Il film di Chainsaw Man merita di essere visto?

Risposta breve: “Sì, corri al cinema!”

La risposta lunga la trovate nelle prossime righe, che spero potranno convincervi a dare una possibilità alla pellicola tratta dal manga di Tatsuki Fujimoto!

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Mercoledì 2 – parte 1 – senza (troppi) spoiler

La Nevermore riapre i battenti e Mercoledì è alle prese con un nuovo preside, un subdolo stalker che si aggira nel campus e una sempre minore padronanza dei suoi poteri psichici; inalterata, invece, la sua encomiabile capacità di attirare assassini come la gente comune attira il mal di gola d’estate dopo una notte con l’aria condizionata sparata a palla in stanza.

Questa stagione si presenta con tratti molto più horror: salvo qualche bacio qua e là tra Enid e Bruno, non c’è spazio per quel romanticismo che la stessa Jenna Ortega (ora anche produttrice esecutiva, oltre che starring) aveva dichiarato essere incompatibile con una storia che trova ora una svolta molto più cupa. Gli stessi episodi scorrono velocemente tra un assassinio cruento ed un’indagine paranormale, tra un potere sovrannaturale e una creatura mostruosa.

Stavolta – e l’ho apprezzato – tutta la famiglia Addams è molto più inclusa nella trama rispetto alla prima stagione (dando l’impressione che si tratti meno di uno spin-off e più di una storia incentrata sull’intera famiglia): Pugsley, che ha sviluppato gli stessi poteri di Zio Fester, è ora al suo primo anno alla Nevermore (e, in una sola estate, è diventato alto circa il doppio rispetto a Mercoledì), Morticia e Gomez soggiornano (non a caso) in una dimora nei pressi dell’Academy e persino Lurch, nel ruolo di autista e maggiordomo (che sbriga magistralmente con la sua encomiabile voglia di non vivere), compare più di una volta in ogni episodio.
Ho trovato interessante anche lo sviluppo della dinamica genitoriale madre-figlia tra Morticia e Mercoledì, con la prima ostinata a ostacolare l’incredibile capacità della seconda di catapultarsi in drammi sanguinosi, all’interno di un rapporto – tra le due – parecchio conflittuale.

Insomma, l’impalcatura della serie trasuda di macabro, l’estetica gotica accattiva, quindi come “teen-dramedy” diverte e intriga il giusto nella componente mistery, ma – purtroppo – ammassa personaggi (vecchi e nuovi) e sottotrame in soli quattro episodi: a questo proposito, la divisione della stagione in due parti è quasi frustrante perché stoppa bruscamente il ritmo narrativo, rimandandone il vero sviluppo – la ciccia insomma – alla parte due (data di uscita: 3 settembre).
A questo punto, mi chiedo: non sarebbe stato forse meglio il rilascio settimanale delle puntate? Se l’obiettivo di Netflix era far sì che si parlasse il più a lungo possibile di uno dei suoi prodotti di punta, probabilmente l’avrebbe raggiunto anche ovviando alla divisione in due parti.
Ad ogni modo, sarà solo dopo il 3 settembre che tireremo davvero le somme: il conto alla rovescia è iniziato. Tic..tac..tic..tac..

Due chicche non legate agli eventi narrativi:
La prima stagione è stata girata in Romania; la seconda in Irlanda, permettendo di espandere il “world building” oltre le mura della Nevermore;
Quel visionario di Tim Burton ha firmato la regia del primo e del quarto episodio di questa prima parte di stagione, che si conclude con un finale in hype (e in Hyde) convincente.

A Gotham City non c’è più morale

Ho appena finito di vedere per la seconda volta (a distanza di pochi mesi dalla sua uscita) The Penguin, la serie spin-off ambientata nell’universo narrativo di The Batman rivisitato dal regista statunitense Matt Reeves.
La primissima visione non m’aveva catturato: i tratti dannatamente cupi e lo sviluppo troppo frenetico dei primi quattro episodi mi avevano confuso più che appassionato. Così l’avevo lasciata lì. In stand-by.
Ma, cresciuto a pane e Batman, sapevo che ci sarei tornato; e l’ho fatto. Fosse stato anche solo per non restare indietro con gli eventi rispetto all’uscita del secondo capitolo della saga (di nuovo rimandata, stavolta al 2027, per lo più a causa dei mille impegni di un Robert Pattinson che, diretto da quel genio di Nolan in Tenet, è finalmente riuscito a staccarsi dal volto la maschera glitterata di vampiro bello e impossibile).

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Yu-Gi-Oh! censurato: quando le pistole spariscono e i cattivi indicano minacciosamente

Chiunque abbia visto Yu-Gi-Oh! da bambino ricorda con affetto le carte brillanti, i duelli epici e… la totale assenza di pistole, sangue, morte, o strangolamenti in diretta. Ma basta aprire un volume del manga originale di Kazuki Takahashi per capire subito che qualcosa non torna. O meglio: qualcosa è stato censurato, addolcito, sminuzzato, bollito e servito con contorno di “amicizia è magia”.

Benvenuti nel meraviglioso mondo della censura televisiva, dove un tizio con una corda al collo diventa solo “molto arrabbiato”, dove le pistole diventano indici minacciosi, e dove un Faraone millenario passa dall’essere un sadico giustiziere psichico a un simpatico life coach egizio.

Nell’articolo a seguire, uno studio di come la rivisitazione della censura possa stravolgere fino alle radici i vibes di un prodotto in origine completamente diverso.

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Bad Samaritan (2018) – Recensione

Ci sono film che partono piano e si costruiscono col tempo. E poi c’è Bad Samaritan, che ti prende per la giacca dopo cinque minuti e ti scaraventa nel panico insieme al protagonista, senza troppe cerimonie. Un piccolo ladro da due soldi, Sean Falco (interpretato da Robert Sheehan), entra in casa per rubare un paio di gingilli e scopre… una donna legata e imbavagliata. Ops.

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Pure nel 2025 non è facile essere un fan di Doctor Who

Sigh, ci risiamo.

È passato un anno della prima volta in cui mi sono lamentato della seconda era di Russel T Davies su questo blog e purtroppo nel corso dei mesi la situazione non è migliorata. Anzi.

(Da qui in poi ci sono spoiler sull’intera seconda stagione. O quindicesima, se non vi piace l’idea di considerarla un reboot. E in effetti col cavolo che lo è, tornano più villain vecchi qui che altrove).

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Biancaneve e i sette disastri: come distruggere una fiaba in nome del progresso

Benvenuti nel magico mondo di Hollywood, dove ogni fiaba è una tela bianca pronta a essere riscritta — spesso con un pennarello scarico e sporco, sopra un disegno elegante che già funzionava. Oggi parliamo del recente (e già famigerato) riadattamento di Snow White, il film che nessuno aveva chiesto, e che ancor meno persone volevano così.

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Pioggia di Ricordi – Recensione

Pioggia di ricordi (1991) è un film di animazione di Isao Takahata (studio Ghibli). La protagonista, Taeko, è un’impiegata di Tokio insofferente alla vita di città che per le vacanze si reca in campagna, dove in cambio di ospitalità aiuta una famiglia del posto nella raccolta del cartamo, coltura a cui è dedicata un’interessante digressione.

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I Spit on Your Grave (2010) – Recensione

Ci sono film che si guardano con il cuore in gola, altri che si sopportano per il gusto del brivido. I Spit on Your Grave (remake del cult del 1978) appartiene a quella ristretta cerchia di titoli che ti lasciano lì, con lo stomaco sotto sopra e una domanda in testa: ma perché l’ho guardato? E poi, subito dopo: perché era così maledettamente efficace?

La pellicola è un pugno nello stomaco, senza preamboli e senza pietà. Jennifer, la protagonista, subisce una violenza sessuale lunga, brutale, disturbante. Nessun filtro, nessun tentativo di edulcorare. È tutto lì, crudo e reale, talmente realistico da risultare quasi insopportabile. E onestamente ho fatto veramente fatica a guardarlo. Ma è proprio questa onestà brutale a rendere il film, paradossalmente, “ben fatto”.

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