Ecco la seconda metà della classifica! Chi ci sarà sul podio? Scopriamolo assieme! Per la prima parte premete QUI.
6 – Phoenix Wright: Ace Attorney – Spirit of Justice

Rispetto a Dual Destinies, Spirit of Justice è un netto passo avanti nella direzione giusta. Pur avendo alcuni problemi, di cui parlerò tra poco, il gioco è comunque godibile e divertente, grazie a dei casi più interessanti rispetto a quelli del suo predecessore. Anche la gestione dei personaggi è maggiormente efficace: stavolta Apollo e Phoenix seguono entrambi un percorso chiaro, anche se non sempre coerente con il loro background. Athena, invece, è stata (temporaneamente?) relegata a un ruolo più marginale. Queste scelte rendono Spirit of Justice un gioco con un’identità più definita rispetto a Dual Destinies. Anche la trama generale, per quanto un po’ troppo sopra le righe (anche per gli standard della serie), è chiara e si lascia seguire con piacere fino alla fine.
Nonostante queste migliorie, Spirit of Justice ha comunque ereditato alcuni difetti di Dual Destinies. Per esempio pure qui alcuni personaggi sembrano inseriti più per fanservice che per effettive esigenze di trama. Maya che torna per ricoprire per l’ennesima volta il ruolo di damigella in pericolo non è il massimo della vita e pure la presenza di Edgeworth mi è sembrata abbastanza infilata a forza. Ci sono, inoltre, alcuni retcon molto forzati, legati perlopiù al passato di Apollo e al villaggio Kurain. In misura minore, anche la storia della famiglia Gramarye ne ha subito uno.
Proprio come in tutti gli altri giochi scritti da Yamazaki, anche in Spirit of Justice i plot twist legati al delitto hanno ricevuto una cura maggiore rispetto alla psicologia e alle motivazioni dei personaggi. Non mancano però delle piacevole eccezioni a questa regola.
Tra le novità legate al gameplay, la più eclatante è senz’altro l’introduzione delle “Divination Séance”, ossia dei rituali durante i quali è possibile scoprire quali sensazioni ha provato la vittima di un omicidio poco prima della morte. È una meccanica interessante, ma non sempre intuitiva e può creare più di un grattacapo. Durante le indagini, invece, è possibile cimentarsi in alcuni test scientifici assieme a Ema Sky (la detective del gioco), che però ho trovato più macchinosi rispetto a quelli di Apollo Justice.
5 – The Great Ace Attorney: Adventures

The Great Ace Attorney: Adventures è la dimostrazione perfetta del fatto che per portare una ventata d’aria fresca nella serie non servono chissà quali stravolgimenti a livello di gameplay: bastano un’ambientazione diversa e dei nuovi personaggi. Allontanandosi da Phoenix Wright e Apollo Justice diventa possibile raccontare delle storie con maggiore libertà, senza rischiare di contraddire qualche elemento dei giochi precedenti o rendere la storia dei protagonisti fin troppo esagerata. Ho adorato indossare i panni di Ryunosuke Naruhodo, un antenato di Phoenix, e vivere il suo percorso di maturazione nel corso dei cinque casi che compongono il gioco. La sua evoluzione, proprio come quella di Susato, è credibile e soddisfacente da seguire. In generale tutti i personaggi sono scritti molto bene e si nota un sacco la mano di Shu Takumi.
Il limite più grande di The Great Ace Attorney: Adventures è la sua natura di “primo atto” di una storia molto più grande. Il gioco si “limita” a introdurre tutti i misteri e gli spunti narrativi che saranno approfonditi nel suo sequel: è incompleto per natura e non fa alcunché per nasconderlo. La logica conseguenza è che il caso conclusivo, per quanto ben fatto, non viene in alcun modo percepito dal giocatore come un punto di arrivo, ma solo come la “fine del primo tempo”. Questa considerazione mi ha spinto a chiedermi “è giusto valutare il primo The Great Ace Attorney senza prendere in considerazione anche il suo sequel?”. La risposta che mi sono dato è che in Giappone i due giochi sono usciti separatamente, a distanza di due anni l’uno dall’altro, e dunque è stata la stessa Capcom a proporli in primo luogo come due esperienze separate. Pertanto, non mi è sembrato scorretto dedicare ai giochi due posizioni distinte in questa classifica.
Lasciando da parte queste considerazioni, The Great Ace Attorney: Adventures resta un gioco piuttosto solido. L’unico caso davvero deludente è il quarto, ma tutti gli altri mi sono piaciuti molto (soprattutto il terzo). Shu Takumi si è divertito a uscire più volte dagli schemi della serie, proponendo situazioni inaspettate e ingannando anche i fan più esperti. Ottima l’introduzione di Herlock Sholmes (questo nome mi uccide ogni volta) e delle “deduzioni scenografiche”. Non solo sono bellissime da vedere, ma contengono anche alcuni dei dialoghi più divertenti dell’intera serie. In generale l’umorismo è uno dei punti forti di questo gioco e del suo sequel e l’ho trovo all’altezza di quello presente nella trilogia originale. Per quanto riguarda i processi, la differenza più grande rispetto al passato è la presenza di una giuria popolare. Per evitare un giudizio prematuro, in alcuni casi diventa necessario interrogare i singoli giurati e trovare delle contraddizioni tra i loro punti di vista. È una meccanica divertente, però in un paio di occasioni mi ha dato l’impressione di aver spezzato un po’ il ritmo della narrazione.
Parlando di pacing, devo ammettere che in alcuni punti questo gioco mi è sembrato fin troppo lento. In particolare nel quarto caso i personaggi passano fin troppo tempo a discutere degli stessi argomenti, spesso senza cavare un ragno dal buco.
4 – Ace Attorney Investigations: Miles Edgeworth – Prosecutor’s Path

Anche se il gioco non è mai arrivato in occidente, sono riuscito a giocarci lo stesso grazie a un’ottima traduzione amatoriale. Pur ereditando alcuni dei difetti del suo predecessore (come il ritmo un po’ lento e la mancanza di tensione durante alcuni dibattiti), il secondo Ace Attorney Investigations rappresenta un gigantesco passo avanti. La storia è molto più interessante, i personaggi godono di un approfondimento maggiore (soprattutto Edgeworth), il fanservice è gestito in modo più intelligente e alcune meccaniche, come la ricostruzione della scena del crimine, sono state sfruttate meglio. Oltre ad attingere a piene mani da quanto di buono fatto dal suo prequel, il gioco ha anche introdotto alcune innovazioni degne di nota. Una di queste è il “Logic Chess”, una meccanica di gameplay molto interessante che, sotto alcuni punti di vista, può ricordare un mix tra la rottura dei lucchetti psichici e la ricerca dei tic nervosi del testimone. Basandosi sulle animazioni del personaggio con cui ha a che fare, il giocatore è chiamato di volta in volta a scegliere tra più opzioni, stando bene attento a non lasciar scadere il tempo a disposizione (che si riduce più in fretta in caso di errore).
Gameplay a parte, il secondo Ace Attorney: Investigations brilla per la sua trama. Ogni episodio introduce degli elementi importanti per ricostruire il quadro generale e capire le motivazioni del mastermind. Di fronte a una narrazione così coesa non si ha mai la sensazione di star perdendo tempo dietro a un caso “filler”. Il rovescio della medaglia è che un certo personaggio finisce per essere coinvolto in un numero enorme di eventi, rendendo un po’ complicata la sospensione dell’incredulità. Ciononostante, la storia procede bene dall’inizio alla fine e tutti i misteri introdotti trovano una risposta soddisfacente. Non manca, inoltre, un ottimo approfondimento psicologico dei vari personaggi. Edgeworth, che nel primo Ace Attorney: Investigations non era cambiato più di tanto, porta avanti il percorso di crescita iniziato durante la trilogia, arrivando al culmine della sua maturazione come persona e come procuratore.
3 – Phoenix Wright: Ace Attorney

Può sorprendere trovare il primo gioco della serie così in alto nella classifica, ma ho delle ottime ragioni per premiarlo con la medaglia di bronzo. Pur essendo ormai datata, la prima avventura di Phoenix Wright resta ancora godibilissima. Non può contare su tutte le migliorie al gameplay che sono state apportare in seguito e in alcuni punti è un po’ grezza, ma brilla sotto molti altri punti di vista. La storia narrata, quasi del tutto autoconclusiva, è tanto semplice quanto efficace e incarna tutti i valori che hanno reso immortale la serie. È impossibile restare indifferenti di fronte agli sforzi compiuti da Phoenix per diventare un avvocato degno di questo nome e salvare il suo migliore amico. La crescita del protagonista e del suo rivale è credibile ed è emozionante vederli superare assieme alcuni ostacoli apparentemente insormontabili. Sfido chiunque a prendere in mano questo gioco e a non provare empatia per Phoenix nel giro di cinque minuti.
Nel complesso, la qualità generale dei casi è buona. Gli omicidi sono un po’ più semplici e realistici rispetto agli altri episodi della serie, ma sono comunque presenti dei plot twist in grado di lasciare a bocca aperta (soprattutto nella parte finale). C’è un ottimo equilibrio tra il tema principale (il salvataggio di Edgeworth) e i vari casi affrontati, che rende anche gli episodi più vicini al concetto di “filler” utili per l’approfondimento psicologico dei personaggi.
2 – Phoenix Wright: Ace Attorney – Trials and Tribulations

Per anni ho considerato Trials and Tribulations il punto più alto raggiunto da Ace Attorney. Il capitolo conclusivo della trilogia ha ereditato tutti i lati positivi dei suoi predecessori e li ha elevati all’ennesima potenza, unendoli a una storia interessantissima, in grado di dare una degna conclusione a tutte le sotto-trame introdotte nel corso degli anni. L’ultimo caso è un enorme tributo all’opera di Shu Takumi e racchiude al suo interno tutti gli elementi e i personaggi che hanno fatto amare Ace Attorney a migliaia di giocatori. La trilogia non avrebbe potuto sperare in una conclusione migliore.
A prescindere dal pirotecnico finale, il gioco è solidissimo anche se considerato nella sua globalità. L’unico caso che zoppica un po’ è il terzo, ma ha comunque dei momenti interessanti e riprende alcuni dei temi della trama principale. Tutti gli altri episodi propongono dei misteri, dei personaggi e delle intuizioni a dir poco brillanti, che vanno a comporre un mosaico tanto affascinante quanto complesso. Vedere ogni casella andare al suo posto durante l’ultimo processo è una soddisfazione immensa.
Tra i nuovi personaggi vale assolutamente la pena menzionare Godot, il nuovo procuratore. Oltre a poter contare su un design sopraffino, è anche uno dei comprimari con la backstory più tragica e interessante. Queste caratteristiche lo rendono uno dei personaggi più memorabili dell’intera saga, nonché l’avversario perfetto per mettere alla prova la crescita di Phoenix come uomo e come avvocato.
Dal punto di vista del gameplay non c’è alcuna novità, ma non è assolutamente un male. Trials and Tribulations, infatti, riesce a brillare sfruttando al massimo le meccaniche introdotte nei primi due giochi, dal classico controinterrogatorio all’uso del magatama. La colonna sonora è forse la più bella dell’intera trilogia, con brani che raggiungono dei picchi di intensità senza precedenti.
1 – The Great Ace Attorney 2: Resolve

Il secondo The Great Ace Attorney è una delle esperienze videoludiche più intense che abbia mai avuto il piacere di vivere. Parte col botto e finisce con un’esplosione ancora più grande e spettacolare. Nel mezzo si passa da un colpo di scena all’altro, senza mai un momento morto. Non c’è stato un singolo caso che mi abbia annoiato o deluso e credo di non poterlo dire di nessun altro gioco della serie. L’ottimo lavoro di setup svolto dal primo The Great Ace Attorney ha permesso al sequel di concentrarsi al 100% sulla trama e i misteri, tutti affascinanti. Proprio come Trials and Tribulations, Resolve rappresenta la conclusione perfetta di un arco narrativo. Tutti i personaggi principali ricevono un approfondimento encomiabile e ogni singola sotto-trama trova una conclusione soddisfacente. Solo un paio di personaggi introdotti nel corso del gioco non hanno ricevuto il giusto approfondimento, ma si tratta davvero di un difetto marginale, incapace di intaccare la qualità complessiva dell’esperienza.
Il pacing non è perfetto, perché negli ultimi casi succede veramente di tutto e in certi momenti si ha poco tempo per metabolizzare quanto avvenuto, ma l’ho preferito di gran lunga a quello di tanti altri giochi della serie usciti negli ultimi anni.
Uno degli aspetti più belli del gioco è la crescita dei personaggi principali. Vedere Ryunosuke diventare passo dopo passo un avvocato che non arretra di fronte a nulla è meraviglioso e anche il processo di umanizzazione del procuratore Barok Van Zieks è da applausi a scena aperta. Il bello è che in questo caso cambiamento non significa “stravolgimento”. I personaggi acquisiscono nuove caratteristiche senza perdere per strada quelle che li hanno caratterizzati per la maggior parte del tempo. In Spirit of Justice, invece, c’è un certo personaggio che all’ultimo minuto cambia completamente carattere senza apparente motivo…
The Great Ace Attorney 2 è la dimostrazione che portare avanti delle trame da un gioco all’altro è il modo migliore per dare vita a una narrazione avvincente e che ripartire ogni volta da zero, nella speranza di rendere ogni gioco standalone non ha il benché minimo senso (anche se forse paga in termini di marketing, ma non vedo perché da fan dovrei mettermi a ragionare in ottica aziendalista). La mia speranza è che la formula introdotta con i due The Great Ace Attorney non venga abbandonata, bensì ripresa e migliorata, così da non dover più “sacrificare” un gioco per rendere meraviglioso il suo sequel.