La morte di un personaggio, qualche consiglio su come gestirla

Una delle morti più celebri nella storia dei fumetti

Anche agli autori meno sadici di George R.R. Martin può capitare di dover far morire un personaggio per esigenze legate alla trama o all’evoluzione dei protagonisti. Non esiste un unico modo per gestire un evento così importante: a seconda delle proprie esigenze narrative, la dipartita può avvenire all’improvviso, essere un lento declino che si trascina per più capitoli o magari la logica conseguenza di una serie di scelte sbagliate. Esistono, però, alcune linee guida che sarebbe opportuno seguire per ottenere un buon risultato.

La morte del personaggio non deve essere fine a se stessa

Se scegliete di far perdere la vita a uno dei personaggi principali, e non a una comparsa senza nome, dovete assicurarvi che la sua morte abbia un impatto importante sulla trama o almeno sull’evoluzione dei personaggi. Il sacrificio del saggio mentore, per esempio, può spingere i suoi giovani compagni di viaggio a riflettere sull’importanza della missione che devono affrontare, traumatizzare chi l’ha sempre visto come una figura paterna o indurre uno dei comprimari meno coraggiosi a rinunciare per sempre alla battaglia contro le forze del Male. Una morte inserita solo per cogliere di sorpresa il lettore e priva di conseguenze sulla storia è un vero e proprio spreco di inchiostro.

Non bisogna abusare delle resurrezioni o delle finte morti

Personalmente sono del parere che la morte di un personaggio debba essere sempre e comunque irreversibile. A lungo andare, le “finte  morti” e le resurrezioni finiscono per togliere al tragico evento tutta la sua drammaticità, spingendo il lettore a sbadigliare di fronte all’ennesima strage (è quello che mi piace chiamare “L’effetto Dragon Ball”). Tuttavia, se ben dosati, questi ritorni dall’aldilà si prestano a spunti narrativi interessanti e non sono del tutto da demonizzare. L’importante, come sempre, è non esagerare e capire in quali contesti è opportuno piegare al proprio volere le regole della morte e quando, invece, è meglio lasciare che la natura faccia il proprio corso.

Anche i salvataggi in extremis vanno dosati      

Se un personaggio è così fortunato da evitare una morte certa per dieci volte di fila i casi sono due: o è protetto da una qualche divinità (e l’autore a un certo punto lo deve dire) o ha una plot armor grossa come un grattacielo. Nel secondo caso, si corre il rischio di indispettire il lettore e di far crollare del tutto la sua sospensione dell’incredulità. Cercate di ridurre le situazioni in cui il vostro protagonista si salva grazie all’arrivo di un alleato all’ultimo minuto o a qualche altro colpo di fortuna incredibile.

L’opinione di Gabriele

Per quanto riguarda questo argomento, sono molto d’accordo con Alessandro, ma con qualche punto di vista differente.

Prima di tutto, lasciar morire un personaggio “casualmente” e senza troppa fanfara può essere un ottimo espediente per dare più realismo alla narrazione, specie per quanto concerne storie che cercano di essere verosimili o cruente.

Non sempre una morte è diretta conseguenza di decisioni sbagliate o c’è una morale dietro. A volte “avviene e basta”.

Però, deve pur sempre coincidere col ritmo della storia. Sarebbe ridicolo far morire una Hermione Granger di incidente automobilistico, mentre ha molto più senso lasciare che uno dei personaggi di The Walking Dead, durante una fuga, inciampi e venga divorato da uno zombie.

Un altro punto di vista da considerare è che, così come non bisogna abusare delle resurrezioni, non bisogna nemmeno abusare delle morti.

Perché una catena di morti di personaggi importanti non produce sempre un bell’effetto.

Infatti, una storia che diventa molto negativa e buia causa ciò che sul sito TvTropes viene definito come “Darkness-Induced Audience Apathy”.

Continue morti di personaggi sono un punto di non ritorno, una cosa da cui difficilmente la storia e gli altri personaggi si riprenderanno. Quindi, a meno che non si preveda O di continuare in tali condizioni, O di fare un reset generale (come avviene spesso nei DC e Marvel Comics), bisogna valutare molto attentamente ciò che si sta facendo, e in che direzione si sta andando.

Nel mio caso, in una delle mie storie ho causato la morte di svariati personaggi, in un futuro che è rapidamente annegato nell’oscurità. Mi sono subito accorto che, da qualsiasi prospettiva guardassi tale scenario, di positivo sarebbe rimasto ben poco, soprattutto a fronte di una storia la cui morale di base è l’impegno e il costruirsi un futuro. Non una buona conclusione.

Dunque, a mio parere le morti dei personaggi, nel grande schema delle cose, devono avere un “loro” senso, sia accidentali che programmate, senza essere né telefonate né abusate per effetto shock.

Una morte ben scritta, ben progettata e pianificata sconvolgerà i lettori.

Posso citare il mio personale esempio della morte di un’amica d’infanzia di uno dei miei protagonisti, causata dal padre di questi. La morte è sopraggiunta come il climax di un intero arco narrativo, e ha scosso le fondamenta dell’intera storia a seguire e di vari personaggi a lungo, lunghissimo andare. Tra i miei lettori, ha causato le reazioni che speravo, tra cui menziono Alessandro stesso!

Autore: Alessandro Bolzani

Mi chiamo Alessandro e sono l'autore del romanzo urban fantasy "I Guardiani dei Parchi". Nella vita faccio il giornalista, ma qui su Wordpress gestisco il blog "Pillole di Folklore e Scrittura", dove parlo di libri, mitologia, credenze popolari e, in generale, di tutto ciò che mi appassiona.

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