Buongiorno a tutti! Di recente ho avuto l’occasione di discutere con un mio caro amico, Gabriele Glinni, del suo libro in fase di lavorazione Ascend-ent, e con Alessandro Bolzani del suo romanzo I Guardiani Dei Parchi in vendita su Amazon.
Ho cominciato ad approfondire l’argomento, riuscendo oltretutto a reperire Ascend-ent in esclusiva anteprima.
Ho così proposto a entrambi delle domande per comprendere meglio la trama, a cosa o a chi si siano ispirati e la modalità in fase di lavorazione
Bene allora, cominciamo!
Ciao Gabriele e Alessandro, mi fa molto piacere che abbiate deciso di parlare dei vostri romanzi! Vorrei farvi alcune domande inerenti al vostro lavoro di stesura.
Iniziamo: Cominciamo dalla trama. Di cosa parlano i vostri romanzi?
G: Buondì e grazie per aver accettato quest’intervista! Allora, Ascend-ent è un romanzo young adult/action ambientato in un presente immaginario in cui un virus, ispirato al nostro coronavirus, ha cambiato radicalmente la società. Dopo l’arrivo del virus, diverse persone si sono trovate con la facoltà di esercitare un controllo su oggetti specifici. Queste persone vengono chiamate “gli specialisti”. Il protagonista, Wade Cameron, è appunto uno specialista con la facoltà di poter controllare gli scontrini, oggetto assolutamente inutile e ridicolo, scelto di proposito in quanto tale. Wade è un ragazzo neo-laureato, ma senza alcun reale interesse nella laurea che ha conseguito e con profondi dubbi sul suo futuro. All’inizio del romanzo viene contattato da Paul Auberon, fondatore di un gruppo misterioso, chiamato la NeolGen. Auberon gli propone di partecipare a una specie di prova di selezione che avverrà il mese successivo, per un lavoro non meglio specificato e legato alle sue capacità. Wade, esitante per il suo futuro, accetta. Nonostante l’impostazione di superpoteri, ciò che muove principalmente Wade è scoprire la propria strada e se stesso. Con altri personaggi, si troverà ad affrontare sia la società cambiata radicalmente a seguito del virus, sia una nuova, misteriosa minaccia sorta parallelamente agli specialisti.
A: I Guardiani dei parchi è la storia di Giacomo, un ragazzo di sedici anni alle prese con il divorzio dei genitori, un trasloco burrascoso e un’abilità fuori dal comune. Quando si trova all’interno di un parco pubblico può vedere delle creature provenienti da dei mondi diversi della Terra, del tutto invisibili alle persone comuni. Questa capacità lo rende un candidato ideale per unirsi all’Ordine dei Guardiani dei parchi, l’organizzazione che gestisce i rapporti con i cosiddetti Mondi Connessi. Per quanto questa prospettiva sia allettante, non è comunque priva di insidie: non tutte le creature che arrivano sulla Terra sono pacifiche e alcuni fatti strani, tra cui un’evasione inspiegabile, indicano che qualcuno sta tramando nell’ombra per vendicarsi di un vecchio torto…
Cominciare a scrivere un romanzo non è mai facile. A cosa vi siete ispirati? Inoltre che accorgimenti particolari avete usato mentre scrivevate?
G: (riguardo l’ispirazione)
Allora, affermo ridacchiando virtualmente che Ascend-ent è un pappone di varie idee. C’è un coronavirus posticcio, ci sono dei poteri (chiamati “specializzazioni”), ci sono tematiche sui social media, ci sono elementi che potrebbero riportare alla mente X-Men e altri The Walking Dead.
La mia idea è semplice: mi ispiro a tutto finché nel “feeling” e nel “mood” principale del romanzo c’è coerenza. È un po’ difficile spiegare correttamente cosa intendo, quindi cercherò di farlo con una similitudine: nel preparare un piatto ben riuscito è necessario mescolare bene i giusti ingredienti. In scrittura è la stessa cosa. Finché ciò a cui mi ispiro ben si confà all’anima del lavoro, allora traggo volentieri ispirazione. Per esempio: avendo come tema principale Ascend-ent il cambiamento e il doversi adattare a una nuova società e realtà, uno sfottò ai social media e magari qualche personaggio fissato con essi ci sta bene, mentre avrebbe meno senso inserire un personaggio particolarmente spensierato e più infantile.
Mi basta guardarmi intorno e ispirarmi a quello che mi succede, quello che vedo, quello che sento! E da qui cerco di incastrare tutto nel filo principale nel modo migliore possibile.
A volte mi aiuta anche ascoltare musica. Nel caso di Ascend-ent, ce n’è una in particolare che continua a ispirarmi, “Be Somebody” dei “Thousand Foot Krutch”: https://www.youtube.com/watch?v=3L3R0o3PEyQ
(riguardo gli accorgimenti presi)
Sto facendo molta attenzione a tutte le tecniche apprese negli anni lavorando con una mia vecchia e cara amica. In quegli anni ho migliorato la mia narrativa, appreso vari modi di pensare e così via. Ma non cerco di applicarli ostinatamente, quanto più di mescolarli armoniosamente con quello che sento/penso sia giusto per il romanzo.
Per esempio, applico religiosamente la tecnica dello “show don’t tell”, ma anche una mia variante che esiste sicuramente con un altro nome ma che io chiamo affettuosamente “show, then tell” (ovvero: faccio avvenire fatti plausibili ma misteriosi, e spiego/mostro i perché e i dettagli man mano).
Cerco di procedere poco alla volta rendendo le scene più memorabili e interessanti possibile, a costo di dover cambiare le idee che avevo in mente.
Un tempo con quella mia amica producevamo capitoli da 10 pagine in una sola serata. Adesso lavoro molto più lentamente e senza forzarmi.
A: Sembrerà scontato, ma l’idea per scrivere “I Guardiani dei parchi” mi è venuta proprio esplorando un parco vicino a casa mia. In particolare la presenza di un Cromlech, un gruppo di pietre disposto a cerchio, mi ha suggerito l’idea di un portale capace di collegare la Terra a infinite altre realtà. Da lì a elaborare una prima bozza della trama il passo è stato breve.
In quali circostanze avete pensato di cominciare a scrivere?
G: circostanze nefaste. Allora, senza tanti giri di parole ho cominciato il romanzo durante la quarantena e dopo una bruttissima rottura sentimentale. Un po’ come Wade, avevo bisogno di ritrovarmi e di riscoprirmi. In realtà pensavo anche di gettare via la scrittura e di provare qualcosa di nuovo, ma poi tanti cari amici, anche citati nei ringraziamenti del romanzo, mi hanno convinto a riprovare. Poi un giorno mi è venuta l’idea del tizio degli scontrini, ho fatto fronte alle mie paure e mi sono detto “why not?”. Ho aperto Word e mano mano le idee e l’ispirazione mi sono venute: un po’ da qualche manga, un po’ da qualche videogioco come Astral Chain, un po’ da telefilm di eroi come The Flash e Arrow, un po’ da questo, un po’ da quest’altro e, senza rendermene conto, mi ritrovo ora a 106 pagine di romanzo, molto affetto e due care lettrici!
A: I miei primi esperimenti con la scrittura creativa iniziarono a 13 anni, quando mi appassionai moltissimo al genere fantasy, grazie a letture come Harry Potter e Le Cronache del Mondo Emerso. Nell’arco di un paio di anni scrissi un paio di “romanzi” (le virgolette sono d’obbligo). Roba impubblicabile, col senno di poi, ma che mi aiutò molto a muovere i primi passi in un mondo più vasto e complesso del previsto. Col passare del tempo ho scritto un po’ di tutto, dalle fanfiction su Dragon Ball a racconti ben più maturi.
Come vi sentite quando scrivete? E quanto scrivete in media quando prendete la penna in mano?
G: hmmmmmmm dipende. Allora se la scena mi attira molto mi sento concentrato e hypato, e vado spedito. Altrimenti generalmente teso e spaventato di scrivere male ahahah.
Infatti proprio per questo cerco di andare avanti quasi solamente quando l’ispirazione fluisce nelle mie vene come un fiume in piena ed evito i momenti in cui lo faccio perché da giorni evito quel documento Word come la bilancia dopo una mangiata al ristorante. In media 500-1000 parole ma in maniera incostante.
In ogni caso amo scrivere, se non si è già capito, e sono grato a me stesso e a tutti quelli che mi hanno incitato a riprendere.
A: La risposta più sincera che posso dare è “dipende”. Ci sono dei giorni in cui adoro scrivere e non mi fermerei mai e altri in cui anche solo buttare giù due righe è una sofferenza. Non ho una media di parole precisa, ma durante la lavorazione di I Guardiani dei Parchi mi ero fissato un tetto di 10.000 caratteri al giorno e di solito riuscivo a rispettarlo. A livello di produttività mi sento molto più vicino a un George R.R. Martin che a uno Stephen King (sigh).
Durante la stesura di un testo sarà sicuramente capitato di tornare sui propri passi e cambiare qualcosa. A voi è successo? Se sì, quando e cosa avete cambiato?
G: lo dico in un romantico romanaccio: avoglia! Il mio romanzo è diviso in capitoli (e grazie tante…), anche se questi capitoli sono scelti rigorosamente e con un senso specifico. Per rispondere alla domanda, infatti, il capitolo 4 doveva avere un’impostazione completamente diversa da quella che avevo originariamente in testa.
Piccolo spoiler: in origine era un capitolo molto incentrato su battaglie, ma poi l’ho cambiato in una più sobria e interessante indagine.
Anche scene più piccole, se le sento noiose e lente, vengono eliminate con una bella linea e sostituite con qualcos’altro. Esempio: Wade doveva stringere un po’ con un altro personaggio mentre entrambi erano in attesa in una stanza. L’idea mi scocciava e li ho portati direttamente sul luogo degli eventi, facendoli aspettare e chiacchierare brevemente lì.
A: Senza scendere troppo nei dettagli, posso dire che inizialmente gli antagonisti erano del tutto diversi e un personaggio chiave non era presente. Ho anche aggiunto delle scene e aggiustato il tiro per rendere il racconto il più autoconclusivo possibile. All’inizio avevo pensato a una trilogia, ma col passare del tempo mi sono reso conto che avrei finito con l’annacquare troppo la trama. Non escludo comunque un sequel in futuro, anche perché sono rimaste un po’ di cose da dire e approfondire.
Parliamo ora della fine del libro. Come preferite concludere una storia? Avete mai pensato all’elaborazione di un libro con un sequel?
G: molti dicono che il finale decide la qualità di un romanzo. Io sono e non sono d’accordo. Nel senso che il finale ti resta certamente molto impresso, e DEVE, ma tutto il resto dev’essere all’altezza e di qualità. Altrimenti è una comoda scusa.
Il finale per me deve catturare l’essenza, le motivazioni, le idee e lo spirito dell’opera in un climax di colori e di spettacolo, essendo il meno cliché e il più figo possibile. Se si fallisce nel rendere bene ciò, si è fallito nella costruzione di un finale.
Riguardo a un possibile sequel, sì ci ho pensato a lungo e avrei anche idee. Ma credo fermamente nella qualità e nello spirito dell’originale, specie in un romanzo come Ascend-ent dove non mi piace far saltare fuori cose nuove per comodità di narrazione. I sequel per me funzionano solo se c’è altro da dire riguardo la storia. Per questo al 99% Ascend-ent non avrà un sequel.
A: Quando inizio a scrivere un racconto cerco sempre di immaginarmi come andrà a finire. Sapere in quale direzione sto andando mi aiuta a gestire meglio il flusso della storia e a capire quali strade imboccare e quali evitare. Cerco comunque di essere elastico e di cambiare il finale prefissato, se lo reputo necessario. Preferisco le storie autoconclusive, ma non escludo mai del tutto la possibilità di riprendere in mano un vecchio universo narrativo per arricchirlo di nuovi particolari.
Vi ringrazio tantissimo per la vostra testimonianza!
1 commento su “ESPERIENZA DI STESURA ROMANZI ft. ALESSANDRO BOLZANI E GABRIELE GLINNI”