Il sacrificio eroico.


ATTENZIONE! L’articolo contiene immagini grafiche che potrebbero urtare la sensibilità del lettore.

Un personaggio si sacrifica per il bene di qualcuno o qualcosa, in genere dando la sua vita.

È uno di quei momenti clou che di solito riescono a dare un epilogo memorabile alla vita di un personaggio, causando un impatto devastante nella storia.

Il sacrificio eroico può infatti avvenire:

  1. A inizio storia, dove può essere usato come motivazione per qualche altro personaggio per fargli perseguire, con ancora più fermezza e volontà, i suoi obiettivi;
  2. A metà storia, dove tale sacrificio può rappresentare una grossa sconfitta per il cast di eroi;
  3. A fine storia, dove il sacrificio può rappresentare l’azione necessaria per fermare e sconfiggere un male superiore.
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Plot armor, cos’è e perché può danneggiare un racconto

Si parla di plot armor quando il protagonista o uno dei personaggi principali di un racconto esce illeso, a livello fisico o psicologico, da una situazione in cui, a rigor di logica, dovrebbe subire una sconfitta. Un esempio classico è l’eroe che sopravvive a una ferita mortale senza alcuna spiegazione plausibile o che si salva in ogni situazione difficile per pura fortuna. Se nella trama sono presenti troppe situazioni di questo genere, si corre il rischio di mettere a dura prova la sospensione dell’incredulità del lettore, che potrebbe arrivare a pensare “A X va sempre tutto bene solo perché svolge un ruolo importante nella storia!”.

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Vivacizzare i dialoghi dei personaggi.

Scrivendo un dialogo durante un racconto, avete mai avvertito un’antipatica sensazione di staticità, come se i personaggi si trovassero congelati nel tempo e nello spazio mentre parlano?

Ritengo che questa sensazione sia non solo normale, ma anche purtroppo un insidioso problema che, se non rispettato e lavorato a dovere correttamente, può minare la qualità del lavoro.

I dialoghi sono naturalmente alla base dei rapporti tra i personaggi, lo sviluppo della storia, eccetera, ma come si può evitare di renderli troppo statici?

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Ha senso imporsi un numero minimo di parole da raggiungere?

Rileggendo “On Writing”, un ottimo libro in cui Stephen King parla della sua vita e della scrittura creativa, mi sono imbattuto in un passaggio che mi ha lasciato un po’ perplesso. Nella parte centrale del romanzo, l’autore del Maine invita tutti gli aspiranti autori a scrivere almeno 1.000 parole al giorno (la metà esatta della sua media giornaliera). Di per sé non è un consiglio del tutto sbagliato: dedicare ogni giorno un po’ di tempo alla scrittura è un ottimo modo per restare allenati e dare vita alla storia che si desidera raccontare quando è ancora fresca nella propria mente. Ciò che mi lascia perplesso è l’invito a fissare un numero minimo di parole da raggiungere. Quando uno scrittore alle prime armi si siede di fronte a un computer o a un pezzo di carta, l’ultima cosa di cui ha bisogno è una fredda cifra a cui guardare con timore, soprattutto se ha poco tempo libero da dedicare alla scrittura.

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La tecnica del “foreshadowing”.

Avrete a volte notato, in film, telefilm, libri o videogiochi che sia, un personaggio utilizzare all’improvviso un oggetto o una capacità, senza alcun preavviso nella trama, magari in una situazione di particolare difficoltà.

Il personaggio riesce quindi a sfuggire dalla situazione ardua in modo conveniente e gratuito, lasciando allo spettatore/lettore/ecc. una sensazione di amaro in bocca (per approfondire, la voce Deus Ex Machina su TvTropes: https://tvtropes.org/pmwiki/pmwiki.php/Main/DeusExMachina).

In casi come questo, il fallimento dello scrittore è spesso dovuto a un semplicissimo motivo: la mancanza di un set-up precedente, di “foreshadowing”.

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La scelta della casa editrice, alcuni consigli

Scegliere la casa editrice (CE) a cui proporre il proprio manoscritto non è sempre un’impresa facile per un autore alle prime armi. Esistono innumerevoli realtà editoriali e può essere difficile orientarsi e capire quali siano quelle più adatte alle proprie esigenze. Infatti, oltre ai big del settore, come Mondadori, Feltrinelli e Salani, ci sono svariate case editrici di medie o piccole dimensioni, non sempre note al grande pubblico. Per iniziare a farsi un’idea è possibile affidarsi al sito Writer’s Dream, che nel corso degli anni ha stilato un elenco lunghissimo di case editrici italiane e ha raccolto le testimonianze degli utenti che hanno pubblicato un libro con loro.

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Sequel malriusciti, alcune considerazioni.

Alla conclusione di un proprio lavoro, un autore si trova spesso a dover valutare l’idea di realizzare uno o più sequel: solitamente benvenuti e pianificati, come per quanto riguarda la collana di Harry Potter, in altri casi esistono realtà ben più complesse.

Frequentemente capita di parlare del fatto che il sequel di un lavoro di successo non sia all’altezza dell’originale. Ciò spesso si attribuisce agli editori e alle campagne di marketing che costringono gli autori a continuare a scrivere nello stesso universo.

Un lavoro di successo è un lavoro che porta buoni incassi. Non soltanto nella sua forma originale, ma anche in forma di gadget, videogiochi, magliette a tema e via discorrendo. I sequel vengono a volte forzati sugli autori o sviluppatori proprio per continuare una catena di vendita. Per le più svariate ragioni, questo può portare a discostarsi troppo dall’idea originale, a volte rovinandola.

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Come bilanciare i pregi e i difetti dei personaggi (e non trasformarli in Mary Sue)

Spesso e volentieri, i personaggi più odiati dai lettori non sono gli antagonisti senza scrupoli, bensì i protagonisti infallibili e privi di difetti.  Questi cliché letterari ambulanti superano con facilità ogni ostacolo, non hanno mai un momento di debolezza e, in molti casi, sono persino dotati di abilità fuori dal comune (ovviamente non giustificate dal loro background). Per la maggior parte dei lettori è difficile immedesimarsi in qualcuno di così perfetto o provare empatia nei suoi confronti. È vero che le storie narrate nei libri non devono per forza rispecchiare la realtà al 100%, ma è comunque importante che siano quantomeno verosimili e in grado di creare una connessione emotiva col lettore.

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L’eleganza del “subtle writing”.

Quando si è alle prime armi con la scrittura creativa, è molto facile incappare in uno degli errori più tipici: esagerare e abbondare con le descrizioni e le informazioni fornite.

Lo scrittore principiante potrebbe ritenere che descrivere tutto nel dettaglio, con ampie spiegazioni o dialoghi che esplicitano tutto, sia sinonimo di qualità e attenzione, ma in realtà, in molti casi, non farà altro che danneggiare il suo stesso lavoro.

Proverò a spiegare, con esempi pratici, la ragione.

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Scrivere un grande villain: alcuni consigli.

Immagino che avrete sentito dire spesso che un buon villain è al cardine dell’intera storia. Questo modo di pensare si rivela spesso e frequentemente vero: un villain scritto correttamente non soltanto aumenta la tensione e tiene il lettore interessato, ma è anche una figura che desta scalpore e intrigo.

Se un villain è scritto correttamente, infatti, vorrà essere visto il più spesso possibile intento a pianificare i suoi schemi o a compiere le sue azioni malvagie.

Ma come riuscire nell’ardua impresa? In questo articolo, cercherò di dispensare alcuni consigli che spero potranno essere utili.

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