Gestire le scene affollate in narrativa

Una di quelle situazioni più tediose da gestire, in una storia, è quella in cui, ad esempio, ci ritroviamo in una scena con una decina abbondante di personaggi e l’impegno a doverli gestire uno ad uno.

Si presentano immediatamente due problemi nello scrivere tali scene:

  1. La difficoltà di dover far fare qualcosa a così tanti personaggi, quasi creando una “lista della spesa/to do list”,
  2. I personaggi non gestiti rischiano di apparire immobili e fermi nello spazio.

Come possiamo quindi fare per evitare tali problematiche, senza rinunciare, per motivi di trama, a una scena necessariamente affollata? Ecco alcuni suggerimenti a seguire.

Disporre i personaggi sulla scena

Prima di tutto, bisogna collocare i personaggi nello spazio. Sembrerà banale, ma aiuta invece a ragionare sugli spostamenti, sui gesti e sull’evoluzione della scena.

Se si scrive di una festa, per esempio, sarà molto più facile immaginarsi una decina di persone tutte accumulate in un punto (una pista da ballo) più altre che magari si trovano al bancone bar per farsi un drink, piuttosto che posizionare in modo “generico” tutti i partecipanti.

Questo aiuterà il lettore a contestualizzare correttamente la scena.

Mantenere il “focus” della conversazione o della scena

Se c’è un motivo per cui partecipano così tanti personaggi, diventa immediatamente importantissimo il riuscire a non confondere o annoiare il lettore con troppi aneddoti o commenti superflui, e piuttosto mantenere un filo conduttore seguibile.

Alcuni esempi positivi: nel manga di Naruto, nella saga di selezione dei Chūnin, durante l’esame scritto, vediamo vari ninja usare i più disparati espedienti per riuscire a copiare da un vicino. Ogni ninja usa una strategia differente più o meno creativa, dando vivacità e colore alla scena.
Invece, nel manga del Detective Conan, pensiamo al momento della risoluzione del caso, quando i personaggi riflettono sulle dinamiche dell’omicidio, ognuno dando un proprio contributo tramite un commento o un’osservazione più o meno pertinente. Ogni riflessione è un passo in avanti nell’indagine, coerente con il filo principale, quindi facilmente seguibile.
In Death Note, invece, un buon esempio potrebbero essere le scene del gruppo Yotsuba: gli uomini che prendono parte alle riunioni segrete discutono di un punto all’ordine del giorno. C’è chi propone soluzioni importanti e chi fa commenti molto banali o superflui (come nella vita reale), in ogni caso il focus non viene mai troppo sviato.

Spaziare con una serie di battute tanto per riempire l’aria, addirittura usando personaggi secondari o terziari a mò di cheerleader (si pensi ad alcune scene di manga o anime come Yu-Gi-Oh!), rischia di allungare il brodo e far perdere il focus.

Non allungare troppo le scene

È vero che un buon scrittore deve essere in grado di usare tutti i personaggi che inserisce in una scena, ma è altrettanto vero che la durata di queste scene deve essere moderata.

Come possiamo quindi moderare la durata di una scena affollata? Semplicemente tagliando il superfluo, e lasciando che magari quel personaggio si risparmi quella battuta in più, che quell’altro personaggio si muova, per breve tempo, offscreen rispetto al gruppo, e così via. Dilungarsi nella descrizione di ogni singolo movimento o spostamento non è sempre necessario (a meno che il gruppo non sia piccolo o compatto).

Rinfrescare la memoria al pubblico/cambiare il pov

Logicamente, dovendo quindi fare dei tagli e decidere cosa è essenziale e cosa no, il problema successivo è che si rischia che il pubblico dimentichi quel che è lasciato fuori.

Nessun problema: ci saranno altre occasioni o secondi momenti in cui utilizzare il personaggio tenuto “in disparte”.

Una tecnica molto frequentemente usata è quella del cambio di pov o di focus, in cui lo scrittore si impegna a recuperare i personaggi o la scena lasciati fuori mostrandoceli in un secondo momento, o da un altro punto di vista. Un esempio: in alcuni film d’azione è comune vedere dei gruppi che vengono separati, e seguire prima uno, poi l’altro.

Non solo: cambiare il punto di vista è interessante e stimolante per il pubblico, proprio perché si può anche staccare e “prendere aria” un secondo dalle scene principali.

Autore: Gabriele Glinni

Dottore in Mediazione Linguistica con riguardo verso la traduzione specialistica. Amante della scrittura creativa e autore del romanzo Ascend-ent. Sostenitore dell'arte della composizione di messaggi efficaci ed eloquenti.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: