In narrativa, a un villain è frequentemente associata una battaglia finale e la consecutiva sconfitta.
Tuttavia, un aspetto molto sottovalutato di questo momento climax è proprio come la sconfitta del villain viene gestita.
Solitamente si spera di arrivare all’epico showdown finale, e che tutto si scriva da sé. Ma non sempre è così.
Un breakdown, di norma, è quel momento in cui un villain apparentemente invincibile perde tutta la sua compostezza e viene ridotto a un ammasso patetico strisciante dallo sforzo del protagonista.
Dovrebbe essere quindi un momento che cattura e coinvolge il pubblico.
È difficile dire cosa renda ben funzionali queste scene, ma mi atterrò al classico proverbio: “più grossi sono, più rumore fanno quando cadono”.
Nell’articolo della copertina vediamo Cell di Dragon Ball, l’essere perfetto composto dal DNA dei guerrieri più potenti, che viene ridicolizzato da Gohan, un bambino ritenuto non degno di considerazione quasi dallo stesso gruppo di guerrieri di cui fa parte.
La chiave della sconfitta di Cell sta, a mio avviso, proprio nella sua introduzione: un essere così potente in tecniche, capacità e potenziale da non venire superato nemmeno dallo stesso Goku.
Ha terrorizzato i guerrieri Z e la popolazione mondiale facendo il bello e il cattivo tempo perché nessuno ha potuto opporvisi.
Quando nessuno sembra più in grado di competere con lui, quel bambino sempre rimasto in ombra, ma di cui abbiamo sempre saputo nascondesse infinito potenziale, emerge in una furia elettrica, distruggendo l’apparente perfezione e “inarrivabilità” di Cell. E l’espressione di puro dolore e terrore dell’essere perfetto è, in quel momento, impagabile.
Attenzione, però: non sempre un villain costruito perfettamente porta automaticamente a una sconfitta soddisfacente.
Un ottimo esempio è il Kishin della serie Soul Eater. Si compari l’immagine a sinistra (tratta dal manga) con l’immagine a destra (tratta dall’anime).


In entrambi i casi, la protagonista Maka riesce a sconfiggere il villain principale Asura, il Kishin che ha trascinato il mondo di Soul Eater nella follia e nella paura.
Ma tra le due versioni, differenti tra di loro, esiste una grossa differenza: l’esecuzione.
Nel caso del manga, la lotta contro il Kishin è estrema e senza speranze, e avviene solamente dopo che la DWMA riesce a sterminare le truppe di Asura.
Questi costringe il neo Shinigami Kid a evolversi nella sua forma completa, distrugge un braccio a Black☆Star e quasi riduce in brandelli Maka.
È solamente combinando la Risonanza dell’Anima dell’intero mondo che Maka riesce a realizzare una tecnica, Caccia al Kishin, in grado di perforare le difese del Kishin. E nemmeno in quel caso il Kishin viene sconfitto del tutto, viene semplicemente sigillato dal sangue nero di Chrona.
Nel caso dell’anime, la battaglia è comunque estrema, ma priva dei momenti clou che hanno reso la versione manga memorabile.
Particolarmente degno di nota è il fatto che la sconfitta di Asura avvenga con un “pugno denso di coraggio” di Maka, trovata che, pure a voler cercare significati profondi, suona molto banale, quasi vuota rispetto alla magnitudine che la lotta finale dovrebbe avere. Il risultato finale è insoddisfacente e contestato dai fan.
Un ultimo commento che sento di scrivere è che non sempre si ritrova necessario rappresentare la sconfitta di un villain in modi teatrali e spettacolari.
Fornirò l’esempio di uno dei personaggi da me scritti: Lucious Lowiss, della serie Wolf Lonnie: Ace Attorney.
Lucious è un avvocato difensore che ha salvato dalla morte la propria fidanzata, Saria, ma per riuscire a pagarle le spese ospedaliere ha dovuto ricorrere a dei furti informatici, nonostante non fosse stata mai sua intenzione commettere crimini.
All’esterno, Lucious è un avvocato riuscito, un uomo a modo, elegante, tutto d’un pezzo e affidabile. Preciso, impeccabile nel suo lavoro e sempre preparatissimo.
Quando però il protagonista Wolf riesce, dopo un intricatissimo caso che coincide proprio con quello del furto informatico, a portare a galla la verità sui suoi crimini, la facciata dell’avvocato perfetto crolla, rivelando un uomo debole, codardo, che ha dovuto affidarsi ad altri per riuscire a confrontarsi con la verità.
Questa sconfitta è rappresentata da un semplicissimo e banalissimo gesto:

In conclusione, scrivere correttamente la dipartita di un villain o antagonista non è sempre un’impresa semplice.
Occorre impostare adeguatamente la battaglia finale, costruendo un climax palpabile e incalzante (tramite un corretto pacing); occorre trovare un espediente e “attacco finale” credibile e d’effetto; occorre infine rappresentare graficamente e visivamente la sconfitta in un modo memorabile.