Ogni lavoro è soggetto a critiche altrui: da quelle più costruite e profonde, a quelle più superficiali.
Esporre la propria arte significa inevitabilmente esporsi al fuoco delle critiche e dovervi sopravvivere.
In questo articolo, svilupperò alcune considerazioni su fatti avvenuti e racconterò alcune mie personali esperienze.
Reazioni di autori alle critiche
Il consenso generale è che un autore capace resti imperturbabile dinanzi a una critica, e anzi la sfrutti per migliorarsi. Tuttavia, non sempre è così facile, essendo un autore legato, spesso e volentieri, al proprio lavoro.
Jacqueline Howett, l’autrice di The Greek Seaman, è un esempio di questo fenomeno.
Questa è stata la critica rivoltale (articolo originale in inglese qui, a seguire la mia traduzione):
“Se leggete The Greek Seaman dall’inizio all’ultima pagina, penso che troverete la storia avvincente e interessante. Lo shock culturale provato da Katy, lontana dalla sua nativa Inghilterra, su una nave da carico con suo marito, il marinaio Don, è di per sé una bella storia. Katy, che deve adattarsi a un ambiente tutto maschile con un equipaggio di nazionalità mista, la maggior parte dei quali non parlanti inglese, è avvincente. La sopravvivenza di Katy e Don alle cospirazioni criminali che l’armatore e il capitano hanno pianificato è il conflitto che dovrebbe tenere il lettore in tensione fino alla fine.
Tuttavia, le probabilità di arrivare all’ultima pagina sono scarse. Un motivo sono gli errori ortografici e grammaticali, frequenti al punto che, soprattutto nei primi capitoli, è difficile immergersi nel libro senza venire riportati alla realtà mentre si tenta di comprendere quello che l’autore intende dire. A volte si rimane coinvolti nella storia quando ci si imbatte in una ricca descrizione delle emozioni che Katy prova per la sua situazione o per suo marito. Sono numerose e a volte molto buone. È probabile che una di queste sezioni spinga molto profondamente nel mondo di Katy. Poi se ne incontra una che non funziona e si deraglia di nuovo. Leggere non dovrebbe essere così faticoso.” (16/3/11)
Questa è stata la risposta dell’autrice:
“Ovviamente non ha letto la seconda copia che ho chiesto di scaricare e che è stata anche riformattata, quindi trovo questa recensione veramente ingiusta. I miei lettori/recensori di Amazon danno 5 e 4 stelle e sostengono di aver apprezzato molto The Greek Seaman e di aver pensato che fosse ben scritto. Forse è solo il mio stile e il mio essere inglese quello che non si capisce. Mi dispiace che non sia stato di suo gradimento, ma penso che mi atterrò alle mie recensioni a cinque e quattro stelle grazie.” (18/3/11)
Si noti il copia-incolla da una recensione di Amazon il giorno successivo:
“5 stelle da Amazon UK.
Mi è piaciuta molto quest’opera. È leggera e facile da leggere, ma non manca di divertimento e di interesse. Mi è piaciuto particolarmente sentirmi parte della storia e anche quanto sia stata resa in modo descrittivo, come se vedessi i luoghi e come se li stessi visitando, cosa che trovo molto importante in un libro. Un’ottima lettura a tutto tondo! Davvero ben scritto.” (19/3/11)
Gli autori spesso diventano soggetti alle loro aspettative e le loro idealizzazioni, e qualsiasi tipo di “attacco” minerà non solo la fiducia nelle proprie capacità, ma anche la loro passione.
Hideaki Anno, il creatore di Evangelion, è stato oggetto di critiche, e ha sperimentato la depressione e la confusione. Ha lavorato su un film per concludere il suo lavoro, ma ne è scaturita ulteriore infelicità. Osservare il seguente passaggio (articolo originale in inglese qui, a seguire una mia traduzione):
“Anno: […] Dopo l’uscita [del terzo film di Rebuild], ero a pezzi. Sono caduto in quello che viene chiamato stato di depressione, il risultato naturale di aver passato sei anni a macinare la mia anima scrivendo Evangelion.” Anno, che in passato ha combattuto la depressione, non è riuscito a capire se questa ricaduta fosse dovuta al troppo lavoro per la pubblicazione del film, per la tiepida risposta del pubblico, o al troppo aver dovuto rientrare nella testa dei “personaggi problematici” di Evangelion. Lui stesso parla di aver perso il senso delle cose e si è chiesto: “Cosa sto cercando di fare? Perché ho deciso di creare una specie di film di finzione pieno di effetti speciali?“
Il senso di depressione di Anno è stato tale che, per tutto il 2013, non è riuscito ad andare allo studio una sola volta, consapevole che il suo stato di incapacità sarebbe solo un peso per gli altri.
Tutto ciò che l’autore aveva desiderato era una calda accoglienza da parte del pubblico, ma non ha avuto nulla di ciò.
Esperienze personali con le critiche.
Senza andare troppo nei dettagli, riporterò le mie esperienze più importanti in merito.
Nel corso di alcune mie lavorazioni, ho subito critiche più o meno aspre, scritte con mano pesante, che mi hanno demoralizzato.
Per fare esempi pratici di critiche ricevute, mi è stata criticata la banalità di alcuni personaggi, l’uso di alcuni cliché letterali, in alcuni casi il turpiloquio, in altri mi è stato detto che un sequel era la versione riveduta e corretta del primo lavoro.
Da notare che, anche quando scritte da amici, queste critiche non sono state sempre costruite con l’intenzione di aiutare le mie storie.
Se inizialmente ho reagito con molta tristezza, in un secondo momento le critiche mi hanno donato forza ed energia per sforzarmi a fare di meglio.
Ho raccolto i dati “utili” e li ho tenuti a mente, nel bene e nel male, per costruirmi degli schemi su cosa avrei dovuto evitare.
Ritengo che non bisogni vergognarsi di quando si subisce una critica. Alcune sono scritte con l’intenzione di aiutare un lavoro se qualcosa non convince.
Un esempio molto recente è uno stratagemma, impiegato in una situazione di difficoltà dal mio protagonista, un po’ campato per aria e poco credibile.
Una mia lettrice mi ha fatto notare la forzatura e ho provveduto immediatamente a fornire una seconda soluzione, migliorando l’insieme.
Una critica mossa a fin di bene e con interesse, di solito, contiene un ragionamento per cui qualcosa non ha funzionato.
Magari una costruzione carente di una scena e come questa avrebbe potuto essere ampliata, oppure una mancanza di foreshadowing che sarebbe stato ben necessario a introdurre efficacemente un buon elemento.
Bisogna avere il coraggio di affrontare i propri fallimenti e di imparare tecniche, modi di ragionare e di modi di esprimere la propria creatività correttamente, ed evitare l’arrogante pensiero che ogni propria produzione sia qualcosa di bellissimo e sensazionale, perché, purtroppo, non sarà mai del tutto così.

Accettare e capire una critica non significa subire, a livello personale e artistico, un’umiliazione, ma comprendere, con umiltà, cosa può essere migliorato per raggiungere un livello superiore.
Naturalmente bisogna separare gli elementi utili e positivi da quelli negativi se presenti, e non darsi mai per vinti, mai per finiti.
Tirando fuori la propria forza interiore permetterà di creare un’opera d’arte di maggior qualità rispetto a prima.