Da World of Hearts a Welcome to the Lonnieverse: come ho ripulito, riscritto e potenziato il mio universo narrativo nel 2025

Quest’anno ho fatto pulizia di primavera con la delicatezza di un caterpillar. Il vecchio “World of Hearts” aveva energia, ma anche appendici mosce, coppie imposte, filler che “allungano il brodo”, e soprattutto una dipendenza da un altro autore che, nel frattempo, ha lasciato il tavolo apparecchiato e si è dileguato. Un amico, Alessandro Bolzani, il caro coautore del blog, ha battezzato quelle falle “momenti Bambi”: teneri, sì, ma fuori fuoco mentre il mio mondo parlava di processi, indagini, corruzione e città tra le nuvole.
Risultato: ho rifatto l’impianto elettrico.

Nuovo nome—Welcome to the Lonnieverse—e nuove fondamenta: tre assi portanti (Wolf, Lilith, Saria), continuità tematica (giustizia, potere, verità), final boss solidi, e zero zucchero aggiunto.

Di seguito, come ho messo mano—seriamente—ai personaggi e agli archi. Spoiler: se prima qualcuno “compariva”, adesso agisce.

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Ace Attorney: quando il vero colpevole è… la scrittura – Un’indagine sarcastica sui difetti dei personaggi della serie

C’è chi passa anni a difendere clienti improbabili, chi suda sette camicie dietro al banco dell’accusa, chi si ritrova puntualmente rapito o accusato d’omicidio. Ma dietro il dramma processuale c’è un altro imputato che nessuno cita mai: la penna degli autori.
Ecco un piccolo processo ai personaggi di Ace Attorney, con i loro “reati” di scrittura più evidenti.

Disclaimer: le critiche non sono un attacco ai personaggi, anzi la maggior parte di quelli citati li adoro. Sono solo riflessioni personali 🙂

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Quando il comic relief diventa comic grief – Il caso di Wendy Oldbag

Ci sono personaggi nati per far ridere… e poi ci sono quelli che, a forza di farlo, ti fanno desiderare il tasto “mute”. Wendy Oldbag appartiene gloriosamente a entrambe le categorie: icona comica, spalla irresistibile — e, col tempo, sirena d’allarme del “basta così, grazie”.

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La mia fanfiction su Ace Attorney era un mezzo disastro

Proprio come Gabriele, in passato pure io ho dedicato tempo ed energie a una fanfiction incentrata su Ace Attorney, serie di videogiochi che mi porto nel cuore da quando avevo 15 anni. Tra il 2007 e il 2010 ho portato avanti in modo discontinuo le avventure del giovane avvocato Justin Shield e dei suoi nemici e alleati, senza però arrivare mai a un finale vero e proprio. Se Gabriele ha avuto la pazienza e la costanza di partire da una “semplice” fanfiction e trasformarla poco per volta in un’opera più grande e complessa, io a un certo punto mi sono arreso, lasciando tante storyline senza una conclusione, forse sopraffatto dall’enormità di un progetto del quale, a conti fatti, avevo scritto a malapena il 20% (a essere ottimisti).

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I miei inizi di scrittura – Wolf Lonnie Ace Attorney caso 1: Ululato

Questo post sarà una serie di altri articoli dove vi racconterò, con riassunto + commento personale, della mia primissima serie di storie, e come mi hanno aiutato a crescere (una versione estesa di quest’altro articolo). Per chi lo volesse, allegherò un link al google drive dove ho caricato tutti i capitoli in “sacra memoria”, ma l’articolo (e gli articoli a venire) si concentrerà principalmente su un riassuntone + commento di tutto il mio esordio come scrittore di fanfiction. Quindi cominciamo dall’inizio. L’inizio di tutto.

Quando avevo 15 anni, tanta voglia di scrivere e zero pensieri su “stile” o “profondità narrativa”. Ero appena uscito dalla sbornia post-Phoenix Wright e Apollo Justice (Dual Destinies non era neanche lontanamente nei radar), e decisi di buttarmi in una saga Ace Attorney-like tutta mia: Wolf Lonnie: Ace Attorney. Il risultato iniziale? Un’esplosione (letterale) di cliché, colpi di scena improbabili, battute sceme e personaggi sopra le righe. E vi dirò: è stato magnifico.

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Il protagonista che non dice tutto (anche a te): costruire un personaggio riservato – il (secondo) caso di Phoenix Wright

Beh, un’altra analisi per lo stesso personaggio, ma guarda un po’!

Phoenix Wright non è l’angelo di porcellana che molti si ostinano a dipingere. È un bugiardo selettivo, un ironico silenzioso che ti offre un sorriso educato mentre dentro di sé esprime giudizi su tutto e tutti. Eppure, proprio questa dicotomia è ciò che lo rende uno dei protagonisti più riusciti e longevi nel panorama videoludico e narrativo.

Quindi, se anche tu vuoi creare un personaggio riservato che funzioni — non uno di quei figuranti piatti che “parla poco perché è misterioso” (à la Sasuke) ma di fatto non ha nulla da dire — allora mettiti comodo. Analizziamo insieme la lezione di scrittura dietro il buon Phoenix e vediamo come non farti sgamare dal lettore mentre tessi trame di segreti e allusioni.

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Turnabout Succession di Apollo Justice – Uno studio dei finali insoddisfacenti e come evitarli

C’è qualcosa di peggio di un gioco brutto? Sì: un gioco che parte bene, promette il mondo e poi si spegne come una candela in un acquazzone. Benvenuti nel mondo di Apollo Justice: Ace Attorney, capitolo che avrebbe dovuto inaugurare una nuova era, ma che finisce per perdersi come un testimone chiave nel buio di un’interrogazione mal gestita.

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Dietro la cravatta, il vuoto: non sfruttare appieno il potenziale dei villain – il caso di Kristoph Gavin

C’è una categoria di villain nei videogiochi che lascia un’impronta indelebile: quelli affascinanti, freddi, intelligenti e completamente fuori di testa. Kristoph Gavin dovrebbe appartenere a questa categoria. E in parte, lo fa. È un villain che adoro già di base. Ma Ace Attorney gli mette i bastoni tra le ruote. Letteralmente, nel primo caso.

Kristoph è un personaggio pieno di potenziale narrativo: elegante, manipolatore, geniale, con una maschera perfetta e un abisso sotto. È il burattinaio dietro eventi cruciali della saga, eppure finisce trattato come un boss di metà livello, buttato fuori scena prima ancora che possiamo davvero affezionarci — o meglio, odiare nel modo giusto. Il problema? Un cattivo così va coltivato, non scaricato subito come la brutta copia di von Karma.

Ha un potenziale immenso, ma non è stato sfruttato a dovere. Vediamo perché.

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Empatia e colpa: il thriller morale, il caso di Acro e Ini Miney

Nel mondo del thriller giudiziario, pochi elementi sono così affascinanti e narrativamente complessi come il colpevole simpatetico. Non basta che l’assassino sia “comprensibile”: dev’essere umano. Deve incarnare un conflitto morale che il pubblico può non solo comprendere, ma anche sentire. È questa la chiave che rende la serie Ace Attorney particolarmente memorabile: in molti dei suoi casi, l’enigma giudiziario si fonde con un ritratto tragico dell’animo umano.

Tra i tanti imputati ambigui che popolano la saga, due in particolare si prestano a un confronto illuminante: Ken Dingling, alias Acro, e Ini (Mimi) Miney. Apparentemente, Acro è il più “simpatico” dei due: ha perso tutto, ha subito un trauma devastante e vive con il peso del proprio errore, dopo aver tentato la vendetta. Ini, invece, appare fredda, manipolatrice, e arriva persino a incastrare un’innocente cara a Phoenix (Maya). Ma a un’analisi più profonda, la verità narrativa si ribalta.

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Come i personaggi secondari contrapposti rafforzano la narrazione – Il caso di Rhoda Teneiro e Cammy Meele

Nel mondo della scrittura narrativa, uno degli strumenti più affascinanti e potenti è l’utilizzo di personaggi secondari contrapposti per arricchire la trama e riflettere le tematiche centrali. Un esempio brillante si trova in Ace Attorney Investigations, dove Rhoda Teneiro e Cammy Meele rappresentano due lati opposti della stessa medaglia: due assistenti di volo, apparentemente simili per ruolo, ma profondamente diverse nella loro caratterizzazione e funzione narrativa.

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