Scoprendo il Trullo: street art, poesia e sapori autentici nella Roma che non ti aspetti

Ammettiamolo: quando si pensa a Roma, la mente va subito al Colosseo, a Fontana di Trevi o, per i più affamati, a un bel piatto di carbonara a Trastevere. Ma oggi ti porto in un angolo di Roma che probabilmente non avevi nemmeno mai sentito nominare: il Trullo. Sì, come i tetti a punta della Puglia… solo che qui, invece dei trulli, trovi palazzine popolari, poesia sui muri e murales che ti fanno sentire in una galleria d’arte a cielo aperto (ma senza pagare il biglietto).

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Movie Restaurant a Roma: il paradiso nerd tra piatti a tema e sfide epiche!

Se sei un amante del cinema, degli anime e dei videogiochi, a Roma esiste un locale che sembra uscito direttamente da un film di culto: il Movie Restaurant. Situato in Via Jaspers 54, Roma, questo ristorante tematico offre un’esperienza unica per chiunque voglia immergersi in un universo fatto di gusti cinematografici e cultura pop.

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Tra amore, identità e segreti nella Roma del 1913 – “Come la neve a maggio” ft. Lorenzo Angelaccio

Benvenuti a Pillole di Folklore e Scrittura, il nostro spazio dedicato alle storie che toccano il cuore e alla letteratura che lascia il segno. Oggi abbiamo l’onore di ospitare Lorenzo Angelaccio, autore del romanzo Come la neve a maggio. Un viaggio intenso nell’Italia del primo Novecento, dove amore, identità e desiderio si intrecciano in un racconto struggente e delicato.

  • Lorenzo, da dove nasce l’ispirazione per Come la neve a maggio e perché hai scelto di ambientarlo proprio nella Roma del 1913?
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L’angoscia di Munch invade Roma: tra inquietudine e bellezza a Piazza Venezia

Visitare la mostra di Edvard Munch a Piazza Venezia è stato come entrare in una dimensione parallela, dove l’arte non consola ma inquieta, non intrattiene ma scuote. Mi sono trovato immerso in un universo fatto di sguardi vuoti, urla silenziose e colori violenti che sembravano esplodere dalle tele per avvolgere tutto ciò che avevo intorno. È difficile restare indifferenti davanti alle opere di Munch: ti guardano, ti sfidano, ti costringono a confrontarti con la parte più fragile e oscura di te stesso. E proprio questo, forse, è ciò che più ho apprezzato della mostra: quella sensazione sottile di disagio che si insinua e ti accompagna anche dopo essere uscito.

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Bignè di San Giuseppe: la dolce tradizione romana tra storia e folklore

A marzo, passeggiando per Roma, è impossibile non essere avvolti da un profumo inconfondibile: quello dolce e irresistibile dei bignè di San Giuseppe. Un profumo che si mescola ai racconti della tradizione, alle voci dei mercati rionali e alle vetrine delle pasticcerie, colme di queste golose nuvole di pasta choux fritte, ripiene di crema e spolverate di zucchero a velo. Ma i bignè di San Giuseppe non sono solo un dolce: sono un pezzo di storia, un simbolo della festa del papà, ma anche un ponte tra il passato e il presente della Capitale.

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Regolamento carbonaresco ☝️🍝

La tradizione vuole che gli antichi carbonai (carbonari a Roma) inventarono una delle ricette più famose della cucina laziale, la pasta “alla Carbonara“, vero must tra i primi piatti, e APPARENTEMENTE facile da preparare.
Insisto col vocabolo APPARENTEMENTE, poiché per una riuscita ottimale del piatto andrebbero rispettati determinati canoni, contrariamente alle decine di versioni strambe che si vedono sul web.
Evitate di comprare la pancetta già tagliata a cubetti, in primis perché ci va il guanciale che è molto più saporito, in secundis perché quest’ultimo rilascia una maggior quantità di grasso che sarà decisivo per il sapore finale. I SACRILEGHI si azzardano ad allungare l’uovo con la panna per una maggior “cremosità”, ma quest’ultima la si ottiene bilanciando il calore del fornello e della padella, in modo da gestire la coagulazione del liquido stesso: con troppo calore, l’uovo si rapprende e otteniamo più che altro una “pasta e frittata”, mentre con la giusta dose di temperatura manteniamo il composto non troppo liquido, bensì cremoso.
C’è chi aggiunge il pecorino “a crudo” direttamente nel piatto servito, o chi lo mescola nel composto uovo/pepe nero già dall’inizio, ma l’importante è che non sia parmigiano.
Per il discorso “quantità uova” potrebbe anche andar bene la classica regola “un uovo a persona”, tuttavia se siamo, ad esempio, due persone, delle ipotetiche 2 uova UNA “se la ruba” la padella, nel senso che resta attaccata sul fondo; pertanto è meglio conteggiare le uova col sistema “1 uovo + 1 ogni 80 gr di pasta“, così nonostante la quantità di liquido che (ahimè) andrà perduta, il sapore finale non ne risentirà.
Pasta lunga o pasta corta? Fate voi, l’importante è che sia al dente!
Buon appetito 😉

La mia prima volta a Roma (diario di viaggio semiserio)

Questo non è un articolo come gli altri.

Quel avete davanti agli occhi è il diario di viaggio di un uomo privo del benché minimo senso dell’orientamento che ha voluto fare l’impensabile: andare da solo a Roma.

Lettori di poca fede: “Ma quante storie! C’è gente che è arrivata in India senza neanche una cartina!

Zitti!

Questa è la MIA storia e le do la gravità che preferisco!

Uhmp.

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L’Aula Ottagona, il Planetario – Folklore romano #7

L’Aula Ottagona, più comunemente conosciuta come il Planetario, è riuscita a scampare alle ingiurie dei secoli, mantenendo così la sua imponenza e maestosità.

Del valore di un miliardo, il congegno simula la volta del cielo con le sue costellazioni, i suoi astri e i suoi movimenti, assolvendo tre scopi importanti: divulgazione scientifica, attività culturali e spettacolo.
Questo grazie a un gioco di luci che evidenziava gli astri, in genere quelli effettivamente visibili in quella determinata sera.

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La casa dei mostri – Folklore romano #2

La cosiddetta casetta dei mostri di via Gregoriana, creata nel tardo ‘500, è un miscuglio di arte tardo-rinascimentale, manierismo e severa arte della controriforma, che ha dato vita ad altre creazioni surreali site a Tivoli, Frascati e altre località. Un preludio delle fantasie del barocco.

La leggenda vuole che i papà romani portassero i figli dinanzi tale casa per stupirli e ammonirli, dicendo loro che, se avessero disubbidito, il “babau” li avrebbe mangiati. Il babau è infatti un mostro che porta in testa il timpano come un cappello e spalanca una bocca enorme, la porta della casetta.

Il palazzo è inoltre stato caro a D’Annunzio, essendo infatti menzionato nel romanzo Il piacere, e si dice sia stato la residenza di Salvator Rosa.
Al giorno d’oggi, assieme al palazzo adiacente, la casetta dei mostri è parte della Biblioteca Hertziana, una raccolta di libri d’arte e storia dell’arte consultabile dagli studiosi.

La pietra scellerata – Folklore romano #1

La Pietra scellerata: una pietra veneratissima con un nome curioso, posizionata all’interno della chiesa di san Vito e Modesto, in via Carlo Alberto.
Questo nome deriva da una tradizione così antica da esserci pervenuta incompleta.
Si dice che questa pietra servì al martirio di uno o più Santi della primissima era cristiana, forse per schiacciarne i corpi (come vediamo in un affresco all’interno di san Stefano Rotondo), oppure per tenerli legati. Non si sa però chi siano questi martiri.

La devozione dei fedeli li portò addirittura a rosicchiare la pietra: si nota infatti che la superficie in marmo è stata scavata e rovinata.
Si tratta di una tradizione medievale legata al raschiare tale “Santa Lastra”: si credeva che mangiarne la polvere fosse un toccasana contro le malattie e specificamente il morso dei cani rabidi.

La chiesa di san Vito e Modesto a Roma.

Uno dei monumenti più interessanti e peculiari della chiesa, sita in piazza Vittorio, luogo di culto cattolico la cui costruzione terminò nel 1477.

Per approfondire: https://www.romasegreta.it/esquilino/ss-vito-e-modesto.html