In scrittura creativa, il “pacing” è il tempo della narrazione, uno degli elementi fondamentali che giocano un ruolo vitale sul divertimento e interesse suscitato da un’opera.
Il pacing può essere descritto come un “ritmo”, un ritmo ben riuscito, curato ed elegantemente scandito, che lascia chi lo ascolta soddisfatto e incuriosito nel corso dell’opera, o della maggior parte di essa.
Viceversa, un ritmo lento oppure cacofonico non produrrà buoni risultati.
Si potrebbe quasi fare una comparazione alla grande composizione il Requiem di Mozart, per comprendere a fondo cosa intendo.
A livello di narrativa, questo si traduce con : creare lunghe sezioni in cui non avviene nulla, oppure caricare l’opera di troppa tensione e avvenimenti eclatanti, rischia di causare danni irreparabili a un lavoro.
Il motivo risiede nel fatto che il pubblico ha fondamentalmente bisogno di momenti di “relax” e momenti di incremento di adrenalina.
Un corretto bilanciare darà risalto a entrambi i momenti.
Dunque, qual è un tipo di pacing efficace e sicuro?
Un’opera ha bisogno di:
– Un’introduzione, ovvero stabilire il setting (il “dove”, il “quando” e le particolarità dell’universo narrativo) e “chi” (i personaggi principali).
– Il conflitto, ovvero introdurre il problema e/o l’antagonista principale.
– La chiamata all’azione, ovvero la serie di eventi preparativi che porta al climax finale.
– Il climax finale, ovvero lo scontro/evento principale e più importante.
– Gli effetti del climax finale: cosa significa per l’universo narrativo.
– La conclusione.
Tra questi punti fondamentali un “plot twist”, ovvero un evento inatteso che cambia le carte in tavola, è importantissimo per incrementare la tensione. Il plot twist può essere inserito pressoché in qualsiasi momento, escludendo la conclusione.
Osserviamo più in dettaglio un grafico a riguardo. Il grafico è tarato su un film della durata di 120 minuti.

Abbiamo un primo incontro/introduzione iniziale (meeting), seguita da uno scandirsi di eventi che aumentano la tensione e quindi l’interesse. Per esempio, l’arrivo e l’attacco devastante del cattivo principale, a cui non si riuscirà a dare immediata risposta.
A questo punto entriamo in una sezione in cui i personaggi principali decideranno come reagire e inizieranno a prepararsi di conseguenza (midpoint, pinch II).
Quando tutto è pronto, partirà l’offensiva finale (stand up) che porterà allo scontro conclusivo con il cattivo principale (climax). Le conseguenze e tutto ciò che ne verrà è nella conclusione (ending).
Come vedete, c’è un crescendo iniziale, seguito da un calo di un ritmo, che si conclude in una decisa impennata.
Nel film Rocky, lo scontro climatico con il pugile Apollo Creed, sebbene preannunciato quasi fin dall’inizio, avviene solamente alla fine, e soltanto dopo una lunga serie di preparativi in cui Rocky dà fondo a tutto il suo impegno per prepararsi allo scontro.
Il pacing è importante anche per stabilire la durata delle scene individuali.
Per esempio, la parte introduttiva o un punto di mezzo non potranno dilungarsi troppo, pena la noia dello spettatore.
Viceversa, un’introduzione sbrigativa e poco chiara rischierebbe di impedire agli spettatori di sentirsi immersi nell’universo narrativo.
La chiave è nel mezzo: scandire efficacemente il ritmo narrativo è un passo imprescindibile nella costruzione di un’opera.
Bisogna inoltre far presente che lo schema di sopra non è che un esempio standard e comune: uno scrittore esperto sarà in grado di creare un pacing efficace senza necessariamente attenervisi alla lettera.