Tra il criptico e il simbolismo: la narrazione tra le righe

“Quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro.”

Friedrich Nietzsche

Ho sempre amato la narrazione “poco chiara”, quel tipo di narrazione che ti lascia una sensazione di mistero, di “piacevole confusione”, di criptico, di ambiguo.

Nel presente articolo vorrei esplorare più a fondo questo concetto.
Formato come mediatore linguistico e amante della scrittura creativa, nei miei anni di università ho sempre avuto le orecchie particolarmente tese durante le lezioni di traduzione letteraria.

Soprattutto interessanti sono state le lezioni, nel corso degli anni di magistrale, del mio docente di traduzione portoghese, per cui nutro tutt’oggi profonda stima.
Tra le sue frasi ricordo, riferendosi ai testi letterali, la necessità di “smontare il giocattolo”, di riflettere che “la risposta è nel testo“, a indicare l’analizzare, con infinita attenzione, non soltanto i personaggi, la storia ecc. di un testo, ma anche l’uso delle virgole, della punteggiatura. Il colore delle frasi, le ricorrenze. Le ridondanze.
Discorsi che mi hanno a dir poco affascinato.

Nondimeno sono concetti in cui mi sono imbattuto anche nello studio della teoria della traduzione, dove spesso venivano ripetuti concetti simili (arrivando a parlare di musicalità del testo).

Credo che sia un discorso che tocchi sicuramente la tecnica del subtle writing e dello show, don’t tell, ma vada oltre, sfiorando quel che è il concetto di “arte”, ossia l’interpretazione, il significato, il simbolismo.

Non tutto quel che esiste in realtà è spiegabile. Non tutti i comportamenti delle persone sono spiegabili. Non abbiamo un’immediata spiegazione a tutto quel che vediamo.

Vorrei discutere anzitutto di una bellissima serie su YouTube, Interface, che usa simbolismo e narrazione tra le righe per raccontare la sua storia, e, successivamente, del mio romanzo, Ascend-ent, dove io ho fatto ricorso ad alcuni espedienti per evocare questo tipo di stile.

Interface

Interface, creato dallo YouTuber u m a m i, è una storia che si presenta con uno stile peculiare.
Effetti sonori che richiamano le vecchie pellicole, disegni sgranati e a volte volutamente approssimativi, danno l’idea di un qualcosa di alieno, di anomalo.
L’uso del visual è componente centrale della serie, ma non è tutto.

La storia stessa si presenta poco chiara, a tratti sfuggevole.
Comincia con l’incontro tra un uomo in giacca blu, il cui nome non viene inizialmente detto, e uno strano mostro rosa, Mischief.
Senza alcuna presentazione, Mischief parla dell’esperimento di Filadelfia: l’esperimento prevedeva il test di una tecnologia di mimetizzazione, ma anziché produrre tale risultato, la tecnologia avrebbe fatto teletrasportare la nave, fondendo i passeggeri e l’equipaggio alla nave stessa.
Dopo questo racconto, Mischief afferma di aver perso la propria “corporalità”, si trasforma in un autobus e dice che può portare l’uomo in giacca blu “ovunque”.

Proseguendo nella serie, si assiste a tante scene il cui significato non viene spiegato. L’uomo in giacca blu e Mischief visitano delle mete e dei personaggi. Il contenuto dei dialoghi varia: dalla semplice preparazione del cibo al rievocare ricordi e memorie di un tempo molto lontano.

Questo impedisce un’immediata comprensione della trama, certamente. Ma tutto ciò che è elemento della serie la racconta tra le righe.
Gli sguardi dei personaggi, il modo in cui vengono rappresentati, la voce che usano nei loro dialoghi. Tutto va a formare, lentamente, un “quadro” ben preciso e ben ragionato dall’autore.

Il quadro, come ogni forma d’arte, è aperto a interpretazioni, idee e speculazione, a chiavi di lettura.
E ritengo che sia proprio questa natura ambigua, sfuggevole, enigmatica di Interface a esercitare un forte fascino e una carica narrativi.

Un universo narrativo non è costituito solo di fatti o di significati a senso unico, ma di un numero infinito di elementi che si combinano a creare un insieme. L’opera nel complesso.

Per chi fosse curioso e volesse seguire la serie, includo qui il primo episodio di Interface:

Ascend-ent

Ascend-ent, da me scritto, è un romanzo action/sovrannaturale prossimamente disponibile su Amazon Kindle.
Al momento della pubblicazione di questo articolo, la prima stesura è stata completata ed è stato affidato a una editor professionista per esaltarne la qualità d’insieme.

Qui la premessa dell’opera:

“Tutto quello che riesco a pensare è, dopo l’encevirus, la realtà non sembra più la stessa. Le persona in metro, sono quiete, guardano il cellulare, parlano tra di loro, ridono, pensano ai fatti propri. Ma c’è qualcosa nei loro modi di fare, qualcosa che prima non c’era. L’incertezza, la paura, di una società che è stata fratturata.”

Dopo l’arrivo e lo svanimento dell’encevirus, nulla è tornato com’era in precedenza.
Voci di persone scomparse, di avvistamenti inspiegabili, di apparizioni di rilievi neri sulle superfici delle strade.
Il virus ha mutato per sempre il presente.
Alcune persone si sono ritrovate con l’improvvisa facoltà di poter controllare oggetti specifici. Sono state chiamate “gli specialisti”.
Tra di questi, Wade Cameron, un ventenne neo laureato in marketing e vendite, è diventato in grado di manovrare gli scontrini secondo la sua volontà.
In un mondo stravolto, dove Wade vuole capire chi sia e a cosa vuole arrivare, riceve una chiamata da Paul Auberon, il fondatore della NeolGen, una corporazione che raccoglie gli specialisti.
Auberon gli propone di partecipare a un incontro che avverrà il mese seguente, dopo l’estate.
Per scoprire la sua identità, il suo futuro e il suo destino, Wade, riluttante, accetta.

Se inizialmente si presenta come un lavoro dallo spirito giovanile, con molti sfottò alla società odierna, come per esempio la difficoltà di Wade a trovare lavoro nonostante una laurea in marketing, Ascend-ent si tramuta lentamente in qualcosa di più tenue.

Ciò in cui si imbatterà Wade, e il mutamento della società che affronterà, lo cambieranno per sempre, inevitabilmente, in qualcos’altro, in qualcun altro. E, cosa più importante di tutti, lui dovrà vivere quei cambiamenti.

Sia per marcare il lento passaggio che Wade affronta, sia per marcare con precisione l’atmosfera, ho adottato alcune scelte stilistiche ben precise.
Non le rivelerò con una lunga spiegazione, in quanto, come in un gioco di magia, questo rovinerebbe l’interpretazione del lettore, ma lascerò alcuni dettagli specifici su cui ho riflesso. Ovviamente si tratta comunque di spoiler, seppur minimi.

  • Tutti i titoli contengono un colore e un numero di parole precisi. Il numero di parole segue un ritmo particolare.
  • Alcuni personaggi si rivelano in ciò che dicono, nel corso dell’opera, durante dialoghi normali.
  • Lo stile narrativo dell’opera si fa “rarefatto” da un certo punto in poi.

Ho voluto che Ascend-ent, i suoi personaggi e le sue atmosfere non seguissero necessariamente un’interpretazione unica.
Chiaramente questo è sempre a discrezione del lettore e può essere un rischio, ma è un rischio che ho deciso comunque di correre per amore del mio lavoro.

Per chi fosse interessato, allego la pagina Facebook e Instagram del romanzo:

https://www.facebook.com/Ascendent2020

https://www.instagram.com/ascend_ent2020/?hl=it

Commento finale

Credo che la “narrazione criptica” funzioni quando, semplicemente, c’è un ragionamento ben preciso, sensato e costruito dietro delle scelte; al contrario fallisce quando:

  • Le scelte sono casuali,
  • Non ci sono abbastanza indizi (similarmente a quanto avviene con la tecnica del foreshadowing),
  • C’è un profondo clash di toni.

Soprattutto, ritengo bisogni ragionare quasi in ottica del dipingere una sorta di quadro, più che di scrivere un libro. Essere visionari, non avere paura dell’astratto.

Autore: Gabriele Glinni

Dottore in Mediazione Linguistica con riguardo verso la traduzione specialistica. Amante della scrittura creativa e autore del romanzo Ascend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

1 commento su “Tra il criptico e il simbolismo: la narrazione tra le righe”

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