Proseguiamo il nostro viaggio nel tempo prendendo in considerazione gli anime usciti dal 1996 al 2000 (sempre tenendo conto della prima trasmissione sulle emittenti giapponesi). Per leggere la prima parte e scoprire tutte le regole di questo “gioco”, cliccate QUI!
1996: Detective Conan

Detective Conan ha svolto un ruolo importante nell’alimentare la mia passione per le storie ricche di misteri da risolvere, assassini da scoprire e organizzazioni dagli obiettivi imperscrutabili. Alle medie non me ne perdevo una puntata e a volte mi divertivo a prendere appunti per provare a individuare il colpevole prima di Conan. Questa serie mi avvicinò a Sherlock Holmes e ad altri grandi classici del giallo, tra cui i libri di Agatha Christie. Il mio unico, piccolo rammarico riguarda la natura infinita dell’opera, che a distanza di anni pare ancora lontana da una conclusione vera e propria (ho smesso di seguire il manga attorno al novantesimo volume, quindi non sono proprio aggiornatissimo sugli ultimi sviluppi).
Tra le menzioni speciali devo citare per forza Dragon Ball GT, che mi offre anche un pretesto per parlare della serie di Akira Toriyama a 360°. A causa delle regole che mi sono autoimposto non posso inserire le prime avventure di Goku tra i vincitori delle singole annate (molto banalmente perché la prima trasmissione sui canali televisivi giapponesi risale a prima del 1991), ma naturalmente hanno giocato un ruolo chiave nella mia infanzia. A conti fatti, Dragon Ball è stato uno dei primi battle shonen ai quali mi sono appassionato e durante gli anni delle elementari è sempre stato uno dei principali argomenti di discussione con amici e compagni di classe.
Per quanto Dragon Ball GT sia inferiore alla serie classica e a Z, ho comunque dei bei ricordi legati ai pomeriggi passati a guardarlo, alla sigla di Giorgio Vanni e alla meravigliosa opening giapponese (presente sulle VHS vendute in edicola).
Altra serie che vale la pena menzionare è senz’altro Rossana. Anche se mi appassionava meno rispetto ad altri shojo (tipo “È un po’ magia per Terry e Maggie” che mi sono dimenticato di citare tra gli anime del 1993), sapeva comunque intrattenermi, anche grazie ad alcuni momenti comici molto ispirati (la madre con gli scoiattoli in testa non si scorda!). Ricordo poco delle storyline più serie e romantiche, se non la poca simpatia che provavo nei confronti di Heric.
1997: Pokémon

Non credo che vedrò mai con i miei occhi un successo commerciale paragonabile alla Pokémania di fine anni ‘90/inizio del duemila. Quegli anni sono stati magici e mi ritengo fortunato ad averli vissuti con la mente di un bambino. E il bello è che nel mio caso quello con i Pokémon non fu per nulla un colpo di fulmine! Quando vidi la prima pubblicità non rimasi granché impressionato (da grande uomo vissuto pensai: “Sembra un cartone per bambini!”), ma la situazione cambiò radicalmente quando andò in onda il primo episodio. Proprio come Ash, rimasi folgorato, senza neppure avere vicino un Pikachu. Quel mondo pieno di creature “toste e prorompenti” con le quali lottare assieme ci mise pochissimo a conquistarmi e a spingermi in un vortice apparentemente infinito fatto di giocattoli, figurine, carte collezionabili (alle quali ho imparato a giocare solo pochi anni fa!), scambi sottobanco con i compagni di classe e meravigliose leggende metropolitane, ormai impossibili da replicare a causa di quel surrogato di onniscienza su piccola scala chiamato Internet.
Come menzione speciale devo mettere un altro anime tratto da un manga di Akira Toriyama: What a mess Slump e Arale, remake della serie andata in onda in Giappone negli anni ’80. La trovavo divertentissima e cercavo di fare il possibile per non perdermi neanche un episodio. Ricordo con piacere gli alieni che tentavano di conquistare la “Serra” o gli stratagemmi di Slump per evitare che qualcuno scoprisse la vera natura di Arale.
Una serie che sono sicuro di aver adorato, ma della quale ricordo pochissimo è “Luna principessa argentata”. Presumo che a colpirmi fu il mix di umorismo, elementi majokko e ambientazione fantasy colorata e vivace. Poi c’erano degli animali come co-protagonisti, quindi partiva già avvantaggiata!
1998: Serial Experiments Lain

In questo caso il fattore nostalgia non c’entra proprio nulla. Ho visto Serial Experiments Lain solo nel 2019 e l’ho amato con ogni fibra del mio corpo. Quest’anime, figlio degli anni ’90 sia nello stile che nelle modalità narrative, ha saputo anticipare con una lungimiranza incredibile dinamiche sociali che si sono verificate solo nei lustri successivi, quando Internet è diventato abbastanza diffuso da rendere sensato parlare di una vera e propria società connessa. Nonostante l’ambientazione perlopiù realistica e “moderna”, la serie può essere annoverata tra i classici del genere cyberpunk per la riflessione che porta avanti sul rapporto tra l’uomo e la tecnologia, dono al tempo stesso prezioso e terribile in base a come viene utilizzato. Ancora più intrigante è l’accento posto sull’identità, sempre più cruciale in un mondo in cui moltissime interazioni avvengono negli spazi virtuali, dove chiunque può nascondersi dietro a un nome diverso dal suo o a foto che non rappresentano le sue reali fattezze. Lain, in poche parole, è un’opera d’arte meravigliosa e lungimirante, da vedere almeno una volta nella vita.
La prima menzione speciale va a un anime immenso, che occupa con fierezza il secondo posto di un ipotetico podio del 1998: Cowboy Bepop. Quest’avventura spaziale in salsa western non è solo una delizia per gli occhi e per le orecchie, ma sa anche scuotere l’anima con episodi più seri, dove le rocambolesche avventure di Spike e soci si tingono di una nota più cupa e lo spettatore è portato a riflettere di fronte a svolte narrative impreviste. Davvero una pietra miliare dell’animazione giapponese.
Sarebbe un delitto non citare pure Le situazioni di lui e lei (Karekano in originale), uno shojo impreziosito dalla regia sontuosa e inconfondibile di Hideaki Anno. Dovrei rivederlo, perché a distanza di anni ho solo delle memorie frammentarie di una serie che ricordo di aver apprezzato parecchio.
Un’altra serie del 1998 che ricordo con grande affetto è Orphen Lo Stregone, scoperta grazie alla mai troppo elogiata Anime Night di MTV. L’ho vista in un periodo in cui il giudizio critico non era troppo sviluppato e credo che nel corso di un eventuale rewatch finirei per notare molti più difetti, però penso che continuerei comunque ad apprezzare il carisma del protagonista e l’ambientazione fantasy.
1999: One Piece

Per il 1999 la concorrenza è spietatissima, ma se premiassi un anime diverso da One Piece non farei altro che mentire a me stesso e sminuire l’importanza che questa serie ha avuto nella mia vita, soprattutto negli anni delle elementari e delle medie. La mia passione per i pirati, nata soprattutto per merito di Hook, è cresciuta a dismisura grazie alle peripezie dei Mugiwara e a saghe memorabili come quelle di Alabasta e Water 7. Ho passato tantissimo tempo a fantasticare sull’ambientazione creata da Eichiro Oda e ad attendere con impazienza l’arrivo di nuovi episodi da guardare. Nel corso degli anni ho smesso di seguire l’anime (troppo annacquato) per concentrarmi solo sul manga, ma ciò non ha in alcun modo sminuito l’importanza di tutti gli episodi visti in passato su Italia 1 o su qualche sito di streaming. E se ho ancora in casa il cappello di paglia di Rufy, forse una qualche ragione valida c’è.
Un’altra serie che ha reso speciale la mia infanzia è Digimon Adventure. Mentre alcuni dei miei coetanei si schieravano dalla parte dei mostriciattoli tascabili o di quelli digitali, io me li godevo entrambi, prendendo quanto di buono avevano da offrire i due mondi. Se sul fronte videogiochi Pokémon non temeva confronti, per quanto riguarda l’anime la musica era diversa. Digimon proponeva una storia più interessante e matura, che, a differenza di quella del competitor, non era castrata da una narrazione schematica. I digiprescelti crescevano di pari passo con le loro creature digitali, acquisendo nuove competenze e superando conflitti interiori. Con coraggio, la serie affrontava anche temi delicati (come la morte), dando una certa profondità agli spettacolari scontri tra Digimon buoni e malvagi.
In un filone simile a quello di Digimon e Pokémon si possono inserire anche Monster Rancher e Medarot, due serie che, in modi diversi, giocavano sulla presenza di tante creature/robot diversi per intrattenere lo spettatore. Le seguivo entrambe con piacere, ma quella che mi è rimasta più impressa è Medarot, anche per via delle bellissime lamincards che uscivano in edicola.
Great Teacher Onizuka è una delle serie più importanti uscite nel 1999, almeno per quanto riguarda la mia formazione come appassionato di anime. Guardarla mi ha permesso di prendere confidenza con tanti temi sociali tipicamente giapponesi, preparandomi alla fruizione di opere sempre più complesse e mature. Oltre ai momenti più seri, GTO funzionava tantissimo anche per l’irriverenza del protagonista, un insegnante sopra le righe e con un passato da teppista che, a modo suo, riusciva a risolvere un problema dopo l’altro e ad aiutare chi si era perso a ritrovare la strada. Purtroppo l’anime copre solo una piccola parte del manga, lasciando scoperti alcuni degli archi narrativi più ispirati. Meriterebbe una seconda serie o un remake, ma entrambe sembrano delle eventualità remote.
Un’altra serie della quale ho un bel ricordo è Cyborg Kuro-chan, merito soprattutto dell’assurdità delle situazioni che proponeva e del sano mix di azione e umorismo. Pure la sigla cantata da Giorgio Vanni era parecchio carina.
Da buona amante degli anime demenziali e sopra le righe non posso esimermi dal citare Excel Saga, una delle opere più bizzarre mai uscite dai confini del Giappone. Quasi ogni episodio era la parodia di uno specifico genere (dalla commedia romantica ai film di spionaggio), del quale portava all’estremo i cliché, con risultati a dir poco esilaranti. Non mancavano personaggi ricorrenti, da Il Palazzo a Frattaglia, rotture della quarta parete e citazioni ad altri anime e alla cultura pop in generale. Il sottotitolo “animazione sperimentale insensata” era a dir poco azzeccato.
Pur essendo più affezionato al manga, devo comunque citare Hunter X Hunter tra le menzioni speciali del 1999. L’anime è un adattamento abbastanza fedele delle prime saghe della serie di Togashi, della quale ripropone in modo efficace lo spirito di avventura e la crescita dei personaggi principali. Al netto di alcuni episodi filler (meno di quel che si potrebbe pensare) questa versione resta tutt’ora molto godibile, soprattutto per merito del character design in puro stile anni ’90. Ma chi preferisce un’esperienza più completa potrebbe essere più propenso a orientarsi verso il remake del 1999, che copre buona parte dei volumi del manga usciti finora.
Menzione rapidissima per altre due serie sulle quali preferisco non dilungarmi: Ojamajo Doremi e Power Stone. Entrambe, per quanto diverse, hanno fatto parte della mia infanzia, senza però avere un peso poi così rilevante sulla mia passione per gli anime.
2000: Digimon Adventure 02

Tra tutte le serie dedicate ai Digimon che ho visto nel corso degli anni, Adventure 02 resta la mia preferita. Da bambino non me ne perdevo un episodio e adoravo l’idea che fosse un seguito diretto delle avventure dei primi digiprescelti. Nel corso degli anni mi è capitato di rivederla e non mi ha deluso: nostalgia a parte, la serie è comunque solida dal punto di vista narrativo e propone situazioni e personaggi capaci di restare nel cuore.
La prima menzione speciale va all’anime che mi ha avvicinato ai giochi di carte collezionabili: Yu-Gi-Oh! Ricordo che dopo la visione dei primi episodi tutti i bambini volevano mettere le mani su dei deck simili a quelli usati dai protagonisti e sfidare gli amici a colpi di mostri e magie. Purtroppo in un primo periodo arrivarono nelle edicole solo le versioni tarocche delle carte, quelle con dentro il mitico Darky Big Rabbi, un Exodia completo con una potenza d’attacco infinita. La situazione migliorò quando la distribuzione dei pacchetti ufficiali divenne più capillare. Nonostante l’anime si prendesse parecchie libertà sul fronte del regolamento, almeno all’inizio, imparare a giocare nel modo corretto a “Duel Monsters” si rivelò tutt’altro che difficile.
Per quanto riguarda l’anime in sé, devo dire che fu in grado di tenermi incollato al televisore per buona parte dei suoi archi narrativi, anche se ho dei ricordi abbastanza nebulosi per quanto riguarda gli ultimi episodi con Yugi e compagni.
Ufo Baby spinse me e tanti altri bambini a fare il tifo per i due protagonisti, nonostante il loro presunto legame di sangue (in realtà non erano davvero cugini, ma ricordo che all’epoca c’era un po’ di incertezza su questo punto). Ship a parte, la serie era davvero tenera e divertente e ho un bel ricordo delle mattine passate a guardarla.
Lo stesso vale per un altro anime carino e innocente, Hamtaro, che invece allietava i miei pomeriggi.
Passando a due serie più mature, è doveroso citare Inuyasha e Saiyuki, anime senz’altro diversi, ma accomunati dalla presenza di scontri con i demoni e ambientazioni tutt’altro che moderne (anche se nel caso di Inuyasha le scene ambientate nell’epoca moderna non sono del tutto assenti).