Ace Attorney, qual è il migliore? La mia classifica (Prima parte)

La serie “Ace Attorney” ha avuto un grande impatto su di me. Non solo mi ha permesso di divertirmi e distrarmi in alcuni momenti difficili, ma ha anche alimentato la mia passione per la scrittura creativa e mi ha aiutato a conoscere nuovi amici (tra cui Gabriele). Associo ogni gioco della saga a un momento diverso della mia vita e ho tanti cari ricordi anche di quelli che ho apprezzato in misura minore. Non esiste, a mio parere, un Ace Attorney davvero disastroso e meritevole di una grave insufficienza. Al tempo stesso, è innegabile che non tutti i capitoli della serie abbiano raggiunto le stesse vette qualitative. In quest’articolo andrò a illustrarvi la mia classifica personale, cercando di motivare nel migliore dei modi ogni posizione.
(Visto che l’articolo è venuto lunghissimo, ho scelto di dividerlo in due parti. Quella che state leggendo è la prima e copre le posizioni dall’undicesima alla settima).

11 – Phoenix Wright: Ace Attorney – Dual Destinies

La copertina di “Phoenix Wright: Ace Attorney – Dual Destinies”

Qualche mese fa ho già parlato di Dual Destinies qui sul blog, in un lungo articolo nel quale ho spiegato quali sono, per me, i difetti che non permettono alla scrittura del gioco di brillare. Nel frattempo la mia posizione non è cambiata e ho individuato qualche altro problema che affligge il quinto gioco della serie principale.
Il più grande difetto di Dual Destinies è l’incapacità di focalizzarsi su una singola trama. Il gioco cerca, al tempo stesso, di raccontare il ritorno di Phoenix in tribunale dopo svariati anni di assenza, approfondire il passato di Apollo (in modo poco organico) e introdurre una nuova protagonista: Athena. Come facilmente intuibile, la scelta di affrontare assieme tante tematiche diverse ha reso pressoché impossibile dare la giusta importanza a ognuna di esse, rendendo la narrazione fin troppo disomogenea. Forse si sarebbe potuto ottenere un risultato migliore rimandando l’introduzione di Athena a un futuro capitolo della saga e rendendo Dual Destinies un sequel di Apollo Justice a tutti gli effetti.
Il cambio di rotta attuato da Takeshi Yamazaki rispetto al quarto capitolo della serie è stato fin troppo brusco e ha fatto perdere per strada vari elementi che avrebbero meritato un maggiore approfondimento. Prendendo in mano Apollo Justice e Dual Destinies ci si trova di fronte a due giochi che, per atmosfere e temi trattati, hanno ben poco in comune. Il feeling è molto diverso quando si passa dal primo Phoenix Wright a Justice for All o da un capitolo di The Great Ace Attorney all’altro.
Lasciando un attimo da parte i problemi generali che affliggono la narrativa del gioco, bisogna dire che anche i singoli casi non brillano per qualità. I più riusciti sono senz’altro gli ultimi due, che però sono penalizzati da un finale non soddisfacente al 100%. Per il resto, il passaggio dagli sprite 2D ai modelli poligonali è un po’ traumatico e rende le espressioni facciali di alcuni personaggi fin troppo strane. Le animazioni però sono generalmente ben fatte e hanno contribuito a rendere i processi ancora più dinamici e visivamente spettacolari. Alcuni dei nuovi personaggi possono contare su un character design ben fatto (apprezzo molto Blackquill e Fulbright), ma altri sono abbastanza inguardabili. Ottima, come sempre, la colonna sonora, ricca di brani capaci di valorizzare al massimo ogni momento.

10 – Il Professor Layton vs Phoenix Wright: Ace Attorney

La copertina di “Il Professor Layton vs Phoenix Wright: Ace Attorney”

I crossover sono da sempre dei prodotti molto particolari. Da un lato per i fan di due o più opere è bellissimo vedere delle interazioni tra personaggi che non si sono mai incontrati in precedenza. Dall’altro, dovendo dare spazio a tanti comprimari diversi si finisce spesso per non approfondire nessuno di essi o, ancora peggio, metterne in ombra qualcuno. In generale, è molto difficile che un crossover rappresenti il punto più alto raggiunto dai franchise che rappresenta.
Nel caso di “Il Professor Layton vs Phoenix Wright: Ace Attorney”, Capcom e Level 5 hanno provato a trovare un equilibrio tra le due serie, riuscendoci solo in parte. Sebbene Phoenix e Layton abbiano entrambi delle occasioni per brillare, il professore tende spesso a mettere in ombra l’avvocato, finendo per sminuire involontariamente le sue capacità. In tutta sincerità avrei preferito vedere un minor divario tra i due. Per ottenere un risultato migliore sarebbe bastato rendere Layton imbattibile nella risoluzione degli enigmi, ma meno abituato di Phoenix a cambiare prospettiva nelle situazioni più tese o a individuare le contraddizioni.
Nonostante questo difetto, il gioco fa un buon lavoro nell’esaltare i punti di forza dei gameplay delle due serie. Se le indagini si svolgono in puro stile Layton, con tanti enigmi da risolvere e personaggi bizzarri con cui interagire, i processi attingono a piene mani dalla tradizione di Ace Attorney, garantendo un’esperienza tanto divertente quanto soddisfacente. Shu Takumi ha anche approfittato dell’occasione per mischiare un po’ le carte in tavola, introducendo la possibilità di interrogare più testimoni assieme (che è stata poi ripresa nei due The Great Ace Attorney). Oltre alle prove, inoltre, è possibile usare anche un libro degli incantesimi per dimostrare l’esistenza di contraddizioni nelle testimonianze.
Questo elemento si sposa bene con la trama del gioco, strettamente legata ai processi alle streghe in stile inquisizione e al mistero che circonda la città di Labirintia. Purtroppo l’evoluzione della storia alla base di questo crossover è una delle ragioni per cui non posso metterlo più alto nella classifica. Senza fare spoiler, mi limito a dire che sono rimasto molto deluso dal finale e dalle spiegazioni che sono state date ai vari misteri introdotti nel corso dei capitoli. Proprio a causa di questa svolta narrativa, l’ultimo caso del gioco si perde a metà strada, diventando uno dei meno ispirati dell’intera saga. Si tratta di un enorme peccato, perché il potenziale per ottenere un risultato migliore c’era tutto.

9 – Ace Attorney Investigations: Miles Edgeworth

La copertina di “Ace Attorney Investigations: Miles Edgeworth”

Ricordo che le aspettative dei fan su questo primo spin off della serie Ace Attorney erano elevatissime. Tutti volevano giocare nei panni di Edgeworth e il nuovo gameplay incuriosiva parecchio. Inoltre, tutti si chiedevano se ci sarebbero state delle fasi in tribunali nelle quali poter vedere le cose dal punto di vista del procuratore. A distanza di tanti anni dall’uscita del gioco, non posso fare altro che rispondere: “Purtroppo no”. In Ace Attorney Investigations non ci sono delle sequenze uguali ai processi della saga principale e un po’ se ne sente la mancanza, soprattutto perché in alcune di situazioni la presenza di un giudice e di un avvocato difensore avrebbe aiutato non poco a far salire la tensione.
Nonostante questa assenza, il gioco resta uno spin off degno di nota e ricco di spunti di gameplay interessanti. La possibilità di esplorare la scena del crimine in modo libero, spostando fisicamente lo sprite di Edgeworth nelle varie ambientazioni, è gradevole, così come quella di individuare delle contraddizioni tra le prove a disposizione e l’ambiente circostante. Carina anche la capacità di Edgeworth di unire tra loro gli indizi raccolti per progredire nell’indagine, anche se nella maggior parte dei casi non rappresenta una grande sfida. Ho trovato più interessante la possibilità di ricostruire la scena del crimine per vedere cos’è cambiato nelle ore successive al delitto.
Tutte queste meccaniche di gioco rendono le sequenze dedicate alle indagini abbastanza varie, anche se non sempre il ritmo è gestito in modo efficace. Lo stesso problema è presente anche durante i dibattiti con i vari personaggi (del tutto simili agli interrogatori della saga principale), che purtroppo in alcuni casi sono fin troppo prolissi. Inoltre, come già accennato, l’assenza dell’atmosfera tipica del tribunale rende i confronti con i colpevoli meno tesi rispetto agli altri giochi, togliendo un po’ di potenza ad alcune sequenze che avrebbero meritato un palcoscenico più adeguato.
La trama di Ace Attorney Investigations è abbastanza interessante, ma si scontra con una caratterizzazione dei personaggi altalenante che non riesce a valorizzare al meglio gli spunti narrativi introdotti. Anche la qualità dei casi non è sempre elevata e l’ultimo episodio ha degli enormi problemi di pacing che rendono un incubo portarlo a termine. Ci sono anche altri difetti minori, come un uso del fanservice un po’ esagerato e la scelta di ambientare i primi tre casi a poche ore di distanza l’uno dall’altro, che mina parecchio la sospensione dell’incredulità.

8 – Apollo Justice: Ace Attorney

La copertina di “Apollo Justice: Ace Attorney”

Considero Apollo Justice: Ace Attorney la più grande occasione mancata dell’intera serie. Le premesse per un gioco con i controfiocchi c’erano tutte, soprattutto considerando che il primo caso è uno dei più riusciti in assoluto. Ritrovarsi fin dall’inizio del gioco con un sacco di misteri tra le mani è fantastico e aumenta tantissimo la voglia di scoprire il resto. Il problema è che Apollo Justice, a differenza di quasi tutti gli esponenti della saga, non raggiunge il suo apice narrativo nella parte conclusiva, che risulta anticlimatica, sbrigativa e incapace di soddisfare le enormi aspettative del giocatore. I misteri introdotti ricevono delle risposte, ma non tutte sono esaltanti. Inoltre, è un peccato vedere Apollo stare così poco sotto i riflettori nel gioco che porta il suo nome. Nell’ultimo caso è quasi uno spettatore passivo e contribuisce poco alla sconfitta del villain. Questa conclusione insoddisfacente, unita all’episodio “Turnabout Serenade”, pieno di errori di scrittura, rende la seconda metà del gioco meno riuscita della prima.
Nonostante questi difetti narrativi, ci sono tanti aspetti che rendono la qualità complessiva di Apollo Justice piuttosto buona. Per esempio sono presenti varie sequenze investigative che sfruttano bene le caratteristiche del Nintendo DS. Lo schermo inferiore viene usato di volta in volta per ruotare elementi sulla scena del crimine, controllare le impronte trovate, cercare tracce di veleno ecc. Durante i processi, invece, è possibile affidarsi alla capacità di Apollo di notare i tic dei testimoni per individuare le loro bugie e costringerli a modificare le proprie dichiarazioni. Tutte queste novità si uniscono bene al gameplay classico della serie, dando vita a un’esperienza varia e piacevole.
Anche i personaggi sono interessanti. Kristoph e Klavier sovvertono piacevolmente le aspettative, mentre Trucy riesce nell’arduo compito di non far rimpiangere Maya. C’è anche Phoenix Wright, ma si comporta in modo diverso rispetto al personaggio della trilogia originale. Dopo averlo considerato del tutto out of character per anni, di recente mi sono imbattuto in alcune analisi che mi hanno permesso di cambiare parzialmente idea e sviluppare un rinnovato apprezzamento per questa versione del personaggio.
La colonna sonora è una delle più belle dell’intera serie e ogni volta che sento brani come “Pursuit ~ Overtaken”, “Apollo Justice ~ A New Trial is in Session” e “Telling the Truth 2007” mi esalto tantissimo.

7 – Phoenix Wright: Ace Attorney – Justice for All

La copertina di “Phoenix Wright: Ace Attorney – Justice for All”

Se dovessi guardare solo al fattore nostalgia, Justice for All sarebbe in cima a questa classifica. È stato il mio primissimo Ace Attorney, acquistato quando la serie era ancora semisconosciuta in Italia, e mi ha catturato sin dai primissimi minuti. Ragionando in maniera più distaccata, devo ammettere che il gioco, nonostante una buona qualità complessiva, ha dei difetti che mi impediscono di posizionarlo più in alto. In primo luogo non ha una vera e propria trama (o quantomeno un tema principale). Nel primo Ace Attorney c’era un obiettivo chiaro e preciso: capire come salvare Miles Edgeworth. In Trials & Tribulations, invece, è il legame tra il passato e il presente a fare da filo conduttore tra gli eventi. In Justice for All questo collegamento tra i casi affrontati viene a mancare. La scomparsa di Edgeworth non può essere considerata il motore degli eventi, mentre i dubbi di Phoenix sul suo percorso come avvocato hanno un ruolo centrale solo nell’ultimo caso.
Anche in assenza di una trama centrale forte, Justice for All è comunque un gioco godibilissimo, grazie soprattutto a due casi: il secondo e l’ultimo. Uno è un’ottima variazione sul tema dell’enigma della camera chiusa, mentre l’altro si diverte a sovvertire le convinzioni del giocatore, portandolo ad affrontare delle situazioni inedite. Purtroppo gli altri due casi presenti sono meno ispirati. “The Lost Turnabout” (noto nella versione italiana del gioco come “Un nuovo inizio”) non è un brutto caso tutorial e personalmente lo trovo molto divertente, però contiene una delle incongruenze più lampanti dell’intera saga. “Turnabout Big Top” (o “Delitto al circo”) è considerato da moltissimi fan il peggior caso in assoluto. Personalmente non sono d’accordo e ritengo il plot twist su com’è avvenuto l’omicidio sia molto sottovalutato, tuttavia non posso che essere d’accordo con alcune delle critiche più comuni che ho letto su Internet. È verissimo che i personaggi sono quasi tutti insopportabili e che non tutte le sequenze di indagine sono ispirate.
Il gameplay del gioco è sostanzialmente identico a quello del primo episodio della serie, eccezion fatta per l’introduzione dei lucchetti psichici. Si tratta di un’aggiunta interessante, che ha permesso di rendere le fasi di indagine un po’ più varie e dinamiche.
Nonostante Justice for All sia l’anello debole della trilogia originale, lo trovo comunque un buon gioco e ritengo che abbia svolto un ottimo lavoro nel gettare le basi per alcune delle trame affrontate in Trials & Tribulations.

Per la seconda parte cliccate QUI!

Autore: Alessandro Bolzani

Mi chiamo Alessandro e sono l'autore del romanzo urban fantasy "I Guardiani dei Parchi". Nella vita faccio il giornalista, ma qui su Wordpress gestisco il blog "Pillole di Folklore e Scrittura", dove parlo di libri, mitologia, credenze popolari e, in generale, di tutto ciò che mi appassiona.

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