La bellezza delle idee è la loro capacità di assumere forme diverse. C’è chi le trasforma in un film o in canzoni e chi preferisce metterle nero su bianco, usandole per dare vita a storie, mondi e personaggi unici. Spesso un autore tende a scrivere centinaia di pagine solo per sviscerare al meglio un singolo concetto o trasmettere un messaggio in particolare. Nel caso della poesia avviene un processo un po’ diverso. Spesso un’idea potentissima, che potrebbe diventare senza problemi la base di un romanzo fiume, viene condensata in poche righe, affidando a elementi come la metrica e il ritmo il compito di esaltarne al meglio la bellezza. Non sempre il significato di una poesia è ovvio e a volte il lettore ha bisogno di più letture per arrivare a comprenderlo appieno. Ma quando ciò avviene, la potenza delle parole lo investe con la forza di un fiume in piena, risvegliando nel suo cuore sentimenti di ogni tipo.
Ho provato delle sensazioni analoghe leggendo alcuni dei componimenti presenti in “Mille soli una notte”, la prima raccolta di poesie di Lorenzo Rotella, giornalista noto per le sue inchieste sul revenge porn e sui fanghi tossici spacciati per fertilizzanti nel novarese. Per capire la genesi di quest’opera ho proposto a Lorenzo un’intervista e lui, molto gentilmente, ha accettato.

Ciao Lorenzo e grazie per aver accettato di prendere parte a questa intervista!
Per prima cosa, mi piacerebbe chiederti com’è nata l’idea di scrivere una raccolta di poesie. È un obiettivo che volevi raggiungere da tanto tempo o è nato da poco?
Non saprei dire come e quando sia nata. Ho iniziato a scrivere in prosa, senza avere la minima idea che un giorno avrei potuto dire qualcosa anche in versi. La mia raccolta nasce in sprazzi nel tempo, intensi momenti di lucidità e parole che sentivo giuste e senza altre frasi da aggiungere intorno. Ciò che avrei potuto dire in centinaia di pagine è racchiuso lì dentro. E al tempo stesso il contrario, perché da ogni poesia può venire fuori un racconto, una storia che rompe nuovamente lo schema metrico della poesia. Più che un obiettivo da raggiungere, quest’opera è cresciuta da sola. Una rappresentazione della mia mente, scatto dopo scatto. È stato come salire sull’altalena: spinte continue per vedere il cielo da vicino, per poi tornare a terra e ricominciare.
Ci sono alcuni poeti che ritieni abbiano influenzato il tuo stile?
Uno su tutti (o forse l’unico) è Dino Campana. I Canti Orfici sono la mia Bibbia laica, ogni tanto sento il bisogno fisico di leggerne alcune pagine. Sarà poi chi legge ad analizzare la mia opera e trovarci ciò che più gli sembra. Ho cercato di mescolare antico e nuovo per costruire scrigni da aprire in ogni componimento.
Pensi che le idee che avevi in mente avrebbero potuto confluire anche in un romanzo? O la poesia era la “valvola di sfogo” perfetta per quello che volevi esprimere?
Ribadisco il concetto di prima: era più che possibile un romanzo su questo tema. Ma alla fine è venuta fuori una sceneggiatura emozionale più che lineare, fuori dallo spazio e dal tempo. Parliamo di un ragazzo che perde il padre e questa perdita gli fa vedere un mondo nuovo. Un ragazzo che non ha mai dialogato tanto con quel genitore e d’un tratto coglie interi discorsi nei ricordi di sguardi, sorrisi, sberleffi ma anche discussioni e brutti momenti. E in tutto questo matura, cresce, cambia, percepisce e inizia ad ascoltare tutto, a cominciare dagli altri. Si passa poi al risveglio graduale, ai soli che asciugano lacrime e scaldano cuori. E non li ho inseriti tutti: si tratta di un almanacco di emozioni digerite, perciò molte le ho ancora sullo stomaco. Forse la poesia era dunque il modo giusto per dirlo, senza il diktat di un senso narrativo compiuto.

Pensi di scrivere altri libri di poesie in futuro? O preferiresti concentrati su dei progetti differenti?
Ci sono tanti temi da sviluppare in poesie, come altrettanti per poter fare dei romanzi o racconti. Ho per esempio da anni l’idea di un grande romanzo storico di formazione che mi ronza in testa, ma sono fatto così: mi ossessiono finché non ne posso più e butto giù tutto di getto, per poi rivederlo con calma. Succederà anche stavolta, ma non posso prevedere quando.
Il tuo lavoro come giornalista ha in qualche modo influito sulla stesura dell’opera?
Mi ha fatto comprendere l’importanza di raccontare una storia. Dalla parte di chi narra le vite degli altri so bene cosa significa metterne in gioco una, sviscerarla, denudare qualcuno. Prendiamo un indagato di cui si sanno vita, morte e miracoli, o la vittima di una tragedia: il primo istinto umano che io ho in quel caso è conoscere il più possibile quella persona. Ed è lo stesso istinto che ha portato a conoscere anche me, per spogliarmi davanti a chiunque voglia vedere il mio corpo scritto. Mi piacerebbe che lasci qualcosa al lettore, proprio come fanno le notizie ogni giorno. Qualcosa da ricordare, di cui parlare e – perché no – in cui perdersi, e magari ritrovarsi.
Grazie ancora per il tempo che ci hai dedicato, Lorenzo!
Potete trovare “Mille soli una notte” sul sito della casa editrice NMBookWorld:
https://www.nmbookworld.com/store/p29/mille-soli-una-notte.html