incastrare un’innocente cara a Phoenix (Maya). Ma a un’analisi più profonda, la verità narrativa si ribalta.

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Sparire è facile. Avere rispetto, no – Una lettera aperta a chi ha deciso di andarsene in silenzio

Disclaimer: da tempo avevo in mente di scrivere un articolo su uno dei fenomeni più in voga dell’ultimo millennio, il bellissimo mondo del ghosting. Un fenomeno che ripudio con tutto il cuore. Anziché scrivere il classico articolo, spero apprezzerete l’idea di una lettera.


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Affrontare i demoni (anche interiori) – il comic book “Non ho più paura” ft. Jacopo Guerra

Benvenuti su Pillole di Folklore e Scrittura, il blog dove storie antiche incontrano le penne moderne! Oggi abbiamo il piacere di ospitare Jacopo Guerra, autore e illustratore del comic book “Non ho più paura”: una storia intensa, carica di emozione e folklore oscuro, che affonda le radici in una leggenda gotica tutta originale.

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Come i personaggi secondari contrapposti rafforzano la narrazione – Il caso di Rhoda Teneiro e Cammy Meele

Nel mondo della scrittura narrativa, uno degli strumenti più affascinanti e potenti è l’utilizzo di personaggi secondari contrapposti per arricchire la trama e riflettere le tematiche centrali. Un esempio brillante si trova in Ace Attorney Investigations, dove Rhoda Teneiro e Cammy Meele rappresentano due lati opposti della stessa medaglia: due assistenti di volo, apparentemente simili per ruolo, ma profondamente diverse nella loro caratterizzazione e funzione narrativa.

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Natura vs cultura nei villain – il caso di Dahlia Hawthorne

Nella narrativa, i villain più memorabili non nascono mai per caso. Sono il risultato di un equilibrio instabile tra predisposizione naturale e influenze culturali. Analizzare questo binomio è fondamentale per comprendere come creare antagonisti credibili e sfaccettati. Uno degli esempi più riusciti è Dahlia Hawthorne nella saga di Ace Attorney, un personaggio che incarna perfettamente la fusione tra un’indole malvagia e un ambiente familiare tossico.

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Parole donate, persone vissute ft. Alice Lombardi

Benvenuti in Pillole di Folklore e Scrittura, lo spazio dove incontriamo voci che sanno raccontare il mondo con parole che restano sotto pelle. Oggi vi portiamo dentro un universo di versi liberi, intensi, spudoratamente umani: quelli di Alice Lombardi, autrice di Poesie d’amore anarchico. Le sue poesie non si nascondono dietro l’astratto, ma si offrono nude, dedicate a volti veri, vissuti, amati. Un incontro che è più una confessione gentile, ma incendiaria.

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Il villain subdolo, machiavellico e viscido: il caso di Damon Gant

Nel mondo della narrativa, pochi antagonisti riescono a lasciare il segno come quelli che incarnano la manipolazione, il potere e l’abuso di autorità.

Damon Gant, il corrotto e viscido capo della polizia di Phoenix Wright: Ace Attorney, è l’esempio perfetto di questa figura inquietante e carismatica, un uomo che ha trasformato il suo ruolo da tutore della legge in quello di burattinaio delle vite altrui. Ma perché personaggi come lui funzionano così bene? E come possiamo costruire un villain altrettanto memorabile e subdolo?

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Il potere narrativo di restare bloccati con il villain, il caso di Matt Engarde

In molte storie, il villain è un ostacolo da battere, un nemico da fermare, una presenza incombente, come un muro. Eppure, una tecnica narrativa particolarmente potente e interessante sovverte questa dinamica, costringendo il protagonista – e, di conseguenza, il pubblico – a convivere con il male, a essere intrappolato in una relazione involontaria con l’antagonista.

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“Perché lo fai?” – L’importanza della chiarezza nelle motivazioni dei personaggi

Nel grande circo della narrativa, i personaggi si muovono spinti da motivazioni che vanno dal cristallino al “ma che diamine ti passa per la testa?”. Alcuni vogliono vendetta, altri cercano l’amore, altri ancora vogliono solo un panino e un po’ di pace (e francamente, posso relazionarmi di più con quest’ultimi). Ma quando una motivazione funziona? Quando, invece, ci troviamo a sbuffare per il continuo tira e molla emotivo di un protagonista? Scendiamo in questo abisso narrativo con qualche esempio degno di nota.

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Quando il protagonista diventa il boss finale: un ribaltamento epico nella narrazione

Nei videogiochi, negli anime e nelle serie TV, le boss fight sono tra i momenti più intensi ed emozionanti, un momento che, se ben scritto, è superfigo e ti tiene incollato allo schermo con il fiato sospeso. Ma cosa succede quando il boss finale non è un nemico qualsiasi, ma proprio il protagonista che hai seguito e amato per tutta la storia? Questo colpo di scena cambia completamente le carte in tavola, creando una tensione incredibile e mettendo alla prova sia i personaggi che le emozioni di chi sta giocando o guardando.

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