Traduzione e scrittura creativa, due mondi intrecciati

Il mondo della scrittura creativa e quello della traduzione sono profondamente vincolati.
Basti pensare alla semplice traduzione di romanzi, o anche all’adattamento di film e telefilm.

Analizziamo alcuni punti d’interesse che sorgono da questo “vincolo”.

Strategia traduttiva di tipo straniante vs addomesticante

Una problematica molto importante è come tradurre elementi di altre culture.
Nello specifico, gli elementi culturospecifici, ovvero quei termini che fanno riferimento a un qualcosa di strettamente connesso alla cultura straniera, danno spesso aria a dibattiti.
Questi elementi pongono una grossa sfida traduttiva in quanto, spesso e volentieri, se lasciati intatti, non permettono al pubblico della cultura di arrivo di comprenderne il senso, rischiando quindi di stranirlo (ciò che si definisce strategia traduttiva di tipo straniante).

Ecco un esempio, tratto dal testo La traduzione letteraria anglofona di Franca Cavagnoli.
In un romanzo potrebbe comparire il termine tea-tree: tradotto in maniera letterale, verrebbe fuori un raffazzonato “albero del tè”, ma in realtà si tratta della melaleuca, un albero tipico dell’Australia.
Il problema, come già detto, è che i lettori italofoni potrebbero non avere idea di cosa sia una melaleuca. Si troverebbero più a loro agio a leggere “albero”.

È proprio per questo motivo che, tra le case editrici, esiste la tendenza a banalizzare il testo originale, appiattendo il termine straniero per incrementarne l’immediata comprensibilità (ciò che invece si definisce strategia traduttiva di tipo addomesticante).

Ma magari l’autore potrebbe aver scelto “tea-tree” di proposito, per una funzione narrativa. Non solo per marcare precisamente di che albero si parla.
Molti romanzi soffrono di questa tendenza.

Sulla questione si sono continuamente interrogati teorici della traduzione, come Lawrence Venuti.

Un caso in cui una vignetta contenente un elemento culturospecifico ha subito una trasformazione in fase di traduzione.

Nella mia tesi universitaria ho affrontato la traduzione di un romanzo di letteratura nigeriana post-coloniale (“A Bit of Difference” di Sefi Atta, qui recensito sul nostro blog).
Alcune questioni traduttive importanti sono state:

  • La gestione del pidgin yoruba,
  • L’analisi dello stile e dei tempi verbali,
  • Riflessioni sull’uso del turpiloquio,
  • La traduzione di espressioni idiomatiche,
  • La traduzione di alcuni giochi di parole.

    Per esempio, nel brano compare spesso “Na wa”, che è un’esclamazione tipica yoruba. Na wa è stato mantenuto, aggiungendo l’esplicitazione Esclamò Deola”.
    Un altro termine pidgin è l’Aso ebi, un indumento tipico della Nigeria. Anche qui si è scelto di usare un’esplicitazione, “Deola indossò l’Aso ebi”.
    “Wetin” è un modo colloquiale per dire “che succede?”. Per evidenziare questo colloquialismo, la traduzione è stata Ma che succede?”.

    L’idea è stata di usare entrambe le strategie traduttive come due facce della stessa medaglia anziché vederle opposte, seguendo il pensiero del professor Evan Maina Mwangi.
    A volte sono state unite.
    Questo ha permesso di preservare lo stile e lo spirito del romanzo; ma naturalmente si tratta della mia “semplice” soluzione e del mio punto di vista.
Ritmo, stile dell’autore

A volte non soltanto la selezione di termini particolari, ma lo stesso ritmo e cadenza narrativi sono parte dell’espressività del creatore, qualcosa che va considerato in fase traduttiva – idea espressa e commentata da Jiří Levý della Scuola Ceca della traduzione.
Sovente la punteggiatura, o addirittura la lunghezza delle frasi sono scelte con criteri specifici.

Un esempio inventato:
“Paolo scese le scale. Aprì la porta. Chiuse la porta.”
La scelta di ripetere “porta”, rendendo speculari gli ultimi due periodi, potrebbe dare l’idea di un personaggio con un comportamento nervoso.
Una traduzione inglese del tipo:
“Paul went down the stairs. He opened the door, then he closed it” farebbe perdere questa sottigliezza.

Anche la scelta dei tempi verbali è assolutamente rilevante.
Tornando a commentare A bit of Difference, nel testo si nota la tendenza al fare ricorso al tempo presente.
Ciò fa parte dello stile narrativo degli scrittori nigeriani, spinti dalla volontà di descrivere problemi attuali e concreti.
Questa scelta è stata quindi mantenuta con un presente storico.

Lo stile di un autore non è sempre interpretabile in maniera univoca.
È tra le righe, ed è compito di un traduttore analizzarlo.

Si potrebbe dire che ogni romanzo, o in generale ogni opera creativa contenga l’anima, l’esperienza di vita e l’essenza del proprio creatore.
Proprio perché unici, in verità è come se un’opera creativa non sia realmente traducibile, e anzi la traduzione venga lasciata in mano al giudizio altrui.
Tradurre correttamente vorrebbe quindi dire rinunciare a se stessi per seguire, quanto più vicino possibile, l’ideologia e lo spirito dell’autore originale, avvicinandosi empaticamente al suo pensiero, al suo vissuto, alle sue origini.

Commenti finali

Purtroppo a volte questi processi mentali vengono bellamente ignorati.
Esistono tanti, tantissimi casi di traduzioni e adattamenti italiani molto conosciuti e contemporaneamente molto imbarazzanti, anche per quanto concerne media narrativi recenti.
Alcuni manga e anime, come Evangelion, vengono tradotti in maniera approssimativa, rovinando il senso di immersione nella trama con una “italianizzazione” della grammatica giapponese.

È quindi interessante notare come molti elementi della scrittura creativa e della traduzione si intersechino.
La necessità di uno scrittore di esprimere realtà a lui affini, di fare ricerche su elementi culturali per dare perfetto senso all’opera, e quella di un traduttore di dover affrontare tutto questo, selezionando accuratamente i termini equivalenti.
L’importanza per il dover rispettare ed elaborare correttamente la caratterizzazione dei personaggi e il loro parlato.
Possedere un vasto e versatile vocabolario personale. Né un traduttore, né uno scrittore dovrebbero mai esserne sprovvisti.

Autore: Gabriele Glinni

Dottore in Mediazione Linguistica con riguardo verso la traduzione specialistica. Amante della scrittura creativa e autore del romanzo Ascend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

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