Il protagonista che non dice tutto (anche a te): costruire un personaggio riservato – il (secondo) caso di Phoenix Wright

Beh, un’altra analisi per lo stesso personaggio, ma guarda un po’!

Phoenix Wright non è l’angelo di porcellana che molti si ostinano a dipingere. È un bugiardo selettivo, un ironico silenzioso che ti offre un sorriso educato mentre dentro di sé esprime giudizi su tutto e tutti. Eppure, proprio questa dicotomia è ciò che lo rende uno dei protagonisti più riusciti e longevi nel panorama videoludico e narrativo.

Quindi, se anche tu vuoi creare un personaggio riservato che funzioni — non uno di quei figuranti piatti che “parla poco perché è misterioso” (à la Sasuke) ma di fatto non ha nulla da dire — allora mettiti comodo. Analizziamo insieme la lezione di scrittura dietro il buon Phoenix e vediamo come non farti sgamare dal lettore mentre tessi trame di segreti e allusioni.

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Quando il protagonista diventa il boss finale: un ribaltamento epico nella narrazione

Nei videogiochi, negli anime e nelle serie TV, le boss fight sono tra i momenti più intensi ed emozionanti, un momento che, se ben scritto, è superfigo e ti tiene incollato allo schermo con il fiato sospeso. Ma cosa succede quando il boss finale non è un nemico qualsiasi, ma proprio il protagonista che hai seguito e amato per tutta la storia? Questo colpo di scena cambia completamente le carte in tavola, creando una tensione incredibile e mettendo alla prova sia i personaggi che le emozioni di chi sta giocando o guardando.

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Depotenziamento estremo: perché ridimensionare gli ex protagonisti può rovinare una storia – il caso di Naruto e Sasuke in Boruto

Nel mondo degli anime e manga, il passaggio generazionale è una pratica comune, soprattutto nei franchise longevi. Tuttavia, non tutti gli approcci a questa transizione sono efficaci, e un esempio emblematico di gestione discutibile si trova in Boruto: Naruto Next Generations. Qui, il depotenziamento di Naruto e Sasuke ha suscitato forti reazioni negative da parte dei fan, che hanno visto i loro eroi di infanzia diventare inaspettatamente più deboli e meno rilevanti. Ma perché questa strategia narrativa è così problematica? E quali alternative esistono per mantenere vivo l’interesse senza sacrificare il valore di personaggi iconici?

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Scrivere un ottimo protagonista: alcuni consigli.

Scrivere un protagonista che intrattenga il suo pubblico dall’inizio alla fine dell’opera e che sia capace di evocare magia e suspence è un’impresa complessa, ma fondamentale per la buona riuscita di un lavoro.

Infatti, non solo il protagonista è il focus del buon 80-90% del lavoro, ma è anche il “centro di gravità”, si potrebbe dire, di tutto ciò che ha attorno. Setting, personaggi secondari, trama e via discorrendo.  Ne è quasi il cuore.

Vediamo che scelte possono essere effettuate al fine di costruire un personaggio principale di qualità.

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Come bilanciare i pregi e i difetti dei personaggi (e non trasformarli in Mary Sue)

Spesso e volentieri, i personaggi più odiati dai lettori non sono gli antagonisti senza scrupoli, bensì i protagonisti infallibili e privi di difetti.  Questi cliché letterari ambulanti superano con facilità ogni ostacolo, non hanno mai un momento di debolezza e, in molti casi, sono persino dotati di abilità fuori dal comune (ovviamente non giustificate dal loro background). Per la maggior parte dei lettori è difficile immedesimarsi in qualcuno di così perfetto o provare empatia nei suoi confronti. È vero che le storie narrate nei libri non devono per forza rispecchiare la realtà al 100%, ma è comunque importante che siano quantomeno verosimili e in grado di creare una connessione emotiva col lettore.

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