Scrivere un grande villain: alcuni consigli.

Immagino che avrete sentito dire spesso che un buon villain è al cardine dell’intera storia. Questo modo di pensare si rivela spesso e frequentemente vero: un villain scritto correttamente non soltanto aumenta la tensione e tiene il lettore interessato, ma è anche una figura che desta scalpore e intrigo.

Se un villain è scritto correttamente, infatti, vorrà essere visto il più spesso possibile intento a pianificare i suoi schemi o a compiere le sue azioni malvagie.

Ma come riuscire nell’ardua impresa? In questo articolo, cercherò di dispensare alcuni consigli che spero potranno essere utili.

Prima di tutto, un errore spesso ripetuto da scrittori principianti è caricare il villain in questione di malvagità, di parole truci, piene di violenza e quindi esagerate, di fargli fare del male per il gusto di fare del male, senza alcun motivo profondo. Il tipico villain che vuole conquistare il mondo o che odia tutto e tutti. E così, spesso si finisce per scrivere macchiette (eccezione: a meno che tali macchiette non siano intenzionalmente esagerate per arrivare al comico, come il dr. Eggman del franchise di Sonic the Hedgehog o il dr. Neo Cortex di Crash Bandicoot).

Un buon villain può essere infatti un villain che puoi capire, per cui puoi addirittura provare empatia. Un essere umano, una persona quasi reale, magari con buone qualità, ma spinta da circostanze avverse.

Regina del telefilm Once Upon a Time: si presenta come una figura malvagia e opposta alla protagonista, Emma Swan, ma lentamente si comprenderanno le ragioni delle sue azioni al punto da simpatizzare per lei.

Ottimi esempi possono essere Nagato del manga Naruto: Nagato è un orfano di guerra, ha vissuto nel sangue e nei conflitti e ha perso molte persone care a lui. Questo lo ha spinto a creare un’arma definitiva da usare come deterrente per lo scoppio di future guerre.

Ancora, Mr. Freeze di Batman: un supercriminale che compie azioni illegali al fine di salvare la moglie, che soffre di una grave malattia degenerativa.

Attenzione, però. Negli anni recenti, l’impiego di una backstory tragica può essere visto come un cliché, un espediente utilizzato dalla maggioranza degli scrittori. Può essere comunque un mezzo valido e interessante se ben scritto, ma, di fatto, la tendenza a impiegarla ripetutamente può non portare ai risultati sperati.
Quindi attenzione a valutare correttamente come procedere: a volte un villain potrebbe non avere bisogno di una backstory, anche per mantenerne il fascino e il mistero.

Anche per questi motivi, villain che compiono azioni malvagie per egoismo, beneficio, guadagno personale o prepotenza sono molto validi.

Villain simili si fanno sentire con la distruzione che portano, con le vite che spezzano, al mero fine di lucro.

Negan di The Walking Dead: un uomo crudele che, con la sua mazza da baseball spinata, uccide senza ritegno e saccheggia comunità al fine di mantenere il controllo sul suo piccolo impero personale.

Parlare di villain cruenti e spietati ci porta al successivo punto: un buon villain si fa sentire con le sue azioni. Questo non vuol dire soltanto eliminare uno o due personaggi senza nome, ma anche terrorizzare i protagonisti, influenzarne le vite con ricatti e situazioni difficili, magari fare del male ai suoi cari.

Un buon villain dirotta la storia negativamente con la sua presenza, non ti avvisa quando strappa via la vita del tuo migliore amico, o quando, con un solo tocco, distrugge tutto ciò che hai faticosamente costruito solo per riderci sopra.

Al contrario, un villain che non compie azioni particolarmente memorabili, che è tutto parole e niente “sostanza” è sovente meno interessante. Quante volte vi sarà capitato di vedere un villain che fa grandi promesse a parole, ma al dunque fallisce miserabilmente, senza arrivare a niente in particolare?

A volte non è nemmeno necessario che un villain intenda guadagnare qualcosa, ma può essere semplicemente spinto da un desiderio personale di fare del male per un gusto puramente sadico.

Black Goku, un villain di Dragon Ball Super, motivato da una passione sadica per i combattimenti e per testare e incrementare il suo potere. Non esita a perseguitare Trunks pur di assecondare questo suo desiderio.

Su una falsariga simile, villain molto famosi sono spinti dalla follia. Compiono azioni imprevedibili e a volte addirittura immotivate, mossi da istinti complessi, da pensieri venuti sul momento. Impossibile non nominare la figura del Joker.

Ancora, un buon mezzo per creare un ottimo villain può essere quello di legarli al protagonista, o comunque un personaggio principale, in modo da creare conflitto tra i due. Un villain che abbia una relazione al di là dell’odiare il main character.

Un buon esempio può essere la figura di Eobard Thawne/Reverse Flash del telefilm The Flash:

Nel telefilm, Thawne, sotto le mentite spoglie del dottor Harrison Wells, è un mentore per Barry Allen (The Flash, il protagonista della serie) e i suoi colleghi Caitlin Snow e Cisco Ramon, in particolare quest’ultimo, di cui è quasi una figura paterna.

In realtà, Thawne intende sfruttare la velocità di Flash per tornare nel futuro da cui è venuto, e per fare ciò non esita a ingannare e manipolare il team Flash e a compiere azioni immorali e crudeli a proprio beneficio. Ciononostante, allo stesso tempo coltiva un profondo affetto per il gruppo, creando una dinamica estremamente interessante all’interno del telefilm.

Vorrei poi fare un’osservazione sulla ideologia dei villain, che può essere un’altra fonte di loro personale motivazione.

Parlerò qui di uno dei personaggi che ho scritto, Zant Palace, che controlla una serie di fight club all’interno di Los Angeles.

Palace è spinto da un forte pensiero secondo cui l’uomo deve superare le proprie debolezze, le avversità e le paure con il combattimento, con il sangue. Vede i suoi fight club come un’occasione da offrire a chi vuole, appunto, combattere e smettere di essere alla mercé della società.

Palace, tramite il suo carisma e un regno di terrore, mantiene un controllo illegale e corrotto sull’organizzazione dei fight club, ma non per questo uccide immotivatamente, vedendo la vita come un dono prezioso.

L’ideologia dei fight club è quindi ciò che spinge Palace.

Una citazione importante e frequente è che un buon villain sia, difatti, l’eroe della propria storia, per quanto le sue azioni siano ovviamente immorali.

Bisogna anche fare molta attenzione alla resa del modo di parlare dei villain.

Un villain che ride maniacalmente, che sputa sentenze stereotipate e cariche di odio è ridicolo; un villain che fa sfoggio di un buon vocabolario è decisamente più elegante (ovviamente, non si applica a tutti i casi).

In ultimo, non necessariamente un villain deve essere una persona e/o debba parlare. Si può anche ricorrere, per esempio, a creature mostruose, che in quel caso dovranno avere la loro presenza scenica e farsi sentire con le azioni (come già spiegato).

Il Demogorgone del telefilm Stranger Things.

Autore: Gabriele Glinni

Dottore in Mediazione Linguistica con riguardo verso la traduzione specialistica. Amante della scrittura creativa e autore del romanzo Ascend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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